LETTERE DA S.MARIA C.V. (CASERTA)/2, TURISTA TEDESCO: ANFITEATRO BELLO MA MORTO
Data: Mercoledì, 08 giugno @ 13:02:48 CEST
Argomento: Beni Culturali


In una lettera inviata ad un quotidiano nazionale, un cittadino napoletano in visita all'Anfiteatro Campano di Santa Maria Capua Vetere lamenta una serie di problemi turistici e cita il caso di un turista tedesco che ha 'commentato' l'Arena sammaritana



"Domenica, famiglia al completo, si decide di evadere dal clima domestico; per non finire arrosto nelle lunghe file dei vacanzieri diretti alle calche balneari si opta per una più colta destinazione: Anfiteatro di Capua, Mitreo e museo dell’antica Capua. L’idea piace anche alle ragazze, 11 e 8 anni, stimolate dal mito (ad arte narrato) dei gladiatori. Percorriamo le strade interne che, da Napoli attraverso la Domitiana, la Piana dei Mazzoni e la zona dove sorgerà il nuovo scalo aeroportuale intercontinentale fanno rivivere un dolce paesaggio con bufale al pascolo, immense distese di foraggio e frutteti rigogliosi. Si arriva all’antica Capua, un cumulo di detriti, frutto dello scavo archeologico che interessa la zona e fa da cornice alla piazza sgangherata sul cui sfondo si nota il famoso anfiteatro. Le ragazze vengono rapite dal parco giochi istallato nella piazza. Bisogna aspettare che ci saltino e risaltino prima di convincerle a visitare l’anfiteatro. L’ingresso libero all’anfiteatro te lo fa sentire più tuo. Per loro è solo un cumulo di pietre e bisogna lavorare non poco per farle interessare, ora ricostruendone gli spalti, dopo descrivendone i marmi lussuosi, poi le migliaia di spettatori, le belve, il rumore delle catene, le armature dei gladiatori. Certo che lo stato è pietoso, l’erba più alta dei campi di foraggio visti nei Mazzoni, pezzi di lapidi accumulati dove capita e sotterranei abbandonati che per attraversarli bisogna giocare al salto in lungo. Quello che più manca è l’aspetto scenico che faccia rivivere quel marmo, quelle mattonelle, quelle gradinate. Notiamo una nuova struttura all’interno dell’anfiteatro: Museo dei gladiatori. Ci incamminiamo, un piccolo giardino fa da cornice. «Forse se la mamma (incinta all’ottavo mese) fosse venuta, piuttosto che restare al sole in macchina, avrebbe trovato ristoro all’ombra degli allori che crescono folti». Ci ricrediamo all’istante, non c’è una panchina e il prato incolto serve solo a nascondere i reperti di valore, depositati più che esibiti, per cui un visitatore stanco, anziano o cosa altro è costretto a fuggire per trovare ristoro. Si fugge anche per sete o appetito dall’anfiteatro, appurato che non esiste un bar o qualcosa di simile nel raggio di 400 metri. Ci dicono che il numero di visitatori non giustifica la presenza di un bar, ma si sa che sull’immagine bisogna investire e poi aspettare i risultati. Il Museo dei gladiatori piace molto alle ragazze ed effettivamente coinvolge, anche se è troppo contenuto per quello che è l’effettivo valore del sito in cui è posto. Ora bisogna capire l’obiettivo della Soprintendenza. Se è quello di conservare il sito e custodirlo alla meno peggio, va bene così. Differentemente, se lo si vuole considerare un attrattore di turisti e un volano per una economia locale che potrebbe e dovrebbe lavorare con il turismo, siamo lontani anni luce nell’organizzazione e nel marketing. Uscendo, una famiglia tedesca si allontana, portandosi dietro una ripresa digitale e qualche foto. A chi le domanda se è piaciuto, rispondono che è bello, peccato che è morto. Altra storia al Mitreo, incastonato nella parte storica. Una scolaresca in costume d’epoca accompagna nelle visite, si ride, si scherza, si viene omaggiati di una accurata ricerca sul cibo all’epoca dei romani. Poi con vera professionalità gli studenti fanno da cicerone, il tutto rende molto più piacevole la visita. Le ragazze vanno via a malincuore tra le premure della scolaresca che tanto ci tiene al giudizio di chi ha visitato la loro città. Che sia questo che manca nell’amministrazione pubblica? Il senso campanilistico e l’orgoglio? Certo che senza idee e senza l’attaccamento al lavoro non si va da nessuna parte, se davvero da qualche parte dobbiamo andare." (firmato: rocp@libero.it)





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