Un comunicato del comune di Cancello ed Arnone stigmatizza un articolo ritenuto offensivo apparso oggi sulla Gazzetta di Caserta Cancello ed Arnone (Caserta) Ufficio Stampa - Turpiloquio, dal latino turpis = turpe + loquium = colloquio: sta ad indicare il parlare osceno, anche linguaggio scurrile, sboccato volgare. Ovviamente, ciò si riferisce solo alla parola <>, ma la nostra, ipotetica, “maestrina” è andata ben oltre, offendendo e ridicolizzando il Sindaco di un Comune, sfidando la sua innegabile autorità di primo cittadino.
Ora, come la mettiamo? Vogliamo darci una regolata e riportare il discorso politico su un piano civile, oppure è intenzione esclusiva dell’autrice/autore dei vari articoli mettere in mostra tutta la sua conoscenza del latino, della filosofia, della psicologia, nonché la sua bravura nell’espressione del pensiero e del linguaggio forbito?
Sembra evidente a tutti i lettori che questo non è il modo corretto di fare giornalismo, in quanto il giornalismo è, innanzitutto, informazione, notizia, scoop, scioltezza e semplicità di linguaggio, tale da essere inteso da tutti i lettori, evitando narcisismi e trionfalismi.
Secondo la deontologia professionale, parlare di libertà d’informazione significa andare incontro ad una serie di valutazioni che attengono non solo alla sfera dei diritti imprescindibili della persona umana, tutelati dalla Costituzione italiana (art. 21) e dalle principali convenzioni europee, ma soffermarsi anche sui limiti di carattere oggettivo, stabiliti con norme, che presuppongono una serie di doveri. Se esiste, dunque, una libertà di espressione e di comunicazione, esiste allo stesso tempo un dovere etico-professionale, che non va mai trascurato.
Ora è lecito chiedersi: ma nel giornalismo ci sono limiti all’esercizio della satira? La risposta è senz’altro no. Per far riflettere col sorriso sulle labbra, la provocazione “premeditata-consapevole-inequivocabile” è lecita, anzi, utile. Ma certo il rischio della doppia lettura nella satira è un problema reale perché c’è una parte che capisce e sorride, magari a denti stretti, ed un’altra parte che capisce e s’indigna, intimamente offesa. Comunque è sempre meglio ricordare il proverbio che dice: “prendi in giro i fanti, ma lascia stare i santi”.
Infine, lasciateci dire che l’opinionismo, come lo chiamano i sociologi della comunicazione, o il giornalismo partigiano, non è un fenomeno nuovo. E’ fisiologico che l’esercizio del diritto di critica politica si accompagni al diritto di una informazione senza bavagli, perché sono complementari e l’uno non può stare senza l’altro. Ma, ovviamente, hanno funzioni diverse e contrastanti. La politica vive di tesi ideali, l’informazione di fatti reali. La distinzione è fondamentale. Confondere funzioni e scopi non fa bene alla politica ed è deleterio per la credibilità del sistema d’informazione. Naturalmente, un giornalista o pubblicista che sia, come un avvocato, un ingegnere o un operaio metalmeccanico, ha diritto alle sue opinioni, ma il lettore normale quando compra un giornale si aspetta notizie, non comizi. (27 settembre 2006-20:45)
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