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INAUGURAZIONE ANNO GIUDIZIARIO: GIUDICI DISERTANO CERIMONIA. DISCORSO DI CANANZI


NAPOLI (Discorso di Francesco Cananzi Presidente distrettuale Associazione Nazionale Magistrati all'inaugurazione dell'Anno Giudiziario nel distretto di Napoli) -

Credo che le vicende che abbiamo vissuto di recente impongano grande responsabilità.

Questo senso di responsabilità anima anche chi vi parla e la Giunta distrettuale, nonché le segreterie dei gruppi dell’Anm, oggi qui presenti, e si esprime nella volontà di non disertare una occasione di confronto, pur dovendo registrare l’assenza di molti colleghi, che manifestano in questo modo il disagio per la sfiducia, per gli attacchi ingenerosi ed ingiustificati ricevuti dalla magistratura del Distretto di Napoli e dalla magistratura tutta in queste ultime settimane, e non solo.

Proprio la responsabilità impone però chiarezza e verità con l’obiettivo non di contrapporsi a qualcuno, non di accrescere il clima di conflitto, bensì di spiegare le proprie ragioni e manifestare il proprio disagio, con lo spirito di offrire un contributo propositivo alla soluzione delle complesse questioni che riguardano il mondo della giustizia.


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Veniamo ora alle questioni di immediata attualità, che devono essere trattate prioritariamente per la rilevanza costituzionale, sociale e mediatica che hanno avuto.

Credo che questione centrale sia quella di una attuazione più vera ed autentica della Costituzione: dobbiamo acquisire sempre più una matura coscienza costituzionale, tesi non tanto a farci suggestionare dagli eventi del momento, ma a ragionare su come rendere la nostra Carta sempre più realizzata, pur nel mutamento dei tempi.

Senza dubbio in una dinamica politica bipolare, quale è quella attuale, il frazionamento dei poteri con attribuzione anche a istituzioni non elettive, come la magistratura, ha ancora più valore: quanto più il bipolarismo prende piede tanto più le istituzioni ed i poteri di garanzia devono essere terzi e rafforzati nella propria indipendenza, anche per evitare di essere strumentalizzati dall’una o dall’altra parte politica.
E questo vale anche per la magistratura che deve sempre più avere chiaro che il potere diffuso del magistrato deve esplicitarsi con competenza e professionalità nell’ambito del procedimento nel quale si applica la legge al caso concreto.

La magistratura non di consenso ha bisogno ma che le sia riconosciuta fiducia da parte delle istituzioni.
Dalla Politica, cui spetta il compito di riformare il processo civile e penale per renderli più rapidi ed efficienti, vengono invece spesso solo critiche delegittimanti, tese a sollecitare o a demolire iniziative giudiziarie, nella mai fin in fondo accettata necessità che la magistratura autonoma ed indipendente sia soggetta solo alla legge.


Veniamo da anni di massacro mediatico, di attacco delegittimante da parte di alte cariche dello Stato, da ultimo le irripetibili affermazioni del senatore Cossiga, e ancora oggi, nel giro di 15 giorni, la magistratura del Distretto è stata oggetto di dure critiche in relazione sia all’emergenza rifiuti sia in merito alla recente indagine della Procura di S. Maria Capua Vetere.

