SETTEMBRE AL BORGO: SUCCESSO PER REGGIANI-FOA'. STASERA MONI OVADIA
Data: Lunedì, 11 settembre @ 13:37:23 CEST
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Un incontro improvvisato quello di ieri (10 settembre) tra Arnoldo Foà, nei panni di sé stesso, e Francesca Reggiani nella veste inedita dell’intervistatrice. Due modi diversi di fare teatro, ma anche due epoche a confronto, in una miscela (molto ben riuscita) di battute, ricordi e suggestioni. Chiedere a Foà, classe 1916, come sia la vita a novant’anni è retorico e poi lui lo chiarisce subito: “Niente domande stupide”. L’immagine che offre di sé, comunque, già da sola dà la risposta: vispo, arguto, la pipa tra le mani, la voglia e la forza di salire sul palco intatte. Tutto questo azzera l’anno di nascita. La Reggiani sceglie una partenza soft, invitando l’attore a presentare le sue Storie di tango, spettacolo scelto per la trentaseiesima edizione di Settembre al Borgo. Ma ecco che il Maestro si rivela subito per quello che è: incisivo, concreto, nessuna voglia di parlarsi addosso e soprattutto ironico e sempre spiazzante. “Non capisco – dice – cosa spinga la gente ad andare a vedere uno spettacolo sul tango, mentre nel mondo succedono cose atroci. Comunque, mi pagano per farlo e non mi tiro indietro”. E non si tira indietro neanche da questo confronto dell’ultim’ora nato, com’è nello spirito del festival, per uscire da qualsiasi abitudine. Si lascia trascinare da una originale e preparata, Reggiani nella dimensione dei ricordi, “come quella volta in cui Totò mi disse che lo facevo ridere”. Ironicamente celebra il suo mito e smonta quello altrui: “So di essere bravo, ma essere un bravo attore non è rendersi protagonista, come fanno molti, ma restituire ai personaggi un’identità, fedele al testo”. Tocca i temi più vari, dai ricordi d’infanzia alla vita privata, passando dalla politica che, di questi tempi, è d’obbligo: il Ventennio vissuto da ebreo, ma anche “le mie quattro mogli, cui devo il mio successo”; il governo Berlusconi e quello attuale, “che non mi pare faccia tanto per la cultura”. Si emoziona come un bambino nel ridisegnare, accompagnandolo con il gesto della mano, “l’eden delle Seychelles: le palme, i pesci argentati, quell’ albero altissimo cresciuto su una roccia”. Le Seychelles sono state l’approdo dell’esilio volontario di Arnoldo Foà: “Me ne sono andato quando Berlusconi è andato al governo coi fascisti. Ho detto no, i fascisti non voglio più vederli”. Quattro anni lontano dall’Italia: esperienza che si unisce ad altra esperienza e infatti, come lo appella il registra Gabriele Vacis, seduto in prima fila nella splendida cornice medioevale dell’Annunziata, lui è “la stele di Rosetta del nostro teatro”, ma anche la sintesi della storia italiana dell’ultimo secolo. Dal Ventennio vissuto da ebreo a Prodi e Fassino, “che mi sono simpatici, per carità. Anche D’Alema mi è simpatico. Ma mancano di un programma unitario”. La Reggiani - alternando alle domande il racconto delle proprie esperienze, dagli esordi con Proietti alla televisione - riesce a umanizzare il mito e lui scherza, in uno scambio di tu e lei che ribadisce l’atmosfera, decisamente fuori ogni schema, di questo incontro. Non mancano i consigli ai giovani attori: “Parlare chiaro e farsi sentire bene. Lei – e si riferisce alla Reggiani – scandisce molto bene le finali. Merita un applauso”. Applauso. A Foà e alla Reggiani, capaci di cogliere e accogliere la provocazione della direzione artistica del Festival e di mettersi liberamente in gioco.(11 settembre 2006-13:36)

Cosa hanno detto di Settembre al Borgo..

Chi ha voluto si è appigliato alla dichiarazione a scena aperta di Sabina Guzzanti, che ha definito il festival “una botta di vita per la città”. L’artista romana voleva evidentemente sottolineare l’opportunità per Caserta di trasformarsi in palcoscenico internazionale durante la durata della rassegna, ma in molti hanno frainteso. Il concetto è invece ben chiaro a Piero Chiambretti, noto conduttore e già direttore artistico di Settembre al Borgo”, che con l’ironia che lo contraddistingue ha commentato: “Settembre al Borgo è un settembre in paradiso, vista la fatica che ci vuole per arrampicarsi fin lassù. Ma poi, una volta raggiunta Casertavecchia, non si vuole più scendere perché questa manifestazione è un vero Olimpo”. Mille e cinquecento presenze ogni sera, tra il teatro della Torre, il Duomo, l’Annunziata e i vicoli stracolmi di artisti di strada. La trentaseiesima edizione del festival attira tantissimi spettatori ed è proprio a loro che la Banda Osiris – che avuto l’onore e l’onere di aprire la rassegna – dedica un commento: “Noi siamo di casa qui a Casertavecchia, è la nostra quarta partecipazione. Il borgo è bellissimo, sembra di essere in Toscana, però il pubblico è molto più simpatico”. Per amici di vecchia data, ci sono artisti che invece sono al loro debutto a Settembre al Borgo. Alessandro Benvenuti, per esempio: “E’ stata la mia prima volta qui. Mi avevano detto un gran bene del borgo e del festival. Com’era nello spirito di questa edizione, ho proposto una serata assolutamente inedita, costruita passo dopo passo con la Banda improvvisa, in un percorso di innovazione”. Prima volta anche per Antonello Venditti, che sabato sera ha proposto un’inedita conversazione a tre con Federeico Moccia e Fabrizio Zampa: “E’ incredibile – ha dichiarato – che esista un posto in cui un cantante sia libero di non fare il cantante”. Questo posto è il borgo di Casertavecchia, che ha incantato lo scrittore Erri De Luca: “Se si trovasse in Francia, in Spagna o in qualsiasi altro luogo, sarebbe lo scenario canonico di ogni manifestazione culturale”. Sperimentazione: questa una delle parole chiave della trentaseiesima edizione del Festival che Francesca Reggiani – tra l’altro impegnata domenica scorsa in un fuori programma con Arnoldo Foà – ha definito “tra i più vivi e coraggiosi che ci siano in Italia”. La incalza Tony Laudadio, attore casertano spalla improvvisata di Goran Bregovic il 7 settembre: “Va riconosciuto il merito della direzione artistica che, in tutta la programmazione, ha puntato sull’originalità, assumendosene le responsabilità. Settembre al Borgo, quest’anno, si è rivelato un esperimento artistico di grande rilievo”. E nell’ambito delle sperimentazioni, la rassegna Vicolo Corto – che ha trasformato la chiesa dell’Annunziata in una sala multimediale – è stata una delle più riuscite, con il tutto esaurito nelle sei sere di programmazione. Entusiasta Alessandro Ferrara, giovane film maker che ha collaborato alla realizzazione dell’iniziativa: “Questo Festival è stata una grande occasione per promuovere il linguaggio breve del cortometraggio, che significa libertà di espressione”. (11 settembre 2006-13:36)





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