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INCHIESTA GIUDICI TRIBUTARI: NELL'INCHIESTA 'SEGNALZIONE' PADRE SCRITTORE

Il padre dello scrittore Saviano - così come diffuso da diverse agenzie stampa e dalla rete internet - figura nelle carte dell'inchiesta sugli arresti dei giudici tributari avvenuti oggi nel Napoletano. Luigi Saviano, già sotto processo a Santa Maria Capua Vetere per un processo sulle truffe alle Asl, sarebbe stato segnalato per un ricorso presentato presso la commissione tributaria. Nell'indagine figurano anche riferimenti alla provincia di Caserta

Caserta, 19 marzo 2012 (Casertasette) - C'é voluta un'inchiesta su un clan tra i più radicati e potenti della Campania, il clan Fabbrocino, per aprire uno squarcio nel mondo ovattato delle commissioni tributarie.
E comprendere che molti giudici tributari, oltre a essere anche consulenti di aziende più o meno compromesse, scambiavano favori con i colleghi componenti delle commissioni: io aiuto il tuo cliente che fa ricorso contro gli accertamenti della Finanza, tu aiuti il mio. Un vero e proprio "mercato delle sentenze". Un "segnale grave", ha commentato il ministro dell'interno Annamaria Cancellieri. Sono sedici i giudici tributari arrestati dalla Guardia di Finanza, di cui tredici ai domiciliari e tre in carcere; a loro si aggiungono altri dieci funzionari pubblici, sessanta in tutto gli indagati. Tra i giudici tributari arrestati c'é Anna Maria D'Ambrosio, considerata l'ideatrice del sistema do ut des. Consulente della famiglia Ragosta, la quale è ritenuta prestanome del temibile clan Fabbrocino, la D'Ambrosio, secondo il gip Alberto Capuano, ha tessuto una rete che attraverso uno scambio reciproco di favori, segnalazioni ed aggiustamenti di sentenze e di pilotaggio delle assegnazioni a giudici relatori compiacenti e disponibili a barattare l'esito dei ricorsi tributari in cambio di merce dello stesso tipo, sentenze spesso addirittura falsificate e scritte dallo stessa parte privata ricorrente, hanno per lungo tempo e con assoluta costanza turbato l'esercizio della giustizia tributaria. Il risultato è stato "l'indecoroso spettacolo di un vero e proprio mercato delle sentenze", come ha scritto il gip Alberto Capuano. Sono state eseguite complessivamente 22 ordinanze di custodia in carcere, 25 ai domiciliari e 13 divieti di dimora a Napoli. L'inchiesta - coordinata dal procuratore aggiunto Federico Cafiero de Raho e dai pm Francesco Curcio, Alessandro Milita e Ida Teresi - è incentrata soprattutto sull'attività della holding Ragosta: una azienda partita dal nulla che nel corso degli anni ha esteso i suoi affari dalla siderurgia ad altri settori, come quello alberghiero-immobiliare, rilevando aziende come la Acciaierie Sud e il biscottificio Lazzaroni. Per gli inquirenti le fortune del gruppo hanno una sola spiegazione: riciclaggio di denaro di provenienza illegale. Gli investigatori ritengono infatti che i Ragosta reimpiegassero, attraverso versamenti in contanti su conti esteri, il denaro del clan Fabbrocino. Ordinanze di custodia in carcere sono state emesse, tra gli altri, nei confronti dell'imprenditore Fedele Ragosta e e di Franco Ambrosio, già detenuto, ritenuto un esponente apicale della cosca. Un miliardo è il valore dei beni sequestrati dai finanzieri di Napoli, che hanno ricevuto il "vivissimo compiacimento" del comandante generale della Guardia di Finanza, generale Nino Di Paolo. Sigilli a un importante albergo a Taormina, due hotel a Vietri sul Mare, nel salernitano, un palazzo a Roma. Le accuse vengono respinte con fermezza dai Ragosta. "La procura non può accusare il gruppo Ragosta di essersi arricchito con l'evasione tributaria e, contestualmente, di non riuscire a giustificare la provenienza della sua ricchezza", ha detto l'avvocato Mario Papa, difensore dell'imprenditore Fedele Ragosta. Tra gli arrestati figura anche un noto professore universitario: l'avvocato Enrico Potito, docente di Diritto tributario alla Federico II. E' accusato di aver scritto, per conto di privati, sentenze sui ricorsi che poi i giudici tributari firmavano. Dalle carte dell'inchiesta è anche emerso che uno dei giudici tributari, Corrado Rossi, aveva raccomandato il padre dello scrittore Roberto Saviano. "La corruzione è un fenomeno più diffuso di quanto si immagini". E per fronteggiarla occorre "mettere la giustizia in grado di funzionare" investendo in risorse e adeguando gli organici, in primo luogo quello del personale amministrativo, ha sottolineato Alessandro Pennasilico, procuratore reggente di Napoli.
Il padre dello scrittore Roberto Saviano - si apprende dalla rete e dalle agenzie di stampa - sarebbe stato segnalato, in relazione a un ricorso, da Corrado Rossi, uno dei giudici tributari arrestati oggi nel corso del blitz della Guardia di Finanza. La circostanza è riportata nell'ordinanza di custodia cautelare emessa su richiesta dei pm della Direzione distrettuale antimafia di Napoli. Nel provvedimento, in particolare, è riportata una intercettazione ambientale risalente all'8 aprile 2009 nella stanza della seconda sezione della Commissione tributaria provinciale di Napoli durante la quale un uomo non meglio identificato e "la signora Manzillo parlavano del ricorso del padre di Roberto Saviano segnalato da Corrado Rossi". "A tal proposito - è scritto nell'ordinanza - si può notare che accanto al nome di Saviano (e Colella) il giudice Corrado Rossi ha trascritto negli appunti, alla voce ricorsi, la somma di euro 6.000,00". L'intercettazione avviene nella stanza della segreteria. ...... UOMO: Ah Roberto (verosimilmente il nome del segretario della sezione, annotano gli inquirenti) gli volevo dire che ho il fascicolo del padre di Roberto Saviano. LILIANA MANZILLO: ahhh. UOMO: è raccomandato da Corrado Rossi! perché il padre di Roberto Saviano vive, anche Roberto Saviano è originario di Frattamaggiore, il padre di Roberto Saviano è un medico di base ha fatto la combine con i centri medici, le radiologie e mo ha il fascicolo da me e poi Corrado Rossi mi ha raccontato tutta la storia, i genitori di Roberto Saviano si sono separati ed il padre... è mezzo imbroglioncello.'.

 
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