SINDACI INADEMPIENTI: LA SENTENZA DEPOSITATA 1 MESE FA CONTRO FECONDO
Data: Sabato, 02 gennaio @ 17:30:10 CET
Argomento: Ambiente


La sentenza depositata il 9 dicembre 2009 nei confronti dell'ex sindaco di Marcianise, on line sul web da circa un mese



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DEI CONTI

SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE CAMPANIA

composta dai seguenti magistrati:

dott. Enrico GUSTAPANE Presidente

dott. Federico LUPONE Consigliere

dott. Rossella CASSANETI Primo Referendario relatore

ha pronunciato la seguente

SENTENZA PARZIALE

nel giudizio di responsabilità, iscritto al n° 58231 del registro di Segreteria, instaurato a istanza della Procura Regionale della Corte dei Conti per la Regione Campania nei confronti dei signori:

1. Filippo FECONDO, nato il 07.07.1963 a Marcianise (CE) ed ivi residente alla via Duomo n. 66, rappresentato e difeso, giusta procura a margine della comparsa di costituzione e risposta depositata il 10.09.2009, dall'avv. Domenico Stanga ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Caserta alla p.za A. Moro n. 9 – P.co del Corso;

2. Angelo PICCOLO, nato il 21.09.1950 a Marcianise (CE) ed ivi residente alla via S. Merola n. 2, rappresentato e difeso, giusta mandato in calce all'atto di citazione notificato, dall'avv. Fabrizio Perla ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Napoli alla via S. Brigida n. 39;

3. Giuseppe SAGLIANO, nato il 22.07.1951 a Marcianise (CE) ed ivi residente alla via S. Giovanni Bosco n. 6, rappresentato e difeso, giusta mandato a margine della memoria difensiva presentata il 08.09.2009, dall'avv. Luigi M. D'Angiolella ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Napoli al viale A. Gramsci n. 16;

4. Vincenzo NEGRO, nato il 31.08.1954 a Marcianise (CE) ed ivi residente alla via Monfalcone n. 21, rappresentato e difeso, giusta mandato in calce all'atto di citazione notificato, dall'avv. Emanuele Marino ed unitamente a questi elettivamente domiciliato in Napoli alla via G. Capaldo n. 7 presso la signora Rosaria Corvino;

VISTO l’atto di citazione della Procura Regionale depositato presso questa Sezione Giurisdizionale il 16.05.2008;

VISTE le memorie di costituzione depositate presso la Segreteria di questa Sezione Giurisdizionale dalle difese dei convenuti (Vincenzo NEGRO il 03.09.2009, Giuseppe SAGLIANO il 08.09.2009, Filippo FECONDO il 10.09.2009 e Angelo PICCOLO il 11.09.2009);

VISTI gli atti di giudizio;

UDITI alla pubblica udienza del giorno 1 ottobre 2009, con l’assistenza del segretario dr. Giuseppe Volpe, sentiti il relatore primo referendario Rossella Cassaneti, gli avvocati Giuseppe Criscuolo per delega dell'avv. Fabrizio Perla, Flavio Brusciano per delega dell'avv. Luigi. M. D'Angiolella ed Emanuele Marino, nonché il rappresentante del pubblico ministero in persona del Vice Procuratore Generale dott. Maurizio Stanco;

RITENUTO in

FATTO

Con atto di citazione depositato presso la Segreteria di questa Sezione in data 16 maggio 2008, la Procura Regionale ha evocato in giudizio i signori Filippo FECONDO (Sindaco del Comune di Marcianise dal 2001 sino almeno all'epoca del deposito dell'atto introduttivo del giudizio), Angelo PICCOLO (Dirigente del Settore Urbanistica, Ambiente, Ecologia e Tutela del Territorio del Comune di Marcianise dal 25.05.1999 al 23.05.2000 e dal 01.04.2001 in poi), Giuseppe SAGLIANO (Capo Servizio Ambiente, Ecologia e Tutela del Territorio del Comune di Marcianise a far data dal 01.09.2001) e Vincenzo NEGRO (Responsabile dell’Ufficio Gestione Rifiuti del Comune di Marcianise dal 21.03.2002) per sentirli condannare al pagamento, pro quota, di € 405.322,25 in favore del Comune di Marcianise (CE), di € 45.077,23 in favore dello Stato e di € 43.038,00 in favore della Regione Campania - o alle diverse somme determinate dal Collegio giudicante - oltre rivalutazione monetaria e spese di giustizia.

Il danno pubblico suindicato sarebbe derivato, secondo parte attrice, dal mancato rispetto degli obblighi inerenti il raggiungimento da parte del Comune di Marcianise delle percentuali minime di raccolta differenziata, con riferimento agli anni 2003, 2004 e 2005.

Ai fini istruttori, nell'ambito della più ampia indagine condotta dall'Ufficio requirente sull’insufficiente percentuale di raccolta differenziata riscontratasi nel territorio regionale e visto che in base ai dati rappresentati nell’adeguamento del piano regionale dei rifiuti approvato dal Commissario di Governo per l’emergenza rifiuti nella regione Campania con l’ordinanza n. 77/2006, nell'anno 2004 il Comune di Marcianise risultava aver raggiunto la percentuale di raccolta differenziata del solo 6,17, la Procura contabile ha acquisito presso l'ente comunale in parola relazioni e note, corredate da varia documentazione, dopodiché ha provveduto a notificare ai presunti responsabili invito a presentare le proprie controdeduzioni, ritenute peraltro inidonee al superamento delle contestazioni di addebito, al che è seguito il deposito e la notifica dell'atto introduttivo del giudizio.

