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DONNA DELLA PROVINCIA DI CASERTA RACCONTA AUSCHWITZ IN UN LIBRO


"E' stato solo un caso che tutto questo sia accaduto in quei tempi e non in questi". E' la sintesi sbalorditiva che Lavinia, 12 anni, fa della sua visita al più famoso e tragico campo di concentramento della storia, quello di Auschwitz-Birkenau dove furono uccise centinaia di migliaia di persone. La maggior parte ebrei ma anche omosessuali, zingari, italiani, russi e ostaggi di altri paesi. Lavinia non lo ha espresso subito il concetto, ha lasciato che le maturasse dentro. Ha concluso la visita in silenzio, apparentemente né troppo sconvolta né indifferente, poi, tornata in Italia, in provincia di Caserta, è riuscita a far defluire il dolore in uno scritto che suo padre, Roberto Malinconico, ha raccolto insieme a quelli di tutta la compagnia che aveva partecipato alla visita, compendiandoli in un libro appena pubblicato. Nel volume dunque si esprimono casalinghe, infermieri, psicologi, comunicatori, ed anche due parlamentari e uno scrittore, che dall'Italia sono partiti per andare a toccare con mano uno dei luoghi simbolo dell'atrocità umana. Il campo è noto, quanto vi avveniva all'interno risaputo: non si è colti di sorpresa varcando la scritta Arbeit Macht Frei, quindi l'attenzione è catturata da qualcosa d'altro, comune a tutti i visitatori: la domanda di come tutto questo sia potuto accadere. E quanto scrive Lavinia riassume i timori di tutti gli uomini, la paura di essere abitati dalla belva e, soprattutto, che essa si può risvegliare in chiunque e in qualunque momento. Un terrore che un altro Malinconico, Rino, storico, tenta di razionalizzare in un breve saggio introduttivo. Secondo lui le radici del nazismo non sarebbero così "antropologiche", poiché esso non fu altro che una delle modalità (estremizzate) di funzionamento del capitalismo moderno. Una tesi forse azzardata ma non priva di interesse e suggestione. IL saggio ricorda episodi meno noti del nazismo, come la schiavizzazione di centinaia di migliaia di persone deportate dai territori conquistati, e prevalentemente da quel bacino di braccia che fu la Polonia. Bacino al quale i gerarchi della svastica attinsero con crudeltà e, praticamente, senza limiti. La Polonia, storicamente, è uno dei paesi che ha pagato il prezzo più alto: passata l'ondata nazista è giunta quella sovietica che l'ha cooptata nel Patto di Varsavia. Oggi, infine, la durezza del confronto con il capitalismo. "Venite a lavorare in Germania" invitava la propaganda. In duecentomila abboccarono all'invito, altri centinaia di migliaia furono invece catturati e portati a forza al di là dei confini tedeschi, dove trovarono canili come case Auschwitz-Birkenau desta sgomento oggi per i forni crematori, i gas, le foto di coloro che vi hanno trovato la morte, le montagne di capelli, protesi, occhiali, stoviglie custoditi a testimonianza. Ma, appunto, tutto ciò in qualche modo è risaputo e chi visita il campo sa a cosa va incontro. L'elemento che invece è meno noto e che lascia senza fiato è lo spostamento di un'idea: Auschwitz non è il simbolo della follia umana, è il simbolo della razionalità. In esso non c'é nulla di illogico, anzi, la sua organizzazione era estremamente scientifica. Un mattatoio in cui tutto era studiato con meticolosa scientificità, dalla produzione di ciascun prigioniero alla sua "durata". Nell'annientamento sistematico prima della dignità della persona e poi della persona stessa, nulla poteva essere lasciato al caso o all'improduttività: così perfino le ceneri di coloro che erano finiti nei forni venivano sistemati in piccoli stagni per appesantirle e poi utilizzarle come fertilizzanti. Il libro è corredato di numerose foto e di una parte su come organizzare una visita analoga.(23 dicembre 2005-19:41)

 
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