SARA’ UFFICIALMENTE PRESENTATO A ROMA IL
LIBRO DEL GIORNALISTA TERLIZZI
“Il delitto di un uomo normale eticamente deviato da una passione
ignominiosa“
ROMA - Sarà presentato lunedi 20 Aprile a Roma alle ore 18,00 – presso la libreria Il Filo, alla via Basento, 52 il libro del giornalista Ferdinando Terlizzi, “Il delitto di un uomo normale”, distribuito dalla Ugo Mursia in tutta Italia. Il libro
del cronista giudiziario casertano sarà illustrato dal criminologo Carmelo Lavorino che ha curato la prefazione. Il Dr. Lavorino è uno dei più noti investigatori criminali e autore di libri sulla criminologia è stato il consulente
per le indagini difensive di alcuni dei più inquietanti gialli degli ultimi venti anni,
(via Poma a Roma, il mostro di Firenze, quando Pietro Pacciani fu assolto in
appello, Cogne, Molliconi ed altri . Ha fondato la rivista “Detective&Crime”
diretta dal Terlizzi per vari anni. E’ analista della scena del crimine, criminal
profiler, consulente in analisi investigative criminalistiche criminologiche e
autore di vari libri su intricati gialli italiani.
La vicenda raccontata nel libro di Terlizzi si riferisce ad un brutale omicidio
avvenuto negli anni Sessanta che “sconvolse la coscienze bigotte della società
dell’epoca”. Il medico sammaritano Aurelio Tafuri, nel 1958, conosce Anna
Maria Novi, 20 anni, bella, ma “piena di passato”. Nanà (come era chiamata nel
giro la Novi), infatti, aveva fatto l’entraîneuse al “Trocadero”, un locale notturno
di Napoli, molto in voga allora, che si trovava sulla via Caracciolo, con vista
mozzafiato sul golfo di Napoli, all’altezza dove oggi esiste il ristorante “Rosso
Pomodoro”. Nel 1959 la ballerina s’innamora di uno studente che faceva
l’indossatore per l’Alta moda, Gianni de Luca. Questi la mette incinta e decide di
sposarla, nonostante l’avversione feroce della famiglia. Tafuri, intanto, invaghito
della Novi, continuava a sborsare fior di milioni, mantenendo un ibrido “menage
a trois” (quando non diventava un “quartetto”, per l’inserimento del primo
amante della Novi, un ingegnere, o addirittura un “quintetto”, allorquando si
inseriva un gay).
Nella comitiva non mancava, infatti, Carlo D’Agostino, un sarto omosessuale
che vendeva costosi abiti alla ballerina (pagati dai suoi amanti occasionali), e
organizzava spogliarelli privati e “poker strip”, per i più intimi frequentatori della
villa di Castelvolturno, di proprietà del farmacista Giovanni Tafuri, cugino del
dermatologo Casertano.
Il 9 Marzo del 1960, Tafuri, stanco ormai delle “vessazioni” a cui il giovane
sottopone la sua “amata”, decide di ucciderlo. Dopo averlo attratto in un
tranello, con la scusa di avergli procurato un posto di lavoro in una clinica, lo
colpisce con una sbarra alla testa. Poi gli conficca un punteruolo nel cuore, gli
lega due mattoni ai piedi e lo getta nelle limacciose acque del fiume Volturno, dal
Ponte della Scafa di Caiazzo. Nel tragitto – dal luogo del delitto alla scafa viene
fermato dalla polizia stradale che non si accorge del cadavere del giovane nel
portabagagli. Dopo aver confessato il delitto alla madre si costituisce.
Nel carcere scrive il racconto della sua vita, dal quale emerge, tra l’altro, la sua
sconcertante personalità. Addossa alla madre la colpa delle sue “defaillances”
sessuali. Racconta raccapriccianti particolari del suo delitto. Narra un episodio
dai risvolti satanici. Un giovane di Santamaria C.V. si rivolge a lui come
dermatologo e lo interpella per sapere se – dopo essersi fatto sodomizzare da un
cane di grossa taglia – abbia o meno riportato in sede perianale infezioni o altro.
Il Dr. Tafuri, accertatosi che “l’asta canina” non aveva prodotto alcuna infezione conclude la visita con queste testuali parole:” Fai quello che più ti piace fare… tanto il cane non ti giudica!”. Ed in un’altra occasione – nel corso del
dibattimento – quando si discettava sul se “aveva una capacità attiva sessuale”,
rivolto al Pubblico Ministero esclamò:” Signor Procuratore, che Dio vi abbia in
gloria… con quello che mi aspetta ( l’ergastolo N.d.R.)… la mia virilità, mi si
passi il termine… me la sbatto a quel posto”. I difensori che si susseguirono
nei quattro gradi di giudizio, in un processo lungo e clamoroso, non riuscirono a
farlo passare per pazzo.
