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S. MARIA C.V. (CASERTA): PER CASSAZIONE REATO ESPORRE ACQUA IN VENDITA AL SOLE


Il commerciante che detiene alimenti in cattive condizioni igieniche compie reato "di pericolo presunto", il che non esige "per la sua configurabilita', un previo accertamento sulla commestibilita' dell'alimento, ne' il verificarsi di un danno per la salute del consumatore". Lo sostiene la Cassazione, che ha respinto il ricorso di due esercenti contro una sentenza del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, che li aveva condannati alla pena dell'ammenda per la contravvenzione dell'articolo 5 (lettera d) della legge 283/1962. Nel loro negozio erano state ritrovate confezioni di acqua e bibite "collocate all'aperto, accatastate alla rinfusa, impolverate ed esposte, per carenza di idonea copertura, all'aria, alla luce solare e agli agenti atmosferici". La terza sezione penale della Suprema Corte (sentenza n. 28355) ha sottolineato che "il reato si consuma anche con la semplice detenzione delle sostanze alimentari in condizioni igieniche precarie" e che "l'inosservanza delle prescrizioni igienico-sanitarie intese a garantire la buona conservazione del prodotto e' di per se' sufficiente ad integrare la contravvenzione di cui all'art.5 (lettera b) e 6 della legge 283/1962". Con le suddette disposizioni, osservano i giudici di piazza Cavour, "si e' voluto garantire, a tutela della salute pubblica, l'assoluta igienicita' delle sostanze alimentari anche mediante il divieto di produrre e porre in commercio, senza che sia necessario il perfezionamento di una compravendita, alimenti in cattivo stato di conservazione"(9 agosto 2006-23:59)

 
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