*100 ANNI FA IL PREMIO NOBEL A CARDUCCI: INTERVISTA ALLO STORICO LUBRANO*
Data: Domenica, 10 dicembre @ 08:55:39 CET
Argomento: Cultura




10 DICEMBRE 1906 PREMIO NOBEL PER LA LETTERATURA A GIOSUE’ CARDUCCI.
Fu anche uomo politico?

Giovanna Canzano
intervista
Giovanni Lubrano di Scorpaniello
10 dicembre 2006

A cento anni dal conferimento del primo Premio Nobel per la letteratura all’italiano Giosuè Carducci, è necessario “rilanciare e riscoprire”l’immensità del genio maremmano, sia come poeta le cui prose hanno incantato generazioni di studenti, dal Risorgimento in poi, e come politico, un elemento meno noto del “Professore”. Di tale secondo aspetto ne abbiamo parlato con lo storico Giovanni Lubrano di Scorpaniello.


LUBRANO. Dottoressa Canzano, buongiorno, come sta? Sono pronto a parlare con Lei del “Caso Moro”....

CANZANO. Veramente, pensavo di scambiare con Lei qualche riflessione su Giosuè Carducci, perchè si avvicina il centenario del conferimento del Premio Nobel per la letteratura a questo grande Poeta......

LUBRANO. Non solo Poeta, ma anche politico, educatore, il più grande cantore laico del miglior Risorgimento, in specie di quello precedente all’entrata in Roma delle truppe del nuovo stato. Si, il dieci dicembre 1906 l’Accademia di Svezia ritenne Carducci, primo di una non nutrita schiera di italici pensatori e scienziati, meritevole di quell’ambitissimo riconoscimento. Non potè goderlo a lungo, perchè morì nel febbraio del 1907.

CANZANO. Speravo di coglierLa in castagna, ma Lei è un mostro....

LUBRANO. Capisco che Lei, giovane Signora, si riferisca alle mie fattezze: sì, sono basso, brutto e grasso. E me ne vanto. Scherzo, vorrei essere giovane e esile come Lei....

CANZANO. Lei ha parlato di Carducci anche come politico....

LUBRANO. A prescindere dalla sua elezione a deputato di Lugo di Romagna e più volte a consigliere comunale di Bologna, ove insegnò, e dalla sua nomina a Senatore del Regno, su proposta del presidente del Consiglio Francesco Crispi (1890), Carducci fu un grande Patriota: pur lontano dall’azione ne secondò il corso con le sue armi predilette, il pensiero, la penna e la cattedra. E, in cima a tutto, la necessità di forgiare una nuova Italia, forte, libera e rispettata in una nuova Europa.

CANZANO. Ma, lui massone fu contro il papato....

LUBRANO. A ragion veduta. Contestò “la falsa cattedra del successor di Pietro.” Fu un estimatore, come me della Repubblica Romana del 1849, del triumviro Mazzini e “dell’Eroe dei due Mondi,” Garibaldi. Spero che ai suoi e miei Amici napoletani non venga l’orticaria, a sentir pronunciare quei nomi

CANZANO. Se del caso, gliela farò passare io ma cosa c’entra Pio IX?

LUBRANO. Quel papa fu un imbroglione: fece credere di avere idee liberali, poi gettò la maschera, lasciando nelle peste, e nella polvere “della fatal Novara”, il povero Carlo Alberto e quanti avevano scommesso sul pontefice, su cui, all’inizio, si appuntavano gli occhi e le speranze di chi anelava a liberare l’Italia dal servaggio dello straniero. Se si fosse saldata l’alleanza fra Carlo Alberto e il papa, le cose italiche avrebbero preso senz’altro una piega diversa. Ma quel papa – re “mollò” Carlo Alberto dopo averlo illuso che le sue truppe si sarebbero unite a quelle sabaude per tentare di sconfiggere il maresciallo Radetzki. E Carlo Alberto prese la via dell’abdicazione e dell’esilio.

CANZANO. Ma Carducci, nato nel 1835, aveva 14 anni all’epoca della Repubblica di Roma....

LUBRANO. Vero, ma questo, e poi altro, gli aprirono presto il cervello, a 24 anni.

CANZANO. Poi altro, che cosa?