Al fine di descrivere l'essenzialità della raccolta differenziata – definita come “raccolta idonea a raggruppare i rifiuti urbani in frazioni merceologiche omogenee” (art. 6 d.lgs n. 22/1997) - nella gestione del ciclo dei rifiuti, la Procura ha ricordato, in primo luogo, il d.lgs. 05.02.1997 n. 22 (cd. decreto “Ronchi”), oltre alle ordinanze del Ministero dell'Interno – Protezione Civile - riguardanti l’emergenza rifiuti nella Regione Campania - numeri 2948/1999, 3100/2000 e 3479/2005, dalla lettura di cui si evince che nel periodo in considerazione i comuni della Regione Campania avrebbero dovuto attuare una percentuale minima di raccolta differenziata (rispetto al totale ammontare della quantità di rifiuti prodotta) pari al 30% per il 2003-2004 ed al 35% per il 2005 e che la tariffa a carico dei comuni per gli oneri gestionali della raccolta dei rifiuti avrebbe subito progressive maggiorazioni in misura direttamente proporzionale all'entità della violazione delle disposizioni riguardanti la percentuale minima di raccolta differenziata da realizzare entro le varie scadenze prestabilite. Citando, inoltre, la legge n. 296/2006 – che ha previsto le percentuali di raccolta differenziata da realizzare sul territorio nazionale entro la fine degli anni dal 2006 al 2012 – la legge n. 87/2007 – che ha disciplinato l'avvalimento per la raccolta differenziata da parte dei comuni della Regione Campania dei consorzi costituiti ai sensi dell'art. 6 legge R.C. n. 10/1993 – e l'ordinanza P.C.M. n. 3639/2008 – che ha prescritto la predisposizione e la realizzazione da parte dei comuni campani di un piano delle misure necessarie per la raccolta differenziata – la Procura ha posto in rilievo come l'inadempimento delle disposizioni dettate nella materia di che trattasi abbia contribuito in maniera determinante alla crisi del ciclo dei rifiuti, richiamando, in proposito, l'ordinanza commissariale n. 28/2004 e la “Relazione Territoriale sulla Campania” della Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti trasmessa alle Camere il 01.02.2006. In quest'ultima, in particolare, rifiuti indifferenziati e loro quantità sono indicati quali concause dei problemi di blocco e cattivo funzionamento dei sette impianti di produzione del CDR (combustibile derivato da rifiuti), nonché fonte di ripetute situazioni di emergenza con tonnellate di rifiuti nelle strade; da uno studio analitico elaborato nel 2007 dal prof. A. Marangoni – ha esposto ancora a titolo esemplificativo la Procura – risulta, infine, “che il non aver fatto la RD di carta e cartone dal 1999 al 2005 è costato alla Campania e all’intero Paese almeno 102 milioni di €”. Ai maggiori costi complessivamente sostenuti per la mancata differenziazione dei rifiuti devono poi essere aggiunte – ha rilevato parte attrice - le considerevoli spese (quali quelle relative al trasporto fuori regione o all’estero dei rifiuti, con quote di materiali da separare) derivanti dalle ripetute situazioni di acute crisi del settore (rifiuti non raccolti nelle strade), largamente incise dalla scarsa percentuale di raccolta differenziata. Sul punto, la Procura attrice ha riportato i risultati dell'analisi della spesa per interventi effettuati in materia di emergenza rifiuti contenuti nella relazione della Sezione centrale di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato della Corte dei conti riguardante “La gestione dell’emergenza rifiuti effettuata dai Commissari del Governo” approvata con deliberazione n. 6/2007/G, secondo cui ammonterebbero ad € 561.517.499 le risorse spese dal Commissariato rifiuti campano per l’emergenza fino all’anno 2005.

Fornita la surriportata descrizione in termini generali della dannosità economica dell'inadempimento delle prescrizioni in tema di raccolta differenziata, l'Ufficio requirente ha individuato, con riferimento alla specifica fattispecie oggetto del giudizio, quattro distinte voci di danno:

· l’ingiustificato costo sostenuto dal Comune di Marcianise a titolo di tariffa smaltimento rifiuti per il conferimento presso gli impianti di produzione di C.D.R. del “tal quale” (rifiuto indifferenziato, una parte del quale avrebbe dovuto essere debitamente separato in sede di effettuazione della raccolta), calcolato per il periodo in rilievo (2003/2005) in complessivi € 249.840,70 per l’anno 2003, € 179.301,23 per l’anno 2004 ed € 318.707,14 per l'anno 2005, importi ottenuti moltiplicando la tariffa di smaltimento aggiuntiva pagata per i rifiuti indifferenziati dal Comune di Marcianise (pari ad € 0,0449 per chilogrammo dal 2003 al 15.12.2005 e ad € 0,0880 per chilogrammo dal 16.12.2005) per la differenza tra la percentuale concretamente raggiunta e quella che doveva essere realizzata per rispettare il limite normativo della raccolta differenziata; considerato l'apporto causativo del danno in parola addebitabile ad altri soggetti pubblici, alle difficoltà nascenti dalle periodiche crisi del sistema nonché alla mancanza di un adeguato supporto impiantistico nella regione per lo smaltimento della frazione organica e dei cosiddetti “rifiuti verdi”, la Procura ha ritenuto di decurtare dagli importi dianzi indicati il 50%, di modo che la voce di danno qui descritta risulta complessivamente pari ad € 373.924,54 (€ 124.920,35 per il 2003 + € 89.650,61 per il 2004 + € 159.353,57 per l’anno 2005);

