Contributo di Giuseppe Sangiovanni Cinquanta ebrei, salvati dal cuore. Il cuore grande, di un’intera comunità, che li aveva accolti come fratelli. Sfamati, difesi e amati da tutti gli abitanti di Tora e Piccilli. Dolori, fame, paure e speranze- vissute insieme. Senza fare distinzioni di razza.
“Tutti sapevano in paese- sottolinea Alfredo Iulianis, ex carabiniere e memoria storica di Tora- nei pattugliamenti non “vedevamo” nessuno: mi sono fatto consegnare le armi, le ho registrate qui- (mostra il registro) e nulla più.
Iulianis, baffetti che ricordano vagamente Simon Wiesenthal, non si sente un eroe. “Non abbiamo fatto nulla di eccezionale, ci siamo comportati normalmente- tempi duri per tutti, eravamo tutti fratelli- una grande famiglia, aumentata di cinquanta unità”.
L’ex carabiniere, preferisce non scendere nei particolari. “Lo abbiamo fatto con tutto il cuore”- taglia corto Iulianis- non alla ricerca di applausi o lodi esterne- premiato dalla soddisfazione interna che la coscienza del bene regala agli uomini di buona volontà.
Una comunità, quella di Tora, che apprezza l’iniziativa di Vittorio Gallicchi, senza scomporsi troppo, forte dell’elemento “indigeno”- che favori l’integrazione nel 1943. Comune nell’ultima settimana finito, per ben due volte all’attenzione del Presidente Ciampi, che potrebbe prossimamente visitare il piccolo centro, noto per le famose “Orme del Diavolo”- scoperte e custodite da oltre mezzo secolo dallo stesso Iulianis, storico del luogo, apprezzato autore di pubblicazioni, riguardanti il borgo natio.
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