Enrico Deaglio, direttore del Diario (vi sono lunghi scritti di Roberto Saviano) forte dell'insuccesso del precedente documentario, ne ha fatto un altro per dimostrare i brogli elettoriali di Berlusconi con i quali Berlusconi medesimo ha perso le elezioni. Ma il giudice Luigi Bitto sul Foglio e Peppino Calderisi e Marco Taradash sul Corriere spiegano la tesi campata in aria di Deaglio
(di Luigi Bitto, magistrato ) - La comparsa di Deaglio alla trasmissione di Lucia Annunziata su RaiTre mi ha ispirato una riflessione sulla abissale
ignoranza del sistema elettorale, che si riscontra
nel nostro paese. L’imbroglio del quale parla
Deaglio è impossibile. L’elaborazione dei dati
in via telematica, condizione necessaria affinché
quell’imbroglio possa essere effettuato, si
compie solo per le informazioni che i singoli
seggi sono obbligati a inviare alle prefetture a
scrutinio concluso. I dati risultanti, che sono
quelli immediatamente conosciuti, non hanno
alcun valore giuridico. I risultati ufficiali, gli
unici che determinano la costituzione del nuovo
Parlamento, sono quelli che vengono proclamati
circa una settimana dopo le operazioni
di voto, dalle commissioni elettorali, le quali
non utilizzano strumenti elettronici, ma trascrivono
con la biro il numero delle schede
bianche e dei voti validi, riportati da ciascuna
lista ed elencati nei verbali di ciascuna sezione
elettorale, in dei tabulati, e li sommano, determinando
in tal modo i risultati validi per ciascuna
circoscrizione. Una commissione elettorale
centrale, poi, somma i risultati di ogni circoscrizione,
calcolando l’unico risultato valido
per tutto il territorio nazionale e determinando
in tal modo la lista che ha diritto al premio
di maggioranza alla Camera. I risultati così ottenuti
nelle ultime elezioni politiche, senza
l’impiego di mezzi elettronici e perciò senza che
fosse possibile l’applicazione di un programma
fraudolento, non differiscono, come è noto, in
misura rilevante, da quelli non ufficiali, diramati
dal ministero dell’Interno.
Dov’è l’imbroglio? (da Il Foglio del 21 novembre)