· il costo sostenuto per le situazioni emergenziali dal Comune di Marcianise nel 2004 (€ 243.308,89 complessivi) e nel 2005 (€ 70.668,36), il cui 10% dovrebbe ad avviso della Procura essere addebitato alle responsabilità connesse con la molto ridotta raccolta differenziata, da quantificare, conseguentemente, in € 24.330,88 per il 2004 ed in € 7.066,83 per il 2005; Tale voce di danno, sommata a quella descritta al punto che precede, dà un danno alle finanze comunali dell'importo totale di € 405.322,25 (€ 373.924,54 + € 24.330,88 + € 7.066,83)

· il nocumento derivante dal collasso del piano integrato dei rifiuti e dei costi emergenziali, significativamente inciso dalla raccolta differenziata e da ritenere gravante - visto il pluriennale intervento governativo mediante gli organi straordinari ed i finanziamenti erogati dal bilancio statale – sull'Erario, da calcolare – secondo la prospettazione attorea – in via equitativa in € 45.077,23, importo dato dalla somma fra le spese sostenute negli anni 2004 e 2005 per il trasporto fuori regione dei rifiuti solidi urbani (sulla cui quantità complessiva incide in modo rilevante la mancata differenziazione), calcolate in percentuale uguale a quella corrispondente al totale degli r.s.u. prodotti dal Comune di Marcianise rispetto a quelli dell'intera Regione;

· il danno per la gravissima lesione dell’immagine dell’intera Regione Campania dato dall’enorme risonanza nella pubblica opinione dell’emergenza rifiuti - con risalto anche all’estero ed impatto fortemente negativo per il settore turistico – calcolato in almeno € 10.000.000,00 annui complessivi e da considerarsi inciso – sempre mediante l'utilizzo di criteri equitativi – almeno per un quinto (€ 2.000.000,00) dalla difettosa raccolta differenziata, risulterebbe pari, nel caso all'esame del Comune di Marcianise - seguendo il medesimo criterio proporzionale del rapporto tra i rifiuti prodotti in Campania e quelli del Comune in precedenza utilizzato – ad € 43.038,00 per l'intero periodo 2003-2005.

Per quanto concerne l'individuazione delle responsabilità individuali produttive del danno pubblico dianzi descritto nelle varie sue componenti, la Procura attrice, premesso che “la violazione delle prescrizioni normative è da addebitare ai soggetti cui ne competeva l’attuazione, e che, con un comportamento doloso o gravemente colposo, non hanno curato l’attività necessaria per garantirne il rispetto” nonostante la notorietà generale dell'indispensabilità della raccolta differenziata e la presenza di Comuni nell'ambito regionale ove le prescrizioni in parola ricevevano corretta attuazione, ha posto in rilievo che nel Comune di Marcianise sono rimaste inattuate le previsioni regolamentari comunali (delibera C.C. n. 52/1997) e contrattuali del capitolato speciale d'appalto del 11.10.1999 regolanti il rapporto con la ditta affidataria della gestione integrata dei rifiuti urbani e dell’igiene urbana, perché le ordinanze sindacali adottate non hanno previsto alcunché in punto di istituzione e di avvio della raccolta differenziata dei rifiuti; il che ha impedito il sorgere dell'obbligo per i cittadini di procedere al conferimento separato delle varie frazioni, con conseguente impossibilità da parte degli agenti municipali di poter contestare le eventuali infrazioni e, nel contempo, inipotizzabilità di inadempimenti contrattuali da parte della società affidataria del servizio.

L'ingiustificata e perdurante stasi amministrativa registratasi presso il Comune di Marcianise nel periodo qui in rilievo, nonostante i molto deludenti risultati percentuali della raccolta differenziata, dev'essere addebitata – secondo la prospettazione attorea – in primo luogo al Sindaco, Filippo FECONDO, che non assunse nessuna iniziativa ai fini dell'adozione dell’ordinanza sindacale che avrebbe reso dovuto il conferimento differenziato, quale voluta dal regolamento comunale ed esplicitamente richiamata negli atti contrattuali precedentemente menzionati, a dispetto della crisi del sistema investente la regione e delle disposizioni di legge disciplinanti le funzioni sindacali in materia.

In secondo luogo, l'Ufficio requirente ha ritenuto addebitabile una significativa quota della responsabilità erariale in parola al Dirigente comunale del Settore Urbanistica, Ambiente, Ecologia e Tutela del Territorio, l'ing. Angelo PICCOLO, per non aver adottato le opportune iniziative intese a perseguire gli obiettivi minimi di raccolta differenziata.

Infine, la Procura ha ritenuto che il danno azionato sia addebitabile, pur se in misura minore, al Capo Servizio Ambiente, Ecologia e Tutela del Territorio, signor Giuseppe SAGLIANO ed al Responsabile dell’Ufficio Gestione Rifiuti signor Vincenzo NEGRO, per non aver assunto alcuna apprezzabile iniziativa volta ad affrontare la problematica de qua.

Il signor Vincenzo NEGRO, dopo essersi costituito in giudizio per il tramite del difensore incaricato avv. Emanuele Marino, ha depositato memoria in data 03.09.2009, chiedendo, in via principale, di essere prosciolto da ogni addebito e, in via subordinata, la più ampia applicazione del potere riduttivo dell'addebito, nonché, in via istruttoria, di essere sentito durante l'udienza dibattimentale, il tutto, comunque, con vittoria di spese del giudizio. Ha dedotto, in particolare, di non aver potuto materialmente svolgere il compito di controllo e vigilanza sulla regolare effettuazione della raccolta differenziata dei rifiuti affidatogli con delibera giuntale del Comune di Marcianise n. 269/2000, non avendo mai avuto il relativo servizio effettiva attuazione per la mancata adozione delle disposizioni sindacali in merito, cui lo stesso atto di citazione fa ampio riferimento.