Per primi, come magistrati, ben sappiamo come ai valori costituzionali di indipendenza e autonomia debbano corrispondere il principio di responsabilità ed il dovere di professionalità, tanto più sentiti e da ricercare quando in gioco sono beni di rilievo costituzionale, come la libertà personale.
Sappiamo anche, però, che il merito dei processi, la fondatezza o meno delle accuse è ben altra cosa rispetto a quello che abbiamo visto e sentito in questi giorni, che ci ha lasciati sgomenti, pur se sereni e certamente non intimiditi.
Gravissime sono le espressioni che sono state utilizzate contro i magistrati e quindi contro la magistratura tutta, attribuendoci una volontà eversiva dell’ordine democratico, una finalizzazione politica dell’azione giudiziaria, una trama complottarda tesa a delegittimare e colpire il sen. Mastella, come pure inaccettabili sono stati gli attacchi personali rivolti a singoli magistrati, l’asserzione che la riforma dell’ordinamento giudiziario abbia inciso sulle iniziative giudiziarie, l’accusa di una giustizia ad orologeria, destituita di fondamento perché i tempi di esecuzione delle misure sono stati determinati dalla fuga di notizia, questa sì allarmante, con evidente danno per l’azione investigativa.
Ai colleghi di S. Maria Capua Vetere va riconosciuta serietà, onestà, indipendenza ed integrità, mai messe in discussione, e va espressa solidarietà per gli attacchi personali, per l’ingiustificato arruolamento in non meglio identificate .
Lascia fortemente interdetti la reazione di larga parte del mondo politico, chiamato a pronunciarsi prima ancora dell’esecuzione delle misure cautelari, a , sul merito delle stesse, con allarmistiche affermazioni in tema di emergenza democratica.
La vera emergenza è quest’attacco periodico e generalizzato alla magistratura, è la scelta di delegittimarne l’operato, che può solo generare ulteriore sfiducia nelle istituzioni, in tutte le istituzioni, e attentare alle basi della convivenza civile.
Da subito è stato imbastito un processo al procedimento penale, sui media, nei discorsi di corridoio, anche fra gli addetti ai lavori, con sommarietà ed approssimazione: la presunzione di innocenza deve essere riconosciuta, oltre che agli indagati, anche ai magistrati, come è stato ben scritto. Il rispetto deve essere riconosciuto agli indagati, tutti, ed anche ai magistrati, tutti.
Il processo deve essere celebrato nel processo e non altrove: il sacrosanto diritto di critica delle decisioni giudiziarie richiede la conoscenza degli atti e la possibilità di approfondimento, deve essere sottratto alla polemica politica e non può essere esercitato in simulazioni mediatiche del processo, ad una sola voce, in assenza di un adeguato contraddittorio con tecnici del diritto. Certo i magistrati interessati giustamente sono tenuti al riserbo, ma non per questo devono essere destinati ad essere il bersaglio di ogni accusa ed invettiva politica e mediatica.
Il processo ha le sue regole, i suoi tempi, i suoi gradi di giudizio e deve fare il suo corso, in serenità; le trasmissioni televisive, che non possono né devono mutuare le regole del processo, hanno però molta più capacità di condizionamento delle coscienze.
Occorre allora porsi il problema di cosa voglia dire fare oggi una buona informazione giudiziaria, responsabile, imparziale, come il servizio pubblico impone, ricordandosi che si maneggia una materia delicata, che non tutto è politica, che ci sono in ballo la dignità di tutti, istituzioni e persone, e la serietà di una Paese.
Aspettiamo con fiducia su tutto questo l’intervento autorevole del Capo dello Stato e del CSM, in occasione della prossima seduta fissata sul tema dei rapporti fra magistratura e politica.

