CASERTA, 27 giugno 2010 – «A vicenda oramai chiarita, come ho avuto modo di apprendere dalle parole dello stesso Arrigo Petacco che ha parlato di ‘leggenda’ e, messe da parte le dichiarazioni del ministro Maroni che aveva onestamente precisato di fare una dichiarazione con il beneficio dell’inventario, colgo l’occasione per invitare lo stesso ministro Maroni e il ministro Galan nel Real Sito di Carditello, in provincia di Caserta, dove nel 1500 fu allestito il primo caseificio sperimentale borbonico. Un invito per una visita e, perché no, per un loro sostegno nel rilancio della struttura e nel recupero del territorio, temi magari da approfondire nel corso di un apposito convegno». Queste le parole di Luigi Chianese, presidente del Consorzio per la Tutela della Mozzarella di Bufala Campana Dop all’indomani di una presunta paternità longobarda della mozzarella citata da Maroni sulla base di una confidenza di Arrigo Petacco il quale ha poi a sua volta ha precisato di aver detto una ‘battuta, uno scherzo’ relegando il tutto a una ‘leggenda’. «Inutile soffermarsi – prosegue Chianese - sulle due ipotesi legate all’arrivo delle bufale in Campania: l’invasione longobarda da un lato e i re Normanni dalla Sicilia dall’altro, dove l’animale era stato introdotto dagli Arabi. Fatto sta che il bufalo, mille anni fa, ha trovato un ambiente naturale in provincia di Caserta tant’è che si parla di ‘mozza’ a proposito di una produzione casearia avvenuta nel monastero di San Lorenzo a Capua e in un libro del 1570 di Bartolomeo Scappi, cuoco alla corte vaticana». Per il presidente dell’ente consortile, il rilancio del territorio casertano (zona in questi ultimi mesi visitata spesso dal ministro Maroni in occasione dei comitati interforze presso la Prefettura di Caserta) «non può che passare anche dal sostegno alle eccellenze del territorio come la mozzarella di bufala dop, prodotto che continua a tenere sui mercati nonostante gli attacchi subìti». Il Consorzio, che già è promotore di un’iniziativa con l’associazione Libera per la realizzazione di attività casearie su beni confiscati, è convinto dell’importanza strategica del Real Sito di Carditello. «La mozzarella – conclude Chianese – potrebbe portare legalità anche in questo territorio – e qui coinvolgo il ministro Maroni – con l’avviamento di un alle¬vamento di bufale, affiancato da un progetto di ricerca sulla specie bufali¬na oltre a ricreare un piccolo caseificio artigianale-didatti¬co, al fine d’inserire nel circuito turistico casertano e campano lo splendito sito della Reggia di Carditello e promuovere, ad pubblico sempre più vasto, il pro¬dotto di punta dell’agroalimentare regionale: la nostra mozzarella di bufala campana dop».
Il retroscena
MILANO, 26 GIUGNO 2010 - Da Milano il ministro dell'Interno Roberto Maroni aveva aperto il dibattito sulle origini della mozzarella che, secondo quanto gli ha riferito lo storico Petacco, è stata portata in Italia "dai Longobardi". Secca la replica della Campania, con il neo consigliere Vito Amendolara, delegato all'Agricoltura dal presidente della Regione Stefano Caldoro: "con spaghetti e pizza è un prodotto appetibile per i consumatori e quindi ce la vogliono portare via". Secondo Amendolara, per fugare qualsiasi dubbio sulle origini dell' 'oro bianco' sarebbe necessaria una rigorosa ricerca storica: "di certo so che il latte di bufala campana, l'ingegno e l'operosità dei trasformatori fanno della mozzarella campana dop un prodotto conosciuto, apprezzato e gustato in tutto il mondo, quindi è targato Campania". "In sostanza, ammesso che l'origine sia riconducibile al Nord, oggi la mozzarella dop è solo campana", ribadisce Amendolara. Il 90% della mozzarella di bufala dop viene infatti realizzato in Campania ed esiste un disciplinare dell'UE che non lascia dubbi: la mozzarella di bufala campana dop può essere prodotta in sole otto province italiane, di cui quattro in Campania. Per il presidente di Confagricoltura Campania Michele Pannullo le fonti storiografiche sono abbastanza concordi nell'evidenziare che la mozzarella nasce in Campania e precisamente a Capua, dove veniva prodotta da monaci dopo che le bufale erano state trasportate nell'attuale sud Italia dai Saraceni. "Il ministro Maroni tenta uno 'scippo' ai nostri danni - sostiene Pannullo - è un ulteriore segno della bontà di un prodotto che ci viene invidiato da tutto il mondo ma che ci appartiene senza alcuna ombra di dubbio". "E' inutile, quindi, che altri provino ad appropriarsene travisando la verità, noi non lo consentiremo", replica al ministro Maroni il presidente campano di Confagricoltura.
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