Il signor Giuseppe SAGLIANO si è costituito in giudizio, con il patrocinio dell'avv. Luigi M. D'Angiolella, con memoria depositata in Segreteria il 08.09.2009, in cui ha argomentato come segue: a) l'atto di citazione è inammissibile perché emesso dopo lo spirare del termine di 120 giorni dalla scadenza del termine per la presentazione di controdeduzioni (art. 5, comma 1°, legge n. 19/1994); b) l'azione di responsabilità è estinta per l'avvenuta maturazione del termine quinquennale di prescrizione cui è sottoposta, il cui dies a quo dovrebbe essere individuato, nella specie, nel periodo iniziale dell'emergenza rifiuti regionale (1994) o comunque nella data d'inadempimento dell'obbligo sindacale di adozione delle ordinanze attuative in tema di r.d. (1997-1999); c) il signor SAGLIANO difetta di legittimazione passiva nel presente giudizio, in primo luogo perché i comportamenti generatori del danno rilevato dal requirente hanno avuto luogo ben prima che egli assumesse l'incarico di Capo Servizio Ambiente, Ecologia e Territorio del Comune di Marcianise (22.05.2001) e, in secondo luogo, perché né egli avrebbe potuto adottare alcuna iniziativa per indurre il Dirigente del Settore competente (ing. Angelo PICCOLO) ad adottare atti propulsivi dei dovuti provvedimenti sindacali nella materia de qua, né risulta che il medesimo Dirigente gli abbia mai impartito ordini relativi alla materia medesima; d) non è configurabile a carico del convenuto alcuna grave negligenza, stante l'assenza di qualsivoglia elemento probatorio fornito in merito dalla Procura attrice; d) in ordine al danno all'immagine, non ne risultano provati né la sussistenza né l'apporto causativo di esso ad opera del SAGLIANO. Ha concluso chiedendo il rigetto della domanda attrice perché inammissibile e comunque infondata e, in subordine e nella denegata ipotesi di pronuncia di condanna, l'applicazione del potere riduttivo dell'addebito.

Il signor Filippo FECONDO, patrocinato dall'avv. Domenico Stanga, ha presentato memoria difensiva in data 10.09.2009, chiedendo il rigetto della domanda attrice, della quale ha dedotto l'infondatezza sotto i seguenti profili: 1) l'Amministrazione del Comune di Marcianise si è concretamente attivata in modo pregnante per l'attuazione della r.d. dei rifiuti, adottando il prescritto regolamento, predisponendo i vari cassonetti per il deposito e poi avviando il sistema della raccolta cd. “porta a porta” per il secco e per l'umido, mentre ha senz'altro difettato la collaborazione dei cittadini; 2) il d.lgs n. 22/1997 ha demandato allo Stato l'organizzazione generale e la predisposizione di linee guida cui le Amministrazioni locali avrebbero dovuto attenersi, nel porre in essere la gestione materiale della raccolta (anche differenziata) dei rifiuti, attività che presso il Comune di Marcianise è stata regolarmente svolta; 3) la colpa grave contestata al FECONDO non è sufficientemente assistita da riscontri probatori, costituiti unicamente dal dato oggettivo del mancato raggiungimento dei livelli minimi di raccolta differenziata dei rifiuti, addebitabile, per contro – ad avviso del convenuto – a problemi endemici di sistema (criticità delle gare, insufficienza degli impianti di CDR, assenza di termovalorizzatori).

L'ingegnere Angelo PICCOLO ha a sua volta presentato, per il tramite del difensore incaricato avv. Fabrizio Perla, memoria difensiva, in cui ha chiesto, in via preliminare, la dichiarazione d'inammissibilità dell'atto introduttivo del giudizio per genericità ed indeterminatezza, ai sensi degli artt. 163 e 164 c.p.c. nonché dell'art. 3 R.D. 1038/1933, nonché, nel merito, il proprio proscioglimento da ogni addebito ed in via meramente gradata, l'ampio esercizio del potere riduttivo dell'addebito. In punto di merito, ha dedotto che: a. la grave negligenza contestata all'ing. PICCOLO non è assistita da alcun riscontro probatorio, bensì è addirittura smentita dalle risultanze degli atti di causa, da cui emerge che egli ha correttamente adempiuto i propri obblighi di servizio (attivazione di vari sistemi per la r.d., opposizione di svariate contestazioni ed applicazione di penali alla ditta aggiudicataria del servizio); b. il mancato raggiungimento degli obiettivi minimi di r.d. può essere tutt'al più ascritto alla mancata emanazione delle prescritte ordinanze sindacali; c) i criteri utilizzati per il calcolo delle varie voci di danno rilevate nell'atto introduttivo del giudizio sono talmente opinabili da minare la certezza, la concretezza e l'attualità del danno patrimoniale, con analoghe conseguenze in relazione al danno non patrimoniale, ancorato al primo nella sussistenza.

Alla pubblica udienza odierna l'avv. Giuseppe Criscuolo, presente per delega dell'avv. Fabrizio Perla in difesa dell'ing. Angelo PICCOLO si è brevemente riportato alle deduzioni scritte, confermandone le conclusioni. In modo del tutto analogo si è espresso l'avv. Flavio Brusciano, presente per delega dell'avv. Luigi M. D'Angiolella in difesa del dr. Giuseppe SAGLIANO. L'avv. Emanuele Marino, difensore incaricato del convenuto Vincenzo NEGRO poi, ha depositato documentazione scritta a sostegno dell'argomentazione difensiva principale, reiterata e meglio specificata, secondo cui non rientrava nelle funzioni e nelle competenze del NEGRO attivarsi per l'adozione delle prescrizioni in materia di r.d. dei rifiuti, in assenza delle quali, d'altra parte, nulla avrebbe potuto fare perché le disposizioni regolamentari e contrattuali già esistenti venissero correttamente applicate. Ha concluso come da memoria scritta.