LUBRANO. Le stragi di Perugia del 20 giugno1859......

CANZANO. Che c’entra Perugia?

LUBRANO. Non mi interrompa, ho tutto qui: ricorda la celebre lettera dei fratelli Caponi, i formidabili, unici, Totò e Peppino De Filippo, nel film “La mala femmina”? Lo stato pontificio comprendeva Lazio, Umbria (e, dunque, Perugia), Marche, Emilia. Nella città umbra scoppiò un moto popolare: fu represso ferocemente. Le truppe di quel papa – re, al comando dello svizzero Schmidt, lo liquidarono in tre ore e mezzo. Le care “guardie svizzere” misero a ferro e fuoco la città “irruppero nei conventi di benedettini, e cistercensi, saccheggiarono, stuprarono e assassinarono, con belluina ferocia - ha scritto Aldo A. Mola- 50 perugini, compresa una vecchia sorda. Gli Svizzeri persero dieci uomini e lamentarono 35 feriti; i perugini, oltre ai morti, contarono 120 feriti e 120 prigionieri, gettati a marcire nelle carceri papaline”.

CANZANO. Come reagì Carducci, al massacro?

LUBRANO. Col sonetto “Facit indignatio....” divenne “storico militante.” Incalzò senza quartiere il “ capo” degli stragisti, menò fendenti contro il clero e il potere temporale del papa: “Con la stessa penna di allievo degli Scolopi- aggiunge Mola- ovvero con tutti i necessari distinguo tra fede verace e suo mercimonio. Il sonetto su quella carneficina fece da apripista per identificare Risorgimento nazionale e ritorno al cristianesimo delle origini. In un secondo tempo venne interpretato quale condanna senz’appello alla chiesa cattolica. Fu recitato migliaia di volte.”

CANZANO. Ma indirizzò i suoi strali solo verso il regno del papa?

LUBRANO. Certamente no. Poco prima di quella invettiva anti-papalina si era soffermato sui “badroni” austriaci: “Guerra a’ tedeschi, immensa eterna guerra / tanto che niun ci riveda i patrii tetti / e tomba a tutti sia l’itala terra/”.

CANZANO. Parole adatte ad un pacifista....

LUBRANO. No, dure come il marmo. Contro Francesco Giuseppe d’Austria leverà alta la condanna, dopo il generoso, e vano, tentativo suo e di Victor Hugo, di salvare dal patibolo l’istriano Guglielmo Oberdan. Quel patriota era stato condannato a morte, nel dicembre 1882, reo confesso di progettato attentato contro “Cecco Beppe.”
Caduto nel vuoto il disperato appello, Carducci bollò l’infame come” imperatore degli impiccati e profetizzò.“Riprendemmo Roma al papa, riprenderemo Trieste all’imperatore. A questo imperatore degl’impiccati.”

CANZANO. Non aveva certo peli sulla lingua.....

LUBRANO. La sua produzione intellettuale ha qualcosa di eccezionale. Solo di lettere d’amore, credo che ne abbia scritte 600.Verifichi. Forgiò generazioni,e generazioni, e generazioni di studenti.

CANZANO. Fu anche un grande amatore?

LUBRANO. Di moglie ne ebbe una sola: Elvira Menicucci che gli sopravviverà. Di donne, che furono sue “ muse,” due: Carolina Cristofori Piva ( “Lydia”) e l’italo-britanica Annie Vivanti. Ebbe cinque figli: Beatrice (“Bice”) Laura, Francesco, Dante (morto a tre anni) Libertà (la “ Tittì” di “Davanti a S. Guido”). Ebbe due fratelli: Dante, morto tragicamente in casa, forse a causa di un alterco col padre, il medico Michele; e Valfredo che come direttore del convitto scolastico comunale di Forlimpopoli si trovò, tra gli allievi, un “Giovinotto” che, avrebbe fatto strada, un tal Benito Mussolini. Il futuro Duce, assai turbolento, fu tenuto d’occhio da Valfredo che ne intuì prontezza e vivacità.

CANZANO. Ammiratore di Garibaldi?

