Nicola Cosentino e Gennaro Coronella (nati a Casal di Principe), o piuttosto Lorenzo Diana (di San Cirpriano d'Aversa): per il momento, L'Espresso pensa solo al primo dei deputati casertani nativi dei posti più caldi della provincia. Paesotti con quartier generale i boss e latitanti della camorra. Come a dire (secondo il settimanale) che sono 'marchiati'... ROMA (di Gianluca Di Feo e Claudio Pappaianni - L'Espresso 29 agosto 2008)
Dal paese di Gomorra al ruolo di sottosegretario. Nuovo uomo forte della Campania. L'ascesa di Nicola Cosentino. Tra grandi progetti e relazioni pericolose
Su di lui finora la maledizione di 'Gomorra' non ha funzionato. Tanti giovani di Casal di Principe lamentano di non riuscire a trovare un impiego: il luogo di nascita fa cestinare subito il curriculum o chiudere il colloquio di lavoro. Invece lui, nato nella capitale dei Casalesi, è arrivato al governo insediandosi su una poltrona bella ricca: sottosegretario all'Economia. Mentre il film di Matteo Garrone si imponeva a Cannes, lui andava a rappresentare la cittadina nel Palazzo: guardando al portafoglio, è il campano più potente dell'esecutivo Berlusconi, superando con il peso del budget il fascino della Carfagna. Perché Nicola Cosentino è uomo di sostanza: non ricorre agli slogan, è misurato nei gesti, studia le parole e pensa ai fatti. E sa che nella sua regione ci sono solo due parole magiche: lavoro e appalti.
Il suo manifesto lo ha scandito ad Avellino, a inizio luglio: ha evocato un aeroporto internazionale da costruire a Grazzanise, su quel litorale domiziano che fa da sfondo al massacro finale di 'Gomorra' e che oggi si vorrebbe riscattare con il turismo a cinque stelle. Ha parlato di una nuova linea dell'alta velocità per unire in un lampo Napoli a Bari, risvegliando il miraggio delle grandi opere e del grande Sud. Ha messo sul tavolo 160 milioni per una strada destinata a strappare la Valle Caudina dal suo isolamento di sannitica memoria: perché la vallata delle forche, incastonata tra Avellino e Benevento, segna anche la direttrice di un progetto politico per raccogliere le tribù orfane di Clemente Mastella e Ciriaco De Mita, catturare gli ultimi seguaci di Pier Ferdinando Casini e infine detronizzare Antonio Bassolino. L'ultima mossa, però, vuole gestirla con calma, mettendo a freno la frenesia ribaltonista di An.
L'avvocato Cosentino guarda lontano e non si confonde con gli stereotipi sui baroni della provincia campana: è lontanissimo dalla verve gaudente dei vicerè napoletani alla Cirino Pomicino e Giulio Di Donato. Anche sul palco dell'ultima campagna elettorale leggeva discorsi ostentando freddezza tra le urla e gli sfottò antiprodiani della claque azzurra. Ma questa è la forza di chi è nato a Casale e sa farsi rispettare senza alzare la voce.
Esordio lampo il suo: a 19 anni consigliere comunale del Psdi, due anni dopo eletto alla provincia e subito assessore. Nel '95 arriva alla Regione per Forza Italia con quasi 13 mila voti e l'anno dopo entra in Parlamento: ha 36 anni e 36 mila preferenze. Segni particolari? Nessuno. Nessun hobby, niente lussi né passioni. Da due anni vive a Caserta, ha moglie e tre figli. Tutto famiglia e lavoro: i valori che contano di più nella sua terra. E là l'antimafia militante mal si concilia con la fame di lavoro. La sua visione emerge in un'intervista del 2003, quando difende il progetto di un ipermercato finito sotto inchiesta: "Anticamorra spesso nelle nostre parti ha significato lasciare le cose come stavano, senza dare un futuro di investimenti alle nostre terre. Casale deve potere attrarre investimenti, ma dico al partito anticamorra che colpire indistintamente coloro che fanno non ha senso. Se bisogna fare, bisogna capire che questa è una terra difficile...". E ancora: "Dobbiamo dare speranza, questa è la vera lotta alla camorra, il resto sono chiacchiere".