Il P.M. di udienza ha chiesto il rigetto delle eccezioni preliminari sollevate dai convenuti, a suo avviso infondate, nonché l'integrale accoglimento delle istanze versate nell'atto di citazione in giudizio. In subordine, ha chiesto che gli atti venissero rimessi alla Corte Costituzionale, perché si pronunci sulla legittimità dell'art. 17, comma 30-ter del D.L. 1° luglio 2009 n. 78, in ordine alla quale sussistono rilevanti dubbi per la limitazione della giurisdizione contabile in tema di danno all'immagine soltanto ai dipendenti pubblici, con esclusione dunque degli amministratori, nonché per l'irragionevolezza delle disposizioni riguardanti la non rilevabilità d'ufficio degli atti requirenti e la non contestabilità del danno all'immagine nelle ipotesi non delittuose ma connotate da colpa grave del presunto responsabile.

CONSIDERATO in

DIRITTO

1. In primo luogo ed in via pregiudiziale, il Collegio deve procedere all'esame dell'eccezione d'inammissibilità dell'atto di citazione, sollevata dalla difesa del convenuto Giuseppe SAGLIANO, in quanto lo stesso sarebbe stato emesso dopo la scadenza del termine previsto dall'art. 5, comma 1, del d.l. 15 novembre 1993 n.453, convertito in legge 14 gennaio 1994 n. 19, come sostituito dall'art. 1, comma 3 bis, del d.l. 23 ottobre 1996 n. 543, convertito in legge 20 dicembre 1996, n. 639 (120 giorni a sua volta decorrente dalla scadenza del termine, nella specie 30 giorni, decorrente dalla notifica dell'invito a dedurre assegnato dalla Procura Regionale per la presentazione delle controdeduzioni).

Sul punto, occorre premettere, in linea generale, che le Sezioni Riunite della Corte dei Conti, con orientamento che il Collegio condivide appieno, hanno affermato che il momento giuridicamente rilevante ai fini dell'esercizio dell'azione, entro la sequenza temporale imposta dal legislatore, va individuato con riferimento alla data in cui l'atto viene depositato presso la segreteria della Sezione adita, essendo questo il momento che giuridicamente ne segna l'”emissione” (sentenza n. 18/QM/1998 del 27 maggio-4 agosto 1998).

Ciò posto, occorre stabilire, tuttavia, se il predetto termine debba decorrere, in caso di pluralità d'invitati, dalla data di notifica di ciascun invito a dedurre, come sostiene un preciso indirizzo giurisprudenziale (per tutte, Sez. Lazio 24 maggio 2000 n. 721; Sez. Campania 31 gennaio 2001 n. 9) ovvero, come affermato invece da altra giurisprudenza di questa Corte, dalla data di notifica dell'ultimo invito (Sez. Molise 7 dicembre 2000 n. 187; Sez. Umbria 28 dicembre 2000 n. 620; Sez. Campania 14 settembre 2001 n. 85; idem 27 settembre 2002 n. 108; Sez. II Centrale 23 gennaio 2002 n. 14).

Sul punto le Sezioni Riunite, in sede di risoluzione di questione di massima, preso atto del contrasto giurisprudenziale delineatosi sulla questione, hanno affermato che, in considerazione della generale natura parziaria dell'obbligazione risarcitoria, come sancita dalla riforma del 1994, il termine di cui sopra debba decorrere autonomamente per ciascun indagato dalla data in cui l'invito gli è stato notificato “senza alcun collegamento temporale con la notifica di analogo atto ad altri soggetti presuntivamente coinvolti nella stessa vicenda dannosa” (Sez. Riunite n. 13/2003/QM).

Senonché, successivamente le stesse SS.RR. hanno nuovamente affrontato la problematica in esame con la sentenza n. 1/2005/QM, depositata in data 25 marzo 2005, su questione di massima proposta dal Procuratore Generale alla luce del permanere, pur dopo la QM del 2003 sopra citata, di un contrasto giurisprudenziale (cfr. in senso difforme, Sez. II 2 settembre 2004 n. 287).

Le Sezioni Riunite, quindi, nell'evidenziare che gli aspetti strutturali e di garanzia del soggetto indagato debbono prevalere sugli aspetti funzionali evidenziati dal Procuratore, diretti ad assicurare la completezza della fase istruttoria, hanno tuttavia ritenuto che gli stessi possano essere entrambi soddisfatti attraverso l'applicazione della disposizione contenuta nell'art. 7, comma 3, del r.d. n. 1038 del 1933, a tenore della quale “quando nello stesso procedimento siano più i convenuti, vale per tutti il termine maggiore”, in quanto norma funzionale all'esigenza di garantire, nel solo caso di pluralità di presunti corresponsabili del medesimo danno pubblico, esattamente individuati nell'invito a dedurre loro contestualmente comunicato, la valutazione unitaria e comparata delle relative posizioni. Nelle altre ipotesi, invece, ivi compresa quella in cui eventuali corresponsabili vengano individuati solo successivamente, le Sezioni Riunite hanno ritenuto di confermare il precedente orientamento espresso nella sentenza n. 13/2003/QM, ovvero quello di ancorare il dies a quo del termine di centoventi giorni dalla data di notifica di ciascun invito a dedurre.