Anche per la questione rifiuti, questa sì vera emergenza per tutta la Campania e per il diritto alla salute dei cittadini, la magistratura inquirente è stata rimproverata essendosi lamentata, da parte di alcuni politici e giornalisti, l’assenza o tardività di azione investigativa.
Questa doglianza nei confronti della magistratura è ingiusta, come evidenziato dal Procuratore Lepore, che correttamente ha enumerato indagini e sequestri operati su impulso delle Procura di Napoli, alle quali si aggiungono anche le iniziative giudiziarie delle altre Procure del Distretto.
Certo, si sarebbe potuto fare di più se fossero giunte denunce da parte di cittadini sulle discariche abusive, anche di rifiuti tossici, se fossero state denunciate le infiltrazioni della camorra, se i commissari straordinari avessero denunciato fatti integranti responsabilità penali. Ciò o non è avvenuto o è avvenuto solo parzialmente.
In questo caso si invoca l’azione di supplenza della magistratura, a fronte della incapacità della Politica che, tutta, avrebbe dovuto risolvere la questione rifiuti.
Questa critica è dimentica del quadro normativo nel quale si è operato attraverso il Commissariato per l’emergenza rifiuti, per oltre 14 anni, in deroga alla legislazione ordinaria in tema ambientale, paesaggistico, di contabilità di stato, nonché in deroga anche ai provvedimenti di sequestro dell’autorità giudiziaria, con complessiva riduzione dell’area del penalmente rilevante e della capacità di intervento della magistratura.
Poteri speciali, quelli commissariali, che avrebbero avuto senso se fossero serviti a risolvere in breve termine l’emergenza: ma un’emergenza di quindici anni, con alcuni commissari che, pur non avendo risolto in radice la questione rifiuti, non hanno rassegnato tempestivamente le dimissioni né denunciato l’inadeguatezza della struttura commissariale; governi centrali, di diverso colore politico, che si sono accontentati di delegare le competenze ai commissari volta per volta nominati, senza chiedere loro conto dell’operato e verificare se accanto all’emergenza fosse effettivamente in corso una tempestiva programmazione dell’ordinario; infine la maggior parte degli enti locali campani, che si sono riparati sotto l’ombrello della gestione commissariale, omettendo iniziative anche di educazione dei cittadini alla sobrietà ed al differenziato smaltimento dei rifiuti, nonché assumendo posizioni di rappresentanza dei soli interessi di parte: tutta questa irresponsabilità ci ha condotti fin qui.
La Politica, come ha detto di recente Franco Roberti, non ha preso atto che la questione rifiuti già dal 1992 era per la camorra, che si è insinuata nelle deficienze della macchina amministrativa lucrando profitti esorbitanti.
Alla Politica, e non alla Magistratura che interviene su fatti specifici e solo dopo che gli stessi sono accaduti, spetta la soluzione del problema rifiuti.
Alla Politica spetta prendere le decisioni, assumersene la responsabilità, perché se nessuno è responsabile la politica si ammala, come ha detto di recente Vittorio Foa.


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L’inaugurazione dell’anno giudiziario è certamente momento di bilanci, ma anche di rilancio, di prospettiva, di ricerca delle ragioni di speranza, di sguardo al passato per comprendere al meglio come gestire e cosa cambiare in futuro nei comportamenti personali e collettivi.

Occorre fare un bilancio, dunque, in relazione alle urgenze che riscontriamo per l’amministrazione della giustizia del Distretto, consapevoli che l’art. 110 della Costituzione, che riserva al Ministro della Giustizia l’organizzazione dei servizi, attribuisce tale potere con funzione di sostegno ai principi di indipendenza ed autonomia: garantire il funzionamento dei servizi della giustizia deve voler dire garantire l’autonomia e l’indipendenza e quindi consentire al magistrato di essere sottoposto solo alla legge e non condizionato da limiti di strutture, di disponibilità finanziarie, di personale, limiti che incidono in concreto sull’esercizio della funzione giurisdizionale e sulla sua effettiva indipendenza.


Lo scorso anno, proprio in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario 2007, a nome della Giunta consegnai al Ministro della Giustizia, sen. Mastella, questo dossier, teso ad evidenziare i deficit relativi ai servizi di giustizia che riscontravamo nel Distretto.
Apprezzammo all’epoca la disponibilità del Ministro, che ci ascoltò nel dettaglio qualche giorno dopo l’inaugurazione dell’anno giudiziario, ma purtroppo, nonostante questa stimata volontà di dialogo - del tutto innovativa rispetto al riuscito tentativo del Guardasigilli Castelli di chiudere ogni comunicazione e prosciugare ogni investimento nella giustizia per delegittimare del tutto la magistratura - le deficienze denunciate nel dossier 2007 sussistono per alcuni profili aggravate, pur se deve riconoscersi al Dicastero della Giustizia che alcune iniziative sono state intraprese.

Lamentavamo l’esistenza di uffici giudiziari fantasma, quelli di Giugliano, che restano assolutamente evanescenti, seppur qualche segnale di lentissima progressione esiste (con l’individuazione della struttura edilizia e l’accordo di programma del luglio 2007 che prevede l’istituzione del tavolo tecnico): il beneficio che il Distretto trarrebbe dall’operatività del Tribunale di Giugliano sarebbe molto significativo, specie per deflazionare i carichi di lavoro dei magistrati napoletani ed il circondario del Tribunale giuglianese potrebbe ben essere esteso anche alla zona aversana, così riducendo il territorio del Tribunale di S. Maria Capua Vetere, in carenza permanente di organico.
E’ evidente che fintanto che il Tribunale e la Procura di Giugliano non andranno a regime il Distretto di Napoli sarà carente di ben 26 magistrati, quelli destinate agli uffici giuglianesi: da qui la richiesta al CSM di coprire con urgenza le carenze di organico del Distretto, come già in parte è stato fatto con gli ultimi trasferimenti con assoluta celerità, anche grazie alla informatizzazione della procedura di tramutamento.