Tutto ciò accadeva prima che i casalesi diventassero star mediatiche. Nell'era di 'Gomorra', Cosentino ha cercato un profilo defilato, evitando ogni riferimento alle questioni di camorra e di affari. L'azienda creata dal padre Mario 'o 'Mericano', che rifornisce di nafta per riscaldamento e gas scuole e uffici pubblici, si è trasformata in un gruppo, ma la gestione è tutta in mano ai fratelli. Uno di loro è cognato di Giuseppe Russo, detto 'Peppe 'o padrino', arrestato dalla polizia criminale tedesca nel 2003. Una relazione pericolosa a cui l'onorevole risponde con un dato anagrafico: "Quando mio fratello si fidanzò, Russo aveva solo 14 anni". Da avvocato e da casalese, crede profondamente nella presunzione di innocenza: "I maxiprocessi hanno messo alla berlina anche tante persone perbene, che poi ne sono uscite pulite, anche se il marchio infamante è rimasto. Tutte le persone perbene, politici, professionisti e imprenditori, subiscono ancora oggi un pregiudizio".
Nicola Cosentino di pregiudizi invece non ne ha subiti mai. Nonostante una serie di accuse che avrebbero creato imbarazzo a molti. Come queste dichiarazioni che 'L'espresso' pubblica per la prima volta. Carmine Schiavone nel 2000 racconta ai magistrati dell'Antimafia: "Io era amico di Nicola Cosentino... Io intervenni anche per far votare Cosentino... Però il Riccardi mi sembra che si candidò anche lui, quindi furono divisi questi voti tra il Riccardi e il Cosentino. Ma ci andò solo Cosentino". Parole di pentito, senza riscontro? No, i giudici le usano come prove per motivare una sentenza di condanna. Ecco cosa scrive la Corte d'assise: "Gli appoggi del clan si sarebbero divisi tra Aldo Riccardi e Nicola Cosentino, candidato nelle liste del Psdi, sostenuto personalmente da Carmine Schiavone". E aggiungono che "il sodalizio" era "prevalentemente interessato a determinare la formazione di amministratori locali, attraverso cui esercitare il controllo degli appalti pubblici". Il sodalizio, ovviamente, sono i casalesi. E Carmine Schiavone è il cugino di Sandokan che da boss si è trasformato nel grande accusatore del processo Spartacus. Tutte cose di cui Cosentino avrebbe forse preferito non parlare mai più, per dedicarsi totalmente alle funzioni di sottosegretario. Per buttarsi sui grandi temi, delega le questioni regionali a Luigi Cesaro, deputato di Sant'Antimo che da anni fa piovere mozzarelle di bufala su Berlusconi e Buonaiuti: 20 chili al mese, d'estate anche a Villa Certosa. Un signore delle tessere, con una famiglia di costruttori alle spalle: mestiere delicato in periferie dove il cemento spesso viene corretto con il piombo. In Campania, poi, i killer possono fare danni collaterali di natura politica.
La nomina di Cosentino al governo è stata decisa il 12 maggio. Il primo giugno le pallottole che a Casal di Principe hanno assassinato Michele Orsi dai media sono rimbalzate verso di lui. L'imprenditore dei rifiuti nel 2007 aveva accusato anche Cosentino e il leader regionale di An Mario Landolfi. Così la morte di Orsi si è trasformata in un'ombra minacciosa. Il sottosegretario è stato costretto a presentarsi sui giornali del Nord non nella grisaglia dell'economista, ma nei panni scomodi del casalese: "Escludo che Orsi mi abbia chiesto aiuto per la certificazione antimafia, non che lo abbiano fatto imprenditori che avevano il problema di dover spiegare le loro lontane parentele con i malavitosi. Al massimo, posso aver fatto delle segnalazioni a Orsi di nominativi per le assunzioni", ha detto a 'La Stampa'. "Si tratta sempre di persone che puliscono le strade dalla mondezza". E la vittima?"Come gran parte degli imprenditori di zona sono costretti a barcamenarsi tra Stato e anti-Stato".
Un equilibrio, quello tra Stato e anti-Stato, mandato in frantumi dall'omicidio di Orsi e dall'appello Spartacus. In questi giorni i clan della confederazione casalese meditano la riscossa armata. Ma un uomo d'affari importante, Gaetano Vassallo, sta raccontando alla procura un ventennio di traffici e veleni. Altri protagonisti della zona grigia che si è arricchita tra politica e mafia potrebbero imitarlo. E dopo vent'nni di camorra, per la prima volta il Viminale guidato da un ministro leghista insedia a Casale una task force di poliziotti.
Il sottosegretario plaude allo sbarco degli agenti, ma ribadisce l'orgoglio della sua patria: "Questa non è l'anticamera dell'inferno, come è stato spesso detto da chi aveva più interesse a confermare degli stereotipi di lombrosiana memoria, che non a raccontare la verità dei fatti". Perché la sua terra è "un angolo di Campania Felix". (30 agosto 2008)
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