Orbene, nella fattispecie in esame, volendo aderire a tale ultimo orientamento, va considerata la data di notifica dell'ultimo invito (28.02.2008 a FECONDO), essendo l'invito stato notificato a PICCOLO ed a NEGRO il 25.02.2008, a SAGLIANO il 28.01.2008; dunque l'eccezione va senz'altro respinta, essendo l'atto di citazione stato emesso in data 16.05.2008, cioè ben prima della scadenza del termine utile (27.07.2008).

Stanti le suesposte considerazioni, l'eccezione di inammissibilità dell'atto di citazione per violazione del termine stabilito dall'art. 5, comma primo, legge 19/1994, è destituita di fondamento e deve essere respinta.

2. Sempre in via pregiudiziale, deve essere esaminata l’eccezione di genericità ed indeterminatezza dell’atto di citazione, sollevata dalla difesa di Angelo PICCOLO, perché privo della specifica contestazione degli elementi materiali a carico dei singoli convenuti che non consentono l’individuazione concreta dei fatti loro attribuiti singolarmente.

Il Collegio ritiene che anche l'eccezione in parola sia priva di fondamento giuridico.

Si deve osservare, in proposito, che l’art. 1 del R.D. n. 1038/33 richiede, quali elementi oggettivi dell’atto introduttivo “la esposizione dei fatti e la qualità nella quale furono compiuti, l'oggetto della domanda e l'indicazione dei titoli su cui è fondata” mentre l’art. 163 c.p.c., - evocabile a fini di integrazione ex art. 26 del medesimo R.D. n. 1038/33 - con norma sostanzialmente sovrapponibile richiede, a pena di nullità, “3) la determinazione della cosa oggetto della domanda; 4) l'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda, con le relative conclusioni”.

Se ne deduce che l’editio actionis è vulnerata, nella sua esigenza di assicurare un compiuto diritto di difesa, da un’insufficiente determinazione dell’oggetto della domanda, ossia di petitum e di causa petendi, di modo che vi sia assoluta incertezza sugli elementi identificatori del diritto fatto valere.

Tale verifica, però, deve effettuarsi, da parte del Giudice, attraverso un esame complessivo dell’atto introduttivo e dei documenti allegati (cfr. Cass. civ. sez. I n. 17023/03) con la conseguenza che una valutazione in termini di nullità/inammissibilità della pretesa può essere fatta solo allorché l’oggetto sia “assolutamente” incerto, tale da ledere il diritto costituzionale all’approntamento di un’adeguata ed informata difesa.

Nel caso di specie l’opera di verifica non consente di poter formulare una pronuncia nel senso richiesto dalla difesa del PICCOLO.

L'atto introduttivo del giudizio, infatti, delinea con chiarezza espositiva, indicazione esaustiva dei fatti contestati, articolata deduzione dei motivi di diritto, la domanda risarcitoria, sicché la stessa si presenta come prospettazione lucida, coerente ed appagante sia dell’oggetto di contestazione del P.M., sia delle ragioni che sono alla base delle censure mosse ai soggetti evocati in giudizio.

Poiché, inoltre, la congrua ed esaustiva esposizione degli elementi probatori offerti alla valutazione del Collegio al fine di verificare la sussistenza nella concreta fattispecie di tutti gli elementi dell'illecito amministrativo contabile contestato attengono notoriamente al merito della medesima questione, le osservazioni sin qui svolte depongono per un’infondatezza della doglianza formulata, che va perciò disattesa.

3. Con riferimento alla questione, sollevata dal P.M. di udienza, di legittimità costituzionale della disposizione di cui all’art.17 comma 30-ter della legge 03.08.2009 n. 102 di conversione del decreto-legge 1 luglio 2009 n. 78, modificata dall’art.1 comma 1° lett. c del decreto-legge 03.08.2009 n. 103, convertito nella legge 03.10.2009 n. 141, il Collegio statuirà con separata ordinanza, sospendendo contestualmente la decisione nel merito del giudizio per quel che concerne la domanda risarcitoria del danno all'immagine della Regione Campania.

4. Per quanto ora riguarda l'eccezione di prescrizione sollevata dalla difesa di Giuseppe SAGLIANO, da esaminare in via preliminare di merito riguardo la questione prospettata dalla Procura per l'azionato danno patrimoniale materiale, si osserva quanto segue.

Le Sezioni Riunite di questa Corte hanno affermato il principio secondo il quale la Procura regionale deve porre a base dell'azione risarcitoria un danno economicamente valutabile, ritenendo tale una perdita di risorse finanziarie che si realizza senza alcun vantaggio per l'amministrazione e quindi con un depauperamento del patrimonio erariale (sent. n° 7/Q.M. del 24 maggio 2000), mentre riguardo alla certezza e alla esigibilità di danno, le stesse Sezioni Riunite, tenuto conto delle possibili diverse fattispecie, hanno ritenuto che il momento in cui può dirsi realizzato l'evento dannoso va fatto risalire, per il danno diretto (tale è quello oggetto del presente giudizio), al pagamento sine utilitas effettuato dall'amministrazione, essendo quello il momento in cui la perdita patrimoniale diviene certa e attuale.

