ATTENTATO IRAQ: PER PAGLIA NON BISOGNA MOLLARE
Data: Sabato, 15 novembre @ 08:26:52 CET
Argomento: Difesa




Nessuno più di lui forse sa cosa significhi trovarsi a Nassiriya in queste ore. Andare avanti a tutti i costi, quando accanto a te ci sono delle bare di legno scuro con dentro i tuoi amici, per trasformare un sogno che si chiama pace in realtà. Perché lui aveva lo stesso identico sogno, nel '93 in Somalia, spezzato da una raffica di mitra infame sparata alle spalle che lo ha costretto per il resto della vita su una sedia a rotelle. Lui e' Gianfranco Paglia, 33enne capitano della Brigata Bersaglieri Garibaldi di Caserta, il basco amaranto dei parà portato ancora con orgoglio. Un eroe, come i militari morti in Iraq. Il 2 luglio del '93 aveva 23 anni, stava a Mogadiscio con il 186/esimo reggimento paracadutisti Siena, al check point 'Pastà. Alle nove di mattina arrivò la prima raffica sugli italiani e fino alle due del pomeriggio si sparò con tutto quello che c'era. Morirono tre soldati italiani e altri 22 rimasero feriti. Tra questi il più grave fu proprio Gianfranco: la raffica che il destino gli aveva riservato arrivò attorno a mezzogiorno, colpendolo al midollo spinale. Nulla da fare, il futuro era in carrozzella. Rimaneva l'orgoglio di averci comunque provato, di aver fatto quello in cui si è sempre creduto, di non voler mollare mai. Per questo, quando mercoledì le televisioni hanno cominciato a riversare in Italia le tragiche immagini di Nassiriya, Gianfranco ha provato le stesse sensazioni di dieci anni fa. "E ai miei compagni che sono laggiù - dice - dico di continuare a cercare di portare la pace, di fare il loro dovere, di non mollare". "Ma so già - aggiunge - che lo stanno facendo. E' inutile ribadirlo". Tornato dalla Somalia, Gianfranco Paglia si è trasferito da San Leucio, nel casertano, a Caserta Vecchia, si è sposato con la sua fidanzata di sempre, Giovanna, di un anno più grande di lui e da un anno e 4 mesi ha una figlia. L'ha chiamata Vittoria. E' rimasto nell'Esercito. "Non ho mai pensato, neanche per un minuto, di andarmene e abbandonare tutto - spiega - è la mia vita e continua ad essere un onore indossare la divisa. La solidarietà di tutti, poi, è sempre stata alta. Ho avuto un grosso appoggio, non solo economico ma anche e soprattutto morale". Paglia lavora all'ufficio addestramento e in questi anni il 'regalo' ricevuto in Somalia non gli ha impedito di tornare all'estero. Sempre con l'obiettivo di concretizzare quell'antico sogno. E' stato in Bosnia e a fine mese sarebbe dovuto partire proprio per l'Iraq. Quando si è saputo dell' attentato è andato immediatamente dal suo comandante e gli ha detto: "Sono pronto". "Ho provato una grande rabbia - spiega - perché la fiducia che tu hai nelle persone che ti stanno attorno e per le quali stai rischiando la vita è venuta un pò a cadere. Poi però ho visto che la popolazione era dispiaciuta per quanto accaduto ed ho capito che, come in Somalia, loro non c'entravano con l'attentato". "Bisogna - prosegue - continuare a credere nei valori come l'onore, la lealtà, la patria. Continuare ad avere fiducia in quello che si fa perché è l'unica strada da seguire". Chi non potrà più farlo sono i militari e i carabinieri morti nell' attentato. Ai loro familiari va il messaggio del capitano Paglia. "Non possono far altro che avere fede ed essere orgogliosi dei loro figli, mariti e fratelli. Sembra assurdo e difficile in questo momento ma è la cosa più importante da fare perché loro sono morti credendo in quello che facevano". Gianfranco oggi è stato a Roma e, assieme al presidente della Camera Casini e al ministro della Difesa Martino, ha partecipato nella chiesa di S.Gregorio Nazianzeno alla messa di suffragio per le vittime dell' attentato di Nassiriya. "Dovevo e volevo esserci" dice, annunciando che sarà presente anche ai funerali di Stato previsti martedì a Roma. Quello che l'ha colpito, in questi giorni, è stata la reazione dell'Italia nei confronti di quei militari e di quei carabinieri. "E' stata sicuramente la cosa più bella anche se dell'affetto della gente non ho mai dubitato. Anche i politici - aggiunge - questa volta hanno fatto tutti un fioretto e, dopo i primi momenti, sono riusciti a dare un bell'esempio". Nel futuro prossimo di Gianfranco ci sono sua figlia Vittoria e il suo lavoro. Quello immediato, se fosse per lui, si chiamerebbe Nassiriya, per dare una mano, per rendersi utile. "Ormai non dipende da me ma se mi chiamassero non mi tirerei certo indietro. Bisogna andare avanti e portare a compimento l'opera che si era iniziata - conclude - soprattutto per chi non c'é più". Il sogno, in fondo, è sempre lo stesso.





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