Cinquantamila tonnellate di rifiuti pericolosi provenienti da Caserta, dalla Campania e dalla provincia di Foggia smaltiti in otto anni da una vera e propria organizzazione i cui componenti sono accusati di associazione a delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti pericolosi e non mediante la loro raccolta, trasporto, recupero ed illecito smaltimento. Sono state arrestate 23 persone - 13 in carcere, 10 ai domiciliari e 3 persone sottoposte alla misura dell'obbligo di dimora - e denunciate altre 28. I dettagli dell'operazione "Dry cleaner", che ha interessato le province di Benevento, Avellino, Napoli, Caserta, Salerno, Foggia e Siracusa ed è stata condotta dal gruppo carabinieri Tutela Ambiente di Napoli e il comando provinciale di Benevento, con il supporto dei comandi provinciali di Napoli, Avellino, Salerno, Caserta, Foggia e Siracusa e del 7° Elinucleo di Pontecagnano sono stati illustrati stamani. Le 26 ordinanze di custodia cautelare sono state emesse dal gip del tribunale di Benevento, Simonetta Rotili in accoglimento della richiesta formulata dal sostituto procuratore, Francesco De Falco, coordinata dal procuratore della Repubblica, Ruggero Pilla. L' inchiesta, sviluppata nell'arco di un anno e mezzo dal Noe di Napoli, ha permesso di scoprire i contorni della organizzazione che avrebbe dovuto smaltire gli ingenti quantitativi di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi a lei affidati ma che, in realtà, sversava direttamente su siti non autorizzati ubicati nelle campagne del beneventano circostanti Pesco sannita e Benevento, Altavilla Irpina, Bonito nell' Avellinese e in corsi d'acqua superficiali senza alcun trattamento sui rifiuti stessi. I militari - è stato spiegato durante un incontro con i giornalisti - hanno individuato una quantità esorbitante di rifiuti di tutti i tipi, dagli scarti agroalimentari ai fanghi delle fosse settiche, agli oli minerali esausti per finire ai rifiuti di bonifica provenienti dallo smantellamento di aree di servizio, in particolare morchie da serbatoi contenenti idrocarburi, nonché fanghi di lavanderia a secco. I rifiuti provenivano da tutta la regione Campania e dalla provincia limitrofa di Foggia e lo smaltimento illecito andava avanti fin dal 1998. Fulcro di tutti i traffici illeciti nei quali sono coinvolte a vario titolo una dozzina di imprese del ramo, una nota azienda di Bonito che veniva utilizzata sia come sito terminale di smaltimento illegale che come copertura per i propri trasporti per i quali il responsabile del gruppo rilasciava falsi attestati di smaltimento. Secondo quanto è emerso dalle indagini, parte dei rifiuti provenivano anche dalla raccolta differenziata effettuata da alcuni comuni che, ignari, hanno continuato a pagare per il loro corretto smaltimento attività totalmente illecite. I carabinieri hanno inoltre individuati anche siti "fantasma" ossia finti luoghi di destinazione dove i rifiuti avrebbero dovuto essere smaltiti o trattati, in realtà venivano poi smaltiti illegalmente in siti non autorizzati. Tra le persone coinvolte anche un chimico che forniva certificati di analisi falsi per il trasporto dei rifiuti e che suggeriva le operazioni più opportune per sviare le attività di indagine. Proprio la cessione degli elementi inquinanti contenuti in questi rifiuti nelle coltivazioni delle aree interessate agli sversamenti ed occultamenti, avrebbe determinato la nocività dei prodotti agricoli, con conseguente pericolo per la salute dei consumatori, costringendo l'autorità giudiziaria a configurare ed a contestare anche il "disastro ambientale" (11 maggio 2006-13:15)
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