Chiediamo poi al Ministero, ormai da tempo ma invano, la revisione delle circoscrizioni giudiziarie, a livello nazionale o anche solo a livello locale, per creare economie di scala, sollecitando decisioni politiche che guardino più che agli sterili campanilismi, all’efficienza che deriverebbe dall’accorpamento di uffici giudiziari di dimensioni minori, spesso paralizzati dalla carenza di magistrati.


Denunciavamo anche lo scorso anno la carenza di personale amministrativo, rilevando come ne fosse impegnato full-time solo il 60%, con il conseguente rallentamento nella celebrazione delle cause civili e penali e nell’esecuzione dei provvedimenti, carenza oggi sempre più grave a causa del progressivo pensionamento e della mancata sostituzione di cancellieri, ufficiali giudiziari e commessi: dell’ufficio del processo vi è traccia solo nel dibattito della commissione Giustizia, né tanto meno vi è traccia di accordi con enti locali - come invece di recente avvenuto con la Regione Lombardia - tesi a recuperare nuovo personale, accordi pure promessi dal sen. Mastella ma non realizzati: insomma di effetti concreti per il Distretto, purtroppo, in relazione alle carenze di personale amministrativo, neanche l’ombra.

Rilevavamo altresì l’assenza di risorse materiali: oggi, per quanto riferito di recente dai capi degli Uffici, oltre alle ordinarie mancanze di risorse, vi è una restrizione di fondi per l’informatica giudiziaria, e ciò contraddittoriamente alla scelta del Ministero - opportuna e già positivamente valutata dall’Anm - di individuare la sede di Napoli per la sperimentazione del processo telematico.
Va poi anche evidenziato un positivo segno di discontinuità rispetto al Dicastero Castelli, con la fornitura finalmente di nuovi personal computer, anche se non ancora sufficienti rispetto alle richieste di sostituzione di quelli vetusti.

A proposito della informatizzazione, esprimiamo ancora la nostra solidarietà al personale ATU che si occupa dell’assistenza informatica. Dopo anni di impegno dello stesso personale, con il quale i magistrati hanno creato un reale rapporto fiduciario, gli stessi da lavoratori a tempo indeterminato sono diventati precari. E’ a rischio l’efficienza di una delle poche strutture che unanimemente è in grado di offrire un servizio immediato, qualificato, non burocratico e soprattutto riservato, con significative garanzie anche in tema di sicurezza dei dati investigativi e giudiziari. Come ANM auspichiamo che questo personale sia stabilmente assunto.

E’ ovvio che queste deficienze, delle quale in primo luogo deve rispondere il Ministero della Giustizia, non esimono, bensì impongono ai capi degli uffici ed ai dirigenti del personale amministrativo, ma anche ai singoli magistrati, ciascuno nell’ambito delle proprie competenze, di tendere ad una sempre migliore e razionale utilizzazione delle risorse umane e finanziarie disponibili, affrontando le difficoltà senza disfattismi e senza addurre alibi, intervenendo per una sempre migliore organizzazione ed avendo come obiettivo e priorità quella di assicurare un servizio adeguato ai cittadini.

Infine resta del tutto irrisolta una parte della questione afferente l’edilizia giudiziaria.

Denunciavamo, lo scorso anno, l’insufficienza dei locali e la divisione in quattro plessi degli uffici giudiziari di Torre Annunziata, come l’esistenza del condominio destinato a Tribunale civile di S. Maria Capua Vetere. Nulla è cambiato né i lavori di completamento del Nuovo Palazzo di Giustizia di Torre Annunziata sono ripresi, fermi come sono dal 2004.