Nel caso in esame, il depauperamento erariale su cui si fonda l'azione attorea concerne le spese esorbitanti sostenute in varie direzioni dalla collettività a causa della mancata attivazione ed attuazione nel Comune di Marcianise nel periodo 2003-2005. Ora, l'invito a dedurre è stato notificato ai convenuti – come già in precedenza evidenziato – tra il 28.01.2008 ed il 28.02.2008, con la conseguenza che si potrebbe considerare estinta l'azione risarcitoria esperita nei loro confronti soltanto, tutt'al più, con riferimento al periodo gennaio-febbraio 2003. Tuttavia, appare di tutta evidenza come il danno determinato dalla bassissima percentuale di r.d. effettuata nel Comune di Marcianise non fosse di immediata – anzi, addirittura contestuale - percettibilità e conoscibilità da parte della collettività comunale amministrata, in quanto le ingenti spese rilevate dall'Ufficio requirente si presentano come conseguenti in via diretta ma non immediata dalla suddetta mancata attivazione della r.d.

Per quanto dianzi osservato, va affermata la tempestività dell’azione risarcitoria, e la relativa azione di prescrizione deve essere disattesa.

5. Il Collegio può ora esaminare in punto di merito la vicenda descritta nella premessa in fatto.

Deve quindi procedersi alla verifica della sussistenza, nel caso concreto, degli elementi tipici della responsabilità amministrativa che, com’è noto, si sostanziano in un danno patrimoniale, economicamente valutabile, arrecato alla pubblica amministrazione, in una condotta connotata da colpa grave o dolo, nel nesso di causalità tra il predetto comportamento e l'evento dannoso, nonché nella sussistenza di un rapporto di servizio fra coloro che lo hanno determinato e l'ente che lo ha subito.

6. Con riferimento, in primo luogo, all’elemento oggettivo del danno pubblico, l'esame inerente la relativa sussistenza nel caso all'esame della Sezione, richiede la ricostruzione delle disposizioni normative vigenti sull'argomento all'epoca dei fatti contestati agli odierni convenuti.

In primo luogo, va osservato che da alcuni decenni la raccolta differenziata dei rifiuti viene proposta in quasi tutti i Comuni d'Italia perché negli ultimi trenta anni la produzione di rifiuti solidi urbani (RSU) pro-capite giornaliera è raddoppiata: siamo nell’era dell’”usa e getta”, in cui tantissime confezioni o contenitori in carta, cartone, plastica, vetro e alluminio vengono gettati via quotidianamente insieme ai residui di cibo, che costituiscono la frazione organica. Il problema è che, mentre la sostanza organica ha la capacità di biodegradarsi in tempi brevi, tutti gli altri prodotti hanno dei tempi di degradazione molto più lunghi. L’aumento indiscriminato delle quantità di rifiuti che vengono smaltiti nelle discariche controllate (oggi quasi tutte in esaurimento) ha portato alla ricerca di nuove vie da percorrere, cioè alla realizzazione di un modello definibile, anziché dell'”usa e getta”, dell'”usa e riusa”. Alle discariche si sono allora affiancate ulteriori e molto diverse possibilità di smaltimento dei rifiuti solidi urbani: il riciclaggio, il compostaggio della frazione organica e la termovalorizzazione. Il cd. Decreto Ronchi del 1997 e la successiva normativa del 2006, che regolamentano la gestione dei rifiuti solidi urbani, impongono infatti alle amministrazioni locali di ridurre la quantità di rifiuti mediante il reimpiego e il riciclaggio e garantiscono incentivi alle aziende che utilizzano prodotti realizzati con materiale riciclato. La raccolta differenziata, quindi, mira al riutilizzo dei prodotti di scarto di qualsiasi presidio soprattutto abitativo per poterne produrre di nuovi ottenendo diversi vantaggi a livello sia economico e sia ecologico. Grazie al riciclaggio, infatti, si ottiene la triplice e consistente riduzione dei rifiuti da smaltire nonché dell'energia e delle materie prime impiegate.

Il decreto legislativo 5 febbraio 1997 n. 22 (c.d. decreto Ronchi) ha costituito la normativa quadro sulla gestione dei rifiuti fino all’entrata in vigore del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152, di attuazione della delega contenuta nella legge 15 dicembre 2004, n. 308, per il riordino, il coordinamento e l’integrazione della legislazione in materia ambientale, dando attuazione alle direttive comunitarie 91/156/Cee sui rifiuti, 91/689/Cee sui rifiuti pericolosi e 94/62/Ce sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio. Il testo legislativo in parola contiene numerose innovazioni, rispetto alla normativa precedente, le principali delle quali possono indicarsi come segue: nuove definizioni; nuova classificazione dei rifiuti; redistribuzione delle competenze tra Stato, Regioni e Province; revisione del sistema di pianificazione; introduzione del sistema tariffario in sostituzione della tassa sullo smaltimento (tarsu); introduzione del regime di gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio. Ma in particolare, per ciò che qui specificamente rileva, il d.lgs. n. 22/1997, al contempo individuando le funzioni amministrative relative alla gestione dei rifiuti a livello regionale, provinciale e comunale, “spinge ... fortemente a favorire le operazioni di recupero, riutilizzo e riciclo dei materiali e la progressiva riduzione delle discariche come sistema ordinario di smaltimento solo per i rifiuti inerti e per quelli residuati dalle operazioni di riciclaggio e di recupero. A conforto della validità, anche economica, di tale opzione, giova richiamare quanto affermato dall’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici (Apat), secondo cui 'l’analisi dei costi relativi alla raccolta differenziata (…) consente di affermare che la raccolta differenziata in nessun caso determina un aggravio dei costi di gestione'. Non solo, ma il livello del costo '(…) non è comunque correlato alla complessità del sistema di gestione: vi sono, infatti, situazioni con alta raccolta differenziata, importanti attività di trattamento ed incenerimento che hanno costi più bassi di situazioni associate a bassa raccolta differenziata e ricorso quasi esclusivo alla discarica'” (deliberazione n. 6/2007/G della Sezione centrale di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato della Corte dei conti, “La gestione dell’emergenza rifiuti effettuata dai Commissari straordinari del Governo”, cfr. all. n. 28 al fascicolo di Procura).

