CASERTA, TREDICI ARRESTI CLAN SETOLA: TERMINATI INTERROGATORI
Data: Giovedì, 11 novembre @ 01:05:06 CET
Argomento: Cronaca




CASERTA, NOVEMBRE 2010 - Avrebbero fornito agli uomini dell'ala stragista del clan dei casalesi ospitalità e in alcune occasioni avrebbero custodito anche le armi. Tredici persone, tra cui anche quattro donne, tutte residenti tra le province di Napoli e Caserta, sono finite in manette all'alba dell'8 novembre scorso. Sono stati tutti interrogati e la maggior parte di loro non ha risposto. L'ala stragista del clan dei casalesi è ritenuta responsabile di diversi omicidi, tra cui quello dei sei immigrati che furono sorpresi in una sartoria alla estrema periferia di Castel Volturno. Un'azione decisa, hanno ricostruito gli investigatori, per dare una lezione ad alcuni spacciatori di colore che avevano deciso di mettersi in proprio nell'attività di spaccio lungo il litorale domizio ma le vittime entrano estranee al giro. La loro unica colpa fu quella di trovarsi nel posto sbagliato nel momento sbagliato. A capo della fazione più agguerrita dei casalesi c'era Giuseppe Setola, deciso a far fuori chiunque potesse rappresentare un ostacolo o solo perché osava ribellarsi all'imposizione del pizzo. E così vittime designate di Setola e dei suoi uomini furono imprenditori e parenti di pentiti. Setola fu arrestato poi dai carabinieri, dopo ricerche andate avanti per diversi mesi, in un appartamento di Mignano Montelungo, un piccolo comune al confine con il Lazio. Una latitanza, hanno sospettato sin dal primo momento i carabinieri, che sarebbe stata facilitata dall'aiuto di più persone. I presunti fiancheggiatori del clan sono stati arrestati dopo mesi di lavoro su ipotesi investigative che hanno trovato riscontro anche grazie alle dichiarazioni di alcuni pentiti. In diverse occasioni sarebbe stata ospitalità ai latitanti Giuseppe Setola, Alessandro Cirillo, Giovanni Cirillo e Oreste Spagnuolo. Ma non solo: sarebbe stata loro assicurata la disponibilità di appartamenti, per tenere incontri strategici nel corso dei quali venivano pianificati i piani di azione. Alcuni degli indagati, infine, avrebbero custodito le armi. Si tratta di 3 fucili, 2 kalashnikov, 1 fucile a pompa e 7 pistole semiautomatiche con le relative munizioni. Tutti servizi resi, affermano gli investigatori, in cambio di retribuzioni da parte del clan. Le misure sono state emesse dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Napoli su richiesta della direzione distrettuale antimafia.





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