Si è invece attuato il trasferimento al NPG di Napoli del settore civile, richiesto con forza dall’Anm, perché avrebbe consentito, come ha di fatto consentito, di lasciare locali inadeguati, malsani, inagibili, come quelli di piazza S. Francesco e di Castelcapuano. Sul punto basta correre con il ricordo alla controinaugurazione del 2006 ed al video che la Giunta realizzò per denunciare lo stato indecoroso nel quale si amministrava giustizia.
Di questo, si badi, ma solo del trasferimento va dato atto al Ministero della Giustizia.
L’Anm avvisò da subito – basta rileggere il Dossier del 2007 – che la fase di trasferimento avrebbe costituito solo un inizio, dovendo poi il Ministero provvedere alla soluzione dei problemi che inevitabilmente il trasferimento avrebbe comportato.
Su questo punto i ritardi del Ministero sono stati enormi e le approssimazioni tecniche non giustificabili, e ciò nonostante della gestione della struttura del NPG sia responsabile una apposita Direzione Generale.
La Giunta a più riprese ha chiesto nel corso del 2007 interventi sugli elevatori, poi sulle passerelle fra le torri - finalmente realizzate ; ancora una predisposizione orizzontale degli uffici destinati all’accesso di avvocati e utenti, esprimendo forte preoccupazione per l’allarmante situazione di sovraffollamento determinata dall’accesso alla Torre A e confermando la propria assoluta contrarietà all’ubicazione di aule di udienza e cancellerie su piani diversi.
L’Anm ha auspicato una più efficace e tempestiva azione della Direzione Generale ed ha chiesto al Ministero una verifica del rapporto contrattuale con la società Romeo, il cui intervento è percepito dai colleghi come assolutamente inadeguato.

A fronte di tutto ciò, avendo condiviso il merito del disagio dell’Avvocatura, avremmo auspicato forme di protesta diverse dall’astensione da parte del Consiglio dell’Ordine.
Ed invece, non solo abbiamo dovuto registrare ulteriori giorni di astensione dalle udienze, che costituiscono uno strumento assolutamente sproporzionato, inutile e dannoso per i cittadini per i gravissimi ritardi nella conclusione dei processi, ma anche gli attacchi ingiustificati al Presidente del Tribunale, che si è onerato di porre rimedio alla difficile situazione nell’ambito delle sue competenze, al quale abbiamo espresso la nostra solidarietà.
L’Avvocatura ha sempre e solo detto di no al trasferimento, salvo poi lamentarsi di non essere stata ascoltata.
L’ANM è pronta a fare la sua parte, a favorire il dialogo, anche a rischio di restare delusa dai comportamenti altrui, come pure è avvenuto. Speriamo che l’Avvocatura faccia altrettanto, con spirito costruttivo, avanzando proposte percorribili e non solo dinieghi ed astensioni.
Chiediamo al Ministero di assumersi le proprie responsabilità con interventi tempestivi e ai magistrati - e primi fra loro ai capi degli uffici giudiziari - di collaborare, lasciando alle spalle le polemiche e facendosi carico della gravità della situazione: solo così potrà giungersi ad una soluzione efficace e tempestiva dei problemi nell’interesse di avvocati, magistrati e cittadini. Ne va della credibilità dell’istituzione giudiziaria di fronte ad una città e a cittadini in attesa di una giustizia tempestiva e dignitosa.

Solo un accenno al nuovo ordinamento giudiziario, che consente una dell’Esecutivo nell’area finora garantita dell’autonomia ed indipendenza della magistratura.

In particolare i maggiori poteri attribuiti al Ministro della Giustizia nel procedimento disciplinare rendono ancora più concreta l’inopportunità dell’ispezione rispetto ai procedimenti penali in corso. L’esperienza recente ha palesato il rischio di conflitti di interesse, di scelte politiche che incidono sui processi, determinandone la tempistica ed modificandone l’andamento. Come pure lascia perplessi il ricorso all’ispezione come rimedio ogni qualvolta l’attenzione mediatica – che certo non è neutrale - si concentri su una singola vicenda giudiziaria.

Ma il nuovo ordinamento giudiziario ha espropriato del suo ruolo costituzionale il CSM, sia in tema di formazione dei magistrati, con l’istituzione della Scuola della magistratura, sia in tema di organizzazione gerarchica delle Procure sulla cui organizzazione il controllo del CSM è limitato.

