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ANFITEATRO CAMPANO DI S.MARIA C.V.:TOGHE E STORIA AL FESTIVAL DELLA LETTERATURA

Santa Maria Capua Vetere (Caserta), 18 Febbraio 2017 (di Elisabetta Colangelo per Casertasette) -

I'm Spartacus. Iniziò così la prima rivoluzione della storia secondo la mitica ricostruzione cinematografica del 1960. Era il 73 a.C. quando Spartaco, gladiatore e condottiero tracio si mise a capo della terza guerra servile, esasperato dalle condizioni inumane in cui migliaia di schiavi erano tenuti dai loro padroni. Spartaco era confinato nell’Anfiteatro Campano. Fu da qui che partì la ribellione al tiranno, a partire da qui gli schiavi levarono il capo fieri della loro condizione umana, rivendicando libertà , diritti, vita.

E’ da qui, oggi, che parte l’idea di una nuova, definitiva rivoluzione culturale, attraverso la valorizzazione della memoria del passato, non già sterile racconto, ma scintilla di risveglio sociale e civile, volano di sviluppo e crescita economica in un territorio nel tempo martoriato, violentato, avvelenato dal degrado, dal malaffare, dalle mafie.

Il 17 febbraio si è svolto, presso l’Anfiteatro Campano l’appuntamento inaugurale della seconda edizione de “La Memoria degli Elefanti”, il Festival della Letteratura nel segno del mito, ideato da Arena Spartacus Amico Bio” all’Anfiteatro Campano di Santa Maria Capua Vetere. Al centro i valori della legalità e della giustizia raccontati attraverso gli spunti di “Toghe, banchieri e rotative” Guida Editore), il libro del magistrato Vincenzo Pezzella, consigliere della Suprema Corte di Cassazione.

Il ricco parterre di ospiti vede la partecipazione, insieme a Vincenzo Pezzella, di autorevoli ospiti, come i magistrati Giuseppe Borrelli, procuratore aggiunto presso la Direzione distrettuale antimafia di Napoli dove coordina le indagini sul clan dei Casalesi,Gabriella Maria Casella, presidente del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, il prefetto Vincenzo Panico, Commissario per il coordinamento delle iniziative di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso presso il Ministero dell’Interno, Don Tonino Palmese della Fondazione Polis, oltre che autorevoli esponenti del mondo accademico, su tutti la professoressa Rosanna Cioffi pro rettore della Cultura dell'Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli” e del giornalismo, tra cui il presidente dell'Ordine dei Giornalisti della Campania Ottavio Lucarelli. Era stata annunciata anche la presenza del capo della Procura di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho che però non ha partecipato per impegni dell’ultim’ora

Il dibattito ha preso il via dal testo di Vincenzo Pezzella, un viaggio lungo una vita, dall'attività di funzionario in banca d'Italia, lasciata per inseguire la passione del giornalismo fino all'approdo alla magistratura, pretesto per raccontare uno spaccato di vita, non tanto e non solo come testo autobiografico, quanto spaccato di una vita che appartiene ad un'intera generazione, raccontato attraverso incontri ed esperienze importanti, da quello con Giancarlo Siani, al lavoro come ufficio stampa di Carlo Azeglio Ciampi, uomo delle istituzioni profondamente innamorato del sud Italia, fino alle inchieste importanti che lo hanno visto protagonista a Napoli, terra di grande vivacità culturale,in grado di abbandonare definitivamente l'etichetta di terra di camorra attraverso una profonda rivoluzione culturale.

Il tema della cultura come antidoto al degrado morale, ad ogni forma di mafia è stato affrontato a più riprese. Innanzitutto nelle parole della professoressa Rosanna Cioffi che ha ribadito l'esigenza di formare i giovani, affinché mettano a frutto intelligenza e creatività, acquisendo professionalità di respiro internazionale, ma anche e soprattutto acquisiscano la cultura del rispetto dell'altro attraverso la pratica concreta e quotidiana della legalità.

Giuseppe Borrelli racconta come nella sua lunga esperienza alla Dda di Napoli abbia assistito ad un progressivo mutamento del fenomeno criminoso, rispetto al quale, pur riconoscendo i successi ottenuti dalle forze dell'ordine, e l'evoluzione culturale che ha caratterizzato i nostri territori, riflessione condivisa da Gabriella Maria Casella, è opportuno non abbassare mai la guardia, perché è un fenomeno che tende a rigenerarsi, ad assumere forme diverse, ma continua ad esercitare un fascino, anche presso le nuove generazioni che non è necessariamente legato a motivi di tipo economico, quanto proprio ad una sorta di prestigio sociale, di rispetto, di carisma che in determinati ambienti acquisisce un giovane che si affilia ad un clan camorristico. In questo senso si tratta di un fenomeno strettamente legato alla cultura nel senso più ampio del termine, una cultura che abitui i giovani alla riflessione critica, all'analisi, attraverso l'intervento dello Stato, della scuola, ben prima che intervenga la magistratura. Anche il giornalismo, le inchieste, il lavoro quotidiano di decine di giornalisti che ogni giorno rischiano in prima persona pur di raccontare il lavoro della magistratura, delle forse dell'ordine, diventano fondamentale presidio di legalità e cultura, come ribadito nelle parole di Ottavio Lucarelli.

Cultura e legalità dunque le direttive, anche nelle parole di Antonio Mirra a Antonello Velardi, le sfide per cambiare davvero rotta, per poter guardare al futuro con ottimismo: valorizzare il patrimonio artistico, creare turismo e occupazione attorno ad esso, coltivare le sinergie tra le istituzioni, scuola, università, Amministrazioni comunali, per fare squadra e promuovere un vero sviluppo del territorio.

A scuotere la platea ci pensa l'intervento di Don Tonino Palmese, da sempre in prima linea contro le mafie, a fianco delle vittime innocenti e delle loro famiglie. Parla anche lui di cultura Don Tonino, non la cultura dei libri, o almeno non solo quella e non intesa come il conseguimento di un titolo, che come dimostra la storia recente e passata non garantiscono certo l'onestà e la correttezza, la legalità e la trasparenza di chi è chiamato ad amministrare, per esempio. La Cultura di cui parla don Tonino è quella più profonda, quella che fa alzare la testa, quella che ci rende liberi, in grado di prendere posizione, di non appiattirsi sulla massa, ad essere critici, a saper valutare. Cita Felicia Impastato, mamma di Peppino e prima ancora sorella e moglie di mafiosi. Attraverso la lettura, la crescita personale, ella seppe alzare la testa, ribellarsi alla cultura mafiosa in cui era vissuta fino ad allora. In quella crescita, sottolinea Don Palmese, Felicia diventò Donna. Non più femmina, generatrice di figli, prosecutrice e vestale di una cultura mafiosa perpetrata da secoli, ma Donna finalmente libera.

Casertasette/Telexnews: direttore Biagio Salvati


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