GIUSTIZIA: ANTICOSTITUZIONALE SEQUESTRO DI BENI A UN MORTO. CASO GIUDIZIARIO
Data: Venerdì, 20 agosto @ 22:41:02 CEST
Argomento: Giudiziaria




CASERTA, 26 AGOSTO 2010 - Sarà affrontato sotto il profilo dell'incostituzionalità un ricorso che presenterà in questi giorni un pool di avvocati campani coordinati dal prof. Ciro Centore (avvocato amministrativista) secondo il quale sequestrare dei beni a persone defunte rappresenta un marchiano caso di incostituzionalità, in quanto si ndrebbe a mettere sullo stesso piano imputati morti e quelli vivi e imputati assolti e condannati. Si tratta, in particolare, di rivedere la norma del Pacchetto Sicurezza del decreto Maroni (legge 125/2008) e dal cosiddetto “pacchetto sicurezza” (legge 94/2009) che prevede la possibilità di applicare la misura di prevenzione patrimoniale anche in caso di morte del soggetto proposto, nei confronti degli eredi o comunque aventi causa, consentendo la confisca. L'azione legale diretta a sollevare l'incostituzionalità del decreto è avviata dagli avvocati Giuseppe Garofalo e Mario Murone (quest’ultimo docente di procedura penale alla Sapienza di Roma) all'indomani della decisione della VII Sezione del Tribunale del Riesame di Napoli che ha ha disposto il dissequestro di tutti i beni degli eredi di Dante Passarelli (società, stabilimenti, una discoteca, vari plessi immobiliari, la Tenuta Agricola ex Cirio “La Balzana” in tenimento di Santa Maria La Fossa e lo stabilimento sito in Pignataro Maggiore, della Spa “Commerciale Europea” che impacchetta zucchero e commercializza con il marchio Kerò.
Il provvedimento di sequestro era stato eseguito lo scorso luglio, in via preliminare, per l’accusa esistente nei confronti di Franco Passarelli (attualmente nel carcere di Reggio Calabria) e marito della titolare dello stabilimento Kerò. Un atto dovuto, dicono i giudici, per la accuse a Franco e Biagio Passarelli di essere i fili di collegamento tra il clan Farina e quello dei casalesi per una storia di estorsioni perpetrate a Maddaloni nei confronti del Supermercato Alvi. Inoltre tutti gli immobili erano stati sottoposti a sequestro preventivo sul presupposto che il capostipite Dante Passarelli era stato un affiliato al clan dei casalesi. Di parere nettamente contrario i difensori (in particolare Giuseppe Garofalo difensore storico della famiglia Passarelli ) i quali hanno sostenuto che “Il sequestro non aveva fondamenta né in fatto né in diritto e si rifaceva a fatti di 15 anni fa che davano per scontati quanto non lo erano. L’accusa partiva dal presupposto che il defunto Dante Passarelli, genitore degli attuali destinatari del sequestro – fosse un associato a delinquere e che tutti i suoi beni, tra cui ce ne erano alcuni acquistati oltre 30 anni fa, fossero proventi di delitto. Il presupposto era infondato – ha sostenuto Giuseppe Garofalo – perché Dante Passarelli era stato accusato di associazione a delinquere nel processo Spartacus ma non era stato condannato perché deceduto nelle more. In pratica l’accusa pretendeva che il Tribunale facesse quello che non aveva potuto fare il processo, chiedeva in pratica il processo ad un morto, laddove i morti possono essere giudicati solo dal giudice Supremo”. (il Padreterno) “E’ una vera e propria persecuzione” – ha affermato l’avvocato Mario Murone si può definire camorrista e appartenente al clan dei casalesi un imprenditore che ha pagato il “pizzo”? E’ questa purtroppo la realtà di Franco Passarelli, accusato di estorsione, per conto dei clan Carfora e Casalesi, nei confronti di un supermercato Alvi di Maddaloni, laddove invece non ha fatto altro che pagare la tangente che era stata richiesta ai titolari della Alvi. Ma il Passarelli ha dovuto subire il danno e la beffa. L’Alvi, infatti, è fallita e ha lasciato un debito nei confronti della Commerciale Europea di circa 750mila euro per forniture di zucchero. Inoltre, i Passsarelli - sostiene la difesa - attendono di essere sentiti dalla Procura per confrontare le loro dichiarazioni con quelle di un pentito che ha raccontato per filo e per segno che Franco e Davide Passarelli sono stati sequestrati dal clan Setola e portati al cospetto del capo in un ristorante del lago Patria, dove sono stati minacciati di morte se non avessero sborsato subito 100 mila euro. Soldi che sono stati poi recapitati ai camorristi previa colletta tra usurai. Aspetti da chiarire come quello riguardante, il giorno precedente al loro sequestro, i 120 colpi di Kalashnikov che avevano sfondato le vetrine del supermercato fittato alla MD. Minacce di morte - si apprende dalla difesa - ricevute perchè non avevano sborsato le tangenti richieste. E si parla di famiglia camorrista? Insomma, retroscena che vedono gli imprenditori bombardati dal racket rappresentato da tutti gli esponenti che si sono succeduti nella Camorra Spa. In pochissimi mesi di gestione da parte dei custodi giudiziari - rileva la difesa - che sono subentrati nella gestione delle aziende che per gli inquirenti sono in odore di camorra, sono stati ben 96 mila gli euro liquidati in parcelle ai commercialisti e consulenti che hanno proseguito la guida delle aziende (stessi clienti, stessi dipendenti etc).





Questo Articolo proviene da Casertasette
https://lnx.casertasette.com

L'URL per questa storia è:
https://lnx.casertasette.com/modules.php?name=News&file=article&sid=19866