A fronte di tutto ciò, credo che occorra dare inizio ad una riflessione ispirata dai principi costituzionali sul ruolo dei magistrati che del tutto legittimamente fanno parte delle strutture ministeriali.
Lo dico senza spirito di polemica ma con l'intenzione di avviare una pacata discussione.
L’autonomia e l’indipendenza della magistratura e dei magistrati, oltre ad essere una garanzia, sono anche dei doveri ed un impegno per ogni singolo magistrato: c’è da riflettere su quale sia il senso della presenza di validi colleghi in strutture ministeriali, che di fatto svolgono, malgrado le migliori intenzioni, una funzione di sostegno tecnico a scelte politiche ormai nettamente di parte, in un sistema bipolare, e non più solo riguardanti l’organizzazione del servizio giustizia.


*****************************************

Credo che alla Politica spetti doverosamente e senza indugio agire per dare speranza ai cittadini della Campania e di questa città di Napoli. E credo che vi sia un compito, quello di ridarci reciprocamente speranza, che spetti a tutti, a tutte le categorie, singolarmente e collettivamente, crescendo nella consapevolezza e nella responsabilità di essere tutti comunità e di essere tutti chiamati ad un’etica dei doveri.

In questo quadro noi magistrati dobbiamo e vogliamo rispondere della capacità di costruire speranza con il nostro lavoro, convinti che sia proprio una buona amministrazione della Giustizia che possa essere ragione di speranza.

Cogliamo una ragione di speranza nell’impegno dei prossimi mesi del CSM, che provvederà alla nomina di un centinaio di dirigenti a seguito della riforma della temporaneità degli incarichi direttivi e semidirettivi: si tratta di una sfida che non possiamo perdere, di una occasione di rinnovamento per la giustizia italiana molto significativa perché i capi degli uffici giudiziari siano tanto autorevoli e meritevoli, così da fugare ogni dubbio di spartizione, nominati da parte del Consiglio il più possibile in modo condiviso, sottoposti a valutazioni serie al termine dell’incarico; dirigenti in grado di assumersi la responsabilità della guida e dei risultati di un ufficio giudiziario, con equilibrio e reale indipendenza da ogni altro potere.

Sono motivo di speranza i tanti colleghi che lavorano con passione, competenza e professionalità, impegno e sacrificio personale e familiare, destinando anche le ferie al lavoro, disposti pure a supplire a mansioni che non appartengono loro, pronti a colmare le deficienze per l’efficienza del servizio: e sono tanti.

Anche l’impegno di molta parte del personale amministrativo in servizio nei nostri uffici giudiziari è motivo di speranza, come pure l’abnegazione delle forze di polizia, sempre più spesso aggredite nel corso di operazioni. A loro la nostra solidarietà.

E’ per me ragione di speranza quanto, nel corso di questa esperienza come Presidente della Giunta dell’Anm di Napoli, ho potuto verificare: mi riferisco ai colleghi, anche presenti negli organi di rappresentanza, nel Consiglio giudiziario, nella Giunta dell’Anm, nelle segreterie delle correnti, che senza interesse personale ma per passione sincera, per adesione interiore ai valori della Costituzione, con la speranza di poter cambiare e migliorare la realtà giudiziaria, con costanza e nonostante le difficoltà, si impegnano consapevoli che il miglior bene è quello possibile, da raggiungere con pazienza e determinazione.
A questo proposito un saluto affettuoso va a Luca Semeraro, ormai trasferito al Tribunale di Perugia ed un ringraziamento va ai colleghi della Giunta per la passione e l'impegno di questi mesi.

Infine per me ragione di speranza è l’ingresso in magistratura dei giovani uditori: li incontreremo e diremo loro che quest’anno ci hanno lasciati due colleghi, Carmine D’Alessandro e Massimo Sorbo, che hanno interpretato il ruolo di magistrato con grande competenza, dedizione, ognuno con il proprio carattere e le proprie qualità, con riservatezza ed ironia, trasmettendo ai giovani colleghi loro affidati un insegnamento: il magistrato è sottoposto soltanto alla legge ed alla sua coscienza e non potrà mai essere un burocrate.
Questo è insegnamento ma è anche un impegno. Prendo questo impegno a nome dei magistrati del Distretto, per l’anno giudiziario 2008.

(26 GENNAIO 2008-15:40)

 
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