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CAMORRA A SINISTRA? CANTONE DA' RAGIONE A SAVIANO. E ORA, DIANA CHE DIRA'?...

Le disamina dello scrittore Roberto Saviano (Gomorra) che l'altro giorno a Bologna ha parlato di camorra anche a Sinistra vedi articolo qui propvoca l'intervento dell' ormai ex pm antimafia Raffaele Cantone (ora svolge il suo lavoro di magistrato al Massimmario della Cassazione) il quale conferma: è vero, la camorra è anche a Sinistra, è difficilmente negabile. Pare che il Pd si sia già spaccato, ma soprattutto, che dirà ora nei suoi comizi da clichè il nostro parlamentare Lorenzo Diana?...


Caserta (di Raffaele Cantone, magistrato da Il Mattino di Sabato 17 Novembre 2007) - L’intervento ad un dibattito a Bologna di Roberto Saviano, secondo cui la camorra è presente nelle strutture locali dei partiti anche di sinistra, suscita alcune riflessioni. Il fatto riferito, in sé, è difficilmente negabile...; lo dimostrano inequivocabilmente i numerosi scioglimenti, proprio per infiltrazioni camorristiche, di comuni della provincia di Napoli e Caserta - e persino di una Asl - gestiti da amministrazioni di entrambi gli schieramenti. Del resto, le organizzazioni camorristiche, in particolar modo quelle più organizzate, hanno da tempo manifestato interesse ad essere rappresentate nei partiti e, attraverso di essi, nella gestione degli enti locali; attraverso gli enti, infatti, si controllano i centri di spesa e, quindi, gli appalti e si costruisce e gestisce un «consenso sociale» che è indispensabile anche ai clan per sopravvivere. La novità - e le indagini lo dimostrano - è l’«ambito politico» verso il quale i clan manifestano il loro interesse. Nel post-terremoto, quando il fenomeno ha assunto dimensioni importanti, i camorristi guardavano al blocco di potere che faceva capo specialmente ai due principali partiti nazionali al governo. Sarebbe, ovviamente, sbagliato generalizzare ritenendo quei partiti controllati dalla criminalità; e proprio con il loro concorso che si sono fatte importanti riforme per la lotta alla mafia e nelle loro fila sono cresciuti esponenti, anche di primo piano, dell’antimafia; nelle articolazioni locali erano, però, presenti soggetti che non disdegnavano un rapporto sinallagmatico con i clan: voti in cambio di appalti e favori. Quei partiti avevano, però, nella loro organizzazione anche gli antidoti per evitare - o comunque, rendere difficile - il propagarsi verso l’alto dei virus. Un episodio dimostra quanto si afferma; quando il sindaco di un paese dell’Aversano, fratello del capo dei Casalesi, si propose per l’elezione al Senato, l’allora presidente della Repubblica Pertini intervenne bloccando una candidatura a dir poco sospetta. Con il crollo di quei partiti e con il mutamento anche della legge elettorale per gli enti locali, i clan camorristici, autonomi in ogni territorio e senza una struttura di vertice, si sono agilmente adattati al nuovo contesto. Non è uno slogan dire che i clan hanno perseguito un obiettivo: non essere mai - o quasi - all’opposizione. Lo hanno fatto sfruttando - è drammatico dirlo - una riforma elettorale che è stata un toccasana per la stabilità in gran parte d’Italia; hanno saputo utilizzare le utilità marginali dei voti, e cioè quei pacchetti che controllano attraverso gli affiliati, le famiglie ed i fiancheggiatori, facendole pesare nello spostamento degli equilibri locali; attraverso la preferenza unica, poi, è divenuto possibile anche l'elezione di rappresentanti di riferimento. È così che cambia il meccanismo dell’infiltrazione: i clan non cercano più candidati dei partiti da appoggiare; ne individuano propri che, portando in dote il «pacchetto», si fanno eleggere in qualunque schieramento in cui si presentano. La destrutturazione dei partiti e, quindi, la minore capacità di intervenire dall’alto rendono più difficili gli antidoti tradizionali e lasciano le responsabilità - con i connessi rischi - delle candidature agli organismi politici locali, spesso preoccupati solo di portare a casa il risultato positivo della contesa elettorale. È inutile dirlo: questo scenario - presente in molte realtà della provincia - è molto trasversale anche se i clan, assolutamente deideologizzati, sono interessati ad appoggiarsi a quegli schieramenti che appaiono vincenti nei diversi ambiti - regionali, provinciali e comunali - del territorio. Alcune strutture partitiche, ovviamente, sono culturalmente meno idonee al contagio. Come intervenire. In primis, vanno cambiate alcune regole; si spostino i meccanismi decisionali degli appalti più importanti dagli enti locali ad una stazione unica, gestita dal prefetto; si individuino ipotesi di non candidabilità di coloro che hanno fatto parte di amministrazioni sciolte per infiltrazione camorristica. E poi, un po’ di maggior coraggio dei partiti; nel corso di un convegno a Caserta l’attuale ministro degli Esteri disse senza mezzi termini che la politica non deve aspettare condanne o arresti per sapere chi non candidare perchè nelle realtà locali certi fatti sono noti; basterebbe, forse, applicare questa raccomandazione per ridurre i rischi di infiltrazione.

 
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