CLAN CASALESI, CASSAZIONE SPARTACUS: IN CARCERE FINO ALLA MORTE
Data: Sabato, 16 gennaio @ 14:46:08 CET
Argomento: Giudiziaria




ROMA, 15 GENNAIO 2010 - A quindici anni dal primo blitz contro i Casalesi (clan operante a Casal di Principe, in provincia di CASERTA) cala il sipario su Spartacus, il maxiprocesso contro la più potente cosca della camorra. Stasera la prima sezione della Corte di Cassazione, dopo una camera di consiglio di quattro ore, ha emesso il suo verdetto. Una sentenza che non fa sconti e che chiude una pagina tra le più cruente della storia criminale del nostro Paese. Diventano così definitivi i 16 ergastoli inflitti a boss e luogotenenti: Francesco Schiavone, detto Sandokan, il capo indiscusso, il suo (ormai ex) braccio destro Francesco Bidognetti, soprannominato Cicciotto è mezzanotte, e i due boss latitanti che avrebbero acquisito in questi anni il ruolo di reggenti dell'organizzazione, ovvero Antonio Iovine e quel Michele Zagaria che si fece costruire la villa sul modello di quella di Scarface interpretato da Al Pacino. Il processo Spartacus, dal nome dello schiavo che capeggiò la rivolta contro l'Impero romano e che nelle intenzioni dagli inquirenti Antimafia doveva simboleggiare la ribellione allo strapotere della cosca, racconta soprattutto una lunga catena di omicidi avvenuti tra la fine degli anni Ottanta e l'inizio degli anni Novanta. Delitti, spesso portati a termine con la tecnica della lupara bianca, compiuti allo scopo di acquisire il potere all'interno del clan, rimarcare il predominio nella gestione degli affari illeciti e ridurre alla ragione quegli alleati che aspiravano ad accrescere il proprio ruolo entrando in conflitto con i capi storici. L'inchiesta dalla quale è scaturito il dibattimento, sulla scorta delle rivelazioni di diversi pentiti tra i quali Carmine Schiavone, ha consentito di svelare i segreti della potente cosca: si parte dal momento cruciale che é l'eliminazione del capo carismatico, Antonio Bardellino, ucciso in un agguato in Brasile (il cadavere non è stato mai ritrovato) e si prosegue con l'ascesa ai vertici dell'organizzazione del gruppo capeggiato da Francesco Schiavone, noto come Sandokan e con il successivo conflitto con le fazioni che tentavano di ostacolare il predominio dei camorristi di Casal di Principe, come i De Falco e i La Torre. Scontri generati dall'obiettivo di esercitare il controllo degli affari illegali gestiti da quella che è stata definita "camorra imprenditrice", che converte cioé in attività apparentemente lecite (come l'edilizia e il commercio del calcestruzzo) i proventi delle estorsioni e altri reati. Un processo che ha incontrato non pochi ostacoli: il solo dibattimento di primo grado, davanti ai giudici della Corte di Assise di Santa Maria Capua Vetere, è durato sette anni. Gli ergastoli sono stati confermati dalla Corte di Cassazione, che ha accolto le richieste del pg Mario Fraticelli anche nei confronti di Giuseppe Caterino, Mario Caterino (latitante), Cipriano D'Alessandro, Giuseppe Diana (latitante), Enrico Martinelli, Sebastiano Panaro, Giuseppe Diana, Francesco Schiavone, detto 'Cicciariello', Walter Schiavone, Luigi Venosa, Vincenzo Zagaria e Alfredo Zara. Il processo riguardava varie accuse tra cui associazione mafiosa, omicidio, porto abusivo d'armi e estorsione, tutte confermate dal verdetto della Suprema Corte. I Casalesi incassano oggi una pesante sconfitta, ma la partita per l'affermazione della legalità nel Casertano non è affatto chiusa. Negli ultimi tempi infatti la cosca, decimata dagli arresti e dalla decisione di collaborare con la giustizia di altri boss e gregari, appare in cerca di nuovi equilibri ma non affatto rassegnata a deporre le armi. Per decenni le attività di questo clan, dalla struttura e dalla mentalità più mafiosa che camorristica (che preferiva agire sotto traccia rinunciando per quanto possibile ad azioni eclatanti, tipiche invece della fazione stragista di Giuseppe Setola, anch'egli finito in manette), sono state gestite al riparo dai "riflettori". L'attenzione dei media e dell'opinione pubblica sui Casalesi si è accesa improvvisamente solo in seguito al successo planetario del libro "Gomorra" di Roberto Saviano, in cui le imprese criminali del clan costituiscono il fulcro della narrazione.

SODDISFATTO MARONI

"Sono molto soddisfatto che la Cassazione abbia confermato le condanne a vertici del clan dei Casalesi nel processo Spartacus". Lo ha detto all'ANSA il ministro dell'Interno, Roberto Maroni. "Le condanne definitive al clan dei casalesi dimostrano che la camorra non è imbattibile. Spero che questo sia solo l'inizio e non la fine di una battaglia necessaria". Commenta così lo scrittore Roberto Saviano la decisione della Cassazione. "Bisogna ricordare che i reati per i quali la Corte ha confermato le condanne emesse dai giudici del merito risalgono al 1996, quindi si è fatta giustizia per il passato - sottolinea Saviano - ma per il presente e per il futuro la strada è ancora lunga. Tuttavia, è anche su questa pronuncia definitiva che dovrà costruirsi l'azione di contrasto alle mafie, che solo attraverso il diritto potranno essere sconfitte". Per lo scrittore "Ora, però, il pensiero deve andare a tutti i morti ammazzati innocenti e agli africani che si ribellano ai poteri criminali in una terra dove in troppi abbassano la testa. A loro deve essere dedicata questa vittoria dello Stato. Una vittoria importante, un nuovo inizio sperando che su questi argomenti i media tengano sempre accesi i riflettori."

LE CONDANNE

La prima sezione penale della Cassazione, nel confermare in pieno la sentenza della corte d'assise d'appello di Napoli nei confronti del clan dei Casalesi, ha così inflitto i sedici ergastoli nei confronti di Francesco Schiavone, detto Sandokan, capo storico assieme a Francesco Bidognetti, detto Cicciotto è Mezzanotte; ergastolo anche per Francesco Schiavone (detto Cicciariello), Raffaele Diana, Giuseppe Caterino, Walter Schiavone, Cipriano D'Alessandro, Enrico Martinelli e Alfredo Zara. Confermati inoltre gli ergastoli per il boss Giuseppe Diana e per Sebastiano Pano, Luigi Venosa, Vincenzo Zagaria, Mario Caterino e Antonio Iovine, questi ultimi due latitanti. La suprema corte, in particolare, ha rigettato e dichiarato inammissibili anche i ricorsi di altri otto imputati per i quali sono state confermate le condanne dai 3 ai 20 anni. In particolare, è definitiva la condanna per Antonio Basco (21 anni), Luigi Diana (16 anni) che è diventato pentito; Nicola Pezzella (15 anni), mentre dieci anni e mezzo per il collaboratore di giustizia Carmine Schiavone. Guido Mercurio è stato condannato a 9 anni, Corrado De Luca - attualmente latitante - è stato condannato a 8 anni, 4 anni nei confronti di Alberto Di Tella, 3 anni e tre mesi per Vincenzo Della Corte. Si chiude così il primo maxi processo nei confronti del clan dei Casalesi, salito alle cronache anche dopo il successo del libro 'Gomorra' dello scrittore Roberto Saviano.





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