LUBRANO. Sequì il “Generale” fin dal tempo della Repubblica Romana. E ,subito dopo Aspromonte, 29 agosto 1862, attaccò il governo, dove “Rattazzi impera”/ e geme in ceppi il vindice/ Trasibul di Caprera/”. O come quando, riferendosi all’altro sfortunato tentativo di Garibaldi di occupare Roma, nel 1867 ed alla sconfitta di Mentana, esaltò le vittime romane del carnefice papale, il famoso boia soprannominato da sempre “ mastro Titta” dedicando un’ode “A Giuseppe Monti e Gaetano Tognetti martiri del diritto italiano.” I due avevano fatto saltare per aria la caserma Serristori e la vendetta fu implacabile.”Tu su gli occhi de i miseri parenti / ( e son tremuli vegli al par di te)/ scavi le fosse a i figli ancor viventi / chierico sanguinario e imbelle re/ Deh, prete, non sia ver che dal tuo nero/ antro niun salvo a l’aure pure uscì / Polifemo cristian, deh non sia vero/ che tu nudri la morte in trenta dì/. E, sempre a proposito delle operazioni del 67, dedicò un’ode “Per Eduardo Corazzini morto delle ferite ricevute nella campagna romana del MDCCCLXVII “....in vece di ghirlande le fanciulle/ vestonsi i neri panni / mancan le vite e le aspettanti culle /...maledetti i tiranni !.../ O prete,/ godi. Di larga strage il breve impero / empisti e le tue brame./ Trionfa nel tuo splendido San Pietro/ o vecchio prete infame./.

CANZANO. In che epoca scrisse quei versi?

LUBRANO. 1868. Lei penserà che, nell’euforia che regnava nella “nuova” Italia, tutti fossero d’accordo col Carducci. Invece....

CANZANO. Invece?

LUBRANO. Avvenne che le sue idee di modernizzazione laica dell’Italia non solo si scontrassero con le alchimie politiche del tempo....

CANZANO. Cioè?

LUBRANO. Esisteva un accordo tra governo italiano e Napoleone 3° imperatore di Francia, grande e interessato protettore del papato, accordo in base al quale l’Italia non avrebbe potuto entrare in Roma.

CANZANO. E gli altri ostacoli?

LUBRANO. Già, di per sè, sarebbe bastato il “macigno” politico ma Carducci fu sottoposto, con due colleghi dell’ateneo bolognese, a inchiesta ministeriale. Il reato di cui si era macchiato? Aveva distratto fondi pubblici? Era accusato di pedofilia? D’aver molestato prosperose fanciulle? Aveva turbato in qualche maniera l’ordine pubblico? No, “nientepopodimenoche” – per dirla con l’ndimenticabile Mario Riva – si era permesso di aderire alla rievocazione della repubblica romana del 1849 e aveva plaudita a Mazzini e Garibaldi. P.Q.M. fu sospeso, dalla cattedra e dallo stipendio, per due mesi e mezzo, il lestofante. Ha capito bene signora Canzano?

CANZANO. Si lei che ne pensa?

LUBRANO. Per dirla con un altro toscano, il Sommo, le risponderò: “Ahi serva Italia di dolore ostello/nave senza nocchiere in gran tempesta/non donna di provincia ma bordello!/”. Un po’ la storia di oggi: i migliori sono costretti, per la piccineria di stratificati interessi, politico-clientelari, ad emigrare all’’estero.

CANZANO. Carducci, però rimase.

LUBRANO. Si pur trangugiando veleno per il modo in cui la “nuova” Italia, in cui fermamente credeva e alla costruzione della quale aveva offerto tutto il suo sapere, con la disciplina dell’insegnamento, compose, nel 1874,”Davanti San Guido,” un capolavoro unico. Se permette tra “ quel ramo del lago di Como” e “I cipressi che a Bòlgheri alti e schietti/ van da San Guido in duplice filar./ beh, io opto decisamente per il testo carducciano.

CANZANO. Quale fu la motivazione del Premio Nobel?

LUBRANO. A Stoccolma intuirono che era venuto il momento di conferire il Premio ad uno scrittore che si era e si identificava con uno Stato di recente formazione e la scelta caddè sul Nostro.” Un poeta continuamente ispirato all’amor di patria e che non a mai fatto torto alle proprie convinzioni, è una natura ideale.

CANZANO. Grazie.

LUBRANO. A Lei.







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