CASERTA, 28 febbraio 2022 – A distanza di dodici anni dai fatti, i figli e la moglie di un uomo che all’epoca aveva 71 anni, attendono ancora che sia fatta luce sulla morte del proprio congiunto deceduto in una clinica casertana, dopo un precedente ricovero presso una struttura sanitaria del Napoletano. Ad oggi, dopo un processo penale che ha visto l’archiviazione della posizione di quattro medici e la relazione di un perito che ha indicato quale responsabile del decesso una struttura clinica privata di Maddaloni, è ancora in corso un processo civile per danni e risarcimento avviato nel 2017 davanti al tribunale di Santa Maria Capua Vetere. Il procedimento riguarda la morte di Felice De Cristofaro, originario di Recale (Caserta), deceduto nella clinica San Michele di Maddaloni nel febbraio del 2010 a causa di una infezione contratta nella struttura. I familiari dell’uomo che, oltre alla perdita del loro congiunto hanno dovuto impegnare anche risorse economiche per le consulenze da affidare a propri periti, attendono ora impazienti l’udienza fissata alla fine di aprile per conoscere il contenuto della relazione del consulente del giudice civile, dopo uno slittamento del novembre dello scorso anno. Dopo un tentativo di mediazione non andato a buon fine, i familiari (la moglie Maria Teresa Gentiluomo ed i figli Maria Grazia e Giampiero De Cristofaro) hanno proceduto ad avviare un’azione legale civile contro la clinica San Michele di Maddaloni. Azione legale con la quale chiedono al giudice, tramite il loro legale, di accertare due profili di responsabilità. Da un lato, la carenza assistenziale imputabile alla struttura che avrebbe consentito causato un’infezione polmonare ospedaliera contratta all’interno della struttura determinando poi la insorgenza della sepsi che ha portato alla morte del paziente e, dall’altro, la negligenza di sottoporre il paziente, nel caso di pregressa infezione, ad un intervento cardiochirurgico, pure in presenza di neutrofilia, senza dunque indagare preventivamente sulle cause dell’alterazione dei valori e senza attendere un miglioramento del quadro clinico del paziente medesimo. Circostanza, scrive il legale della famiglia De Cristofaro, che porterebbe anche alla ulteriore responsabilità della Casa di Cura San Michele per una ipotesi di lesione del diritto alla autodeterminazione del paziente, ‘derivante dalla mancata rappresentazione a quest’ultimo della esistenza di un quadro clinico alterato già prima dell’intervento chirurgico e dalla conseguente esistenza di rischi esponenzialmente maggiori derivanti dalla esecuzione di un intervento, in presenza di un quadro clinico alterato per la presenza di neutrofilia’. Un aspetto che riguarda la sottoposizione alla firma di un consenso informato ritenuto ‘vago’ o ‘incompleto’. De Cristofaro fu ricoverato prima in una clinica della provincia di Napoli e poi trasferito da lì alla San Michele: si trattava di eseguire un intervento di angioplastica coronaria (sostituzione valvolare aortica) e una rivascolarizzazione miocardica ma l’uomo finì in terapia intensiva fino al decesso. Nessuno potrà restituire il signor Felice alla famiglia che pretende però giustizia per individuare la reale responsabilità di quella morte. Ovviamente, i legali della clinica portano avanti le loro tesi difensive ma la vicenda ha causato nel frattempo anche un danno biologico ad uno dei figli
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