Il libro riporta integralmente le arringhe dei proff. Avvocati Afredo De Marsico e Enrico Altavilla. Nonché quelle parziali di: Alfonso Martucci, Ciro Maffuccini, Giuseppe Marrocco, Giuseppe Garofalo, Giovanni Leone, Michele Verzillo, Luigi Bagnulo, On. Luigi Renato Sansone, On. Guido Cortese nonché il memoriale integrale dell’imputato e la perizia psichiatrica ( i periti di parte lo definirono una schizofrenico incapsulato ) che Tafuri confutò definendola “un polpettone diagnostico”. Vi sono poi riportati ampi stralci degli interrogatori e delle udienze dibattimentali. Le sentenze e le motivazioni dei 4 giudizi. Gli appelli ed il ricorso in Cassazione. Il lavoro di ricerca è completato con la pubblicazione di vari documenti processuali, con foto dell’epoca, con alcuni disegni eseguiti dal medico assassino. L’Autore, poi, cita confrontandoli col delitto Tafuri, altri clamorosi casi giudiziari che hanno delle affinità con la vicenda narrata. Come, per esempio, il delitto di Rita Squeglia, (la maestrina di Recale, che strangolò a Positano il suo amante, Nicola Acconcia, a cui è stato dedicato un film “Senza movente”); quello dello stilista Maurizio Gucci, fatto assassinare dalla moglie gelosa; del geometra Giovanni Fenaroli che, per incassare una assicurazione sulla vita, fece strangolare la moglie; della Circe di Mondragone, Petronilla d’Agostino, condannata a 30 anni di reclusione - per aver istigato, con prestazioni sessuali, il genero ad uccidere il marito. Di questo delitto si è anche occupata la Rai nella trasmissione “Un giorno in Pretura”, diretta da Roberta Petrelluzzi. Dell’uxoricidio del medico avellinese Luigi Carbone, che strangolò la moglie perché “si era presentata non pura alle nozze” e la sorella del seduttore della moglie. Fu condannato a 30 mesi di carcere per totale e parziale infermità mentale.
Quello del marchese Camillo Casati Stampa di Soncino, un voyer che aizzava il suo sesso procurando clienti alla sua giovane moglie. Al culmine di un raptus uccise lei e il suo giovane amante e poi si suicidò. Il libro di Terlizzi parla anche del primo delitto di mafia, quello dell’onorevole Emanuele Notarbartolo collegato alla celebrazione a Santamaria Capua Vetere “per legittima suspicione” del processo contro i mafiosi di Sciara (Sicilia) che uccisero il sindacalista Salvatore Carnevale.
Un processo clamoroso nel quale furono impegnati due futuri presidenti della
Repubblica: Giovanni Leone e Sandro Pertini. Nell’occasione lo scrittore Carlo
Levi ( autore del famoso Cristo si è fermato a Eboli ) scrisse una libro sul
processo intitolato “Le parole sono pietre”.
Il lavoro di Terlizzi parla poi della vicenda giudiziaria dell’ex sindaco DC di Sessa Aurunca, che tentò di far uccidere un suo avversario politico… assoldando i killer a cambiali; della strage dell’Ipoteca di S. Maria C.V., dove il secondino, Domenico Cavasso, uccise sette persone per il mancato rilascio di un certificato catastale che gli negava una eredità. Fu riconosciuto totale e parziale infermo di mente e condannato a 15 anni di reclusione. Tra qualche giorno lo vedremo seduto al bar a leggere il giornale.
Il libro parla inoltre dell’assassinio del dr. Carlo Gallozzi (vittima della
mente malata del suo fattore per una squallida vicenda tra lesbiche). Nelle note
di approfondimento il libro di Terlizzi parla del viagra “fai da te” di Roberto
Tafuri, farmacista di Santamaria, figlio del cugino del Dr. Tafuri, processato per
Viagra “pezzottato” e assolto. Della partecipazione di Santamaria alla trasmissione Tv “Campanile Sera”, dell’arresto di Enzo Tortora. E… di tante
altre vicende come quella dello scandalo per la speculazione edilizia di Baia
Domizia, delle Torri abusive di Coppola Pinetamare, della rivolta di Cellole, per provocare l’autonomia dal Comune di Sessa Aurunca; dell’assalto delle Br alla Caserma Pica di Santamaria, dove furono asportate molte armi e munizioni; dell’assassinio del giudice sammaritano Nicola Giacumbi, ucciso a Salerno dalle Brigate rosse e delle “case chiuse” della Provincia di Caserta, prima della Legge Merlin. (19 aprile 2009)