Per quanto concerne, quindi, specificamente la raccolta differenziata (“raccolta idonea a raggruppare i rifiuti urbani in frazioni merceologiche omogenee”: art. 6, comma 1°, lettera f), il d.lgs. n. 22/1997 prevede che annualmente i Comuni diano apposita comunicazione, secondo le modalità previste dalla legge 25 gennaio 1994 n. 70, in merito ai dati relativi – appunto – alla r.d. (art. 11, comma 4°), affinché Le Sezioni regionali e provinciali e delle Province autonome del Catasto dei Rifiuti provvedano all'elaborazione dei dati medesimi ed alla successiva trasmissione alla Sezione nazionale delle informazioni in essi contenute. “L'ANPA elabora i dati, evidenziando le tipologie e le quantità dei rifiuti prodotti, raccolti, trasportati, recuperati e smaltiti, nonché gli impianti di smaltimento e di recupero in esercizio, e ne assicura la pubblicità” (art. 11, comma 5°, d.lgs. 22/1997).

Al Capo II del decreto Ronchi dianzi citato, vengono disciplinate le competenze ai vari livelli amministrativi inerenti la gestione del ciclo dei rifiuti. Per quanto in particolare riguarda la raccolta differenziata, è stabilito che lo Stato indichi i criteri generali per l'organizzazione e l'attuazione della raccolta differenziata dei rifiuti urbani (art. 18, comma 1°, lettera m), che le Regioni provvedano alla “regolamentazione delle attività di gestione dei rifiuti, ivi compresa la raccolta differenziata di rifiuti urbani, anche pericolosi, con l'obiettivo prioritario della separazione dei rifiuti di provenienza alimentare, degli scarti di prodotti vegetali e animali, o comunque ad alto tasso di umidità, dai restanti rifiuti” (art. 19, comma 1°, lettera b), che le Province curino l'organizzazione delle attività di raccolta differenziata dei rifiuti urbani e assimilati sulla base di ambiti territoriali ottimali delimitati ai sensi dell'articolo 23 (cd. ATO: art. 20, comma 1°, lettera g) e che i Comuni stabiliscano “le modalità del conferimento, della raccolta differenziata e del trasporto dei rifiuti urbani al fine di garantire una distinta gestione delle diverse frazioni di rifiuti e promuovere il recupero degli stessi” (art. 21, comma 1°, lettera c).

Dopo aver previsto all'art. 24 le percentuali minime di raccolta differenziata dei rifiuti urbani rispetto al totale dei rifiuti prodotti, da realizzare entro determinate scadenze, il d.lgs n. 22/1997 si sofferma a lungo nel disciplinare dettagliatamente, nel Titolo II, la gestione dei rifiuti di imballaggi.

“L’impianto normativo sopradescritto, coerente e razionale, impone una scala di priorità ben definita nella strategia della gestione del ciclo integrato dei rifiuti, al fine della realizzazione dei suoi obiettivi. Infatti, a) al primo posto, ci sono le iniziative dirette a favorire, in via di assoluta priorità, la prevenzione e la riduzione della produzione e della pericolosità dei rifiuti, mediante tecnologie pulite - particolarmente quelle che consentono un maggior risparmio di risorse naturali - strumenti economici, analisi del ciclo di vita dei prodotti, azioni di informazione e di sensibilizzazione dei consumatori, prodotti concepiti appositamente in modo da non contribuire ad aumentare la produzione dei rifiuti, ecc.; b) secondariamente, c’è il recupero di rifiuti attraverso il reimpiego diretto ed il riciclaggio; c) poi, ci sono le altre forme di recupero per ottenere materia prima dai rifiuti assieme alle misure economiche tese a favorire il mercato dei materiali recuperati dai rifiuti; d) solo successivamente, nella scala delle priorità, è prevista l’utilizzazione dei rifiuti come combustibile (cdr) o come altro mezzo per produrre energia; e) infine, l’opzione più avversata è data dal ricorso alle discariche.

La raccolta differenziata svolge un ruolo prioritario nel sistema di gestione integrato dei rifiuti, in quanto consente sia di ridurre il flusso dei rifiuti da avviare allo smaltimento che di condizionare positivamente l’intero sistema di gestione, garantendo: a) la valorizzazione delle componenti merceologiche dei rifiuti sin dalla fase della raccolta; b) la riduzione delle quantità e della pericolosità dei rifiuti da avviare allo smaltimento indifferenziato, individuando tecnologie più adatte di gestione e minimizzando l’impatto ambientale dei processi di trattamento e smaltimento; c) il recupero di materiali e di energia nella fase del trattamento finale; d) la promozione di comportamenti più corretti da parte dei cittadini, con conseguenti significativi cambiamenti nelle abitudini di consumo, a beneficio di politiche di prevenzione e di riduzione” (deliberazione n. 6/2007/G della Sezione centrale di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato della Corte dei conti, “La gestione dell’emergenza rifiuti effettuata dai Commissari straordinari del Governo”, già citata in precedenza).

Per quanto specificamente concerne la Regione Campania, già con l'ordinanza P.C.M. n. 2425/1996, che affidò al Commissario delegato dal Governo per l'emergenza rifiuti in Campania – Presidente della Giunta Regionale specifici adempimenti finalizzati all’avvio di un programma di interventi, si previde che l’attivazione della raccolta differenziata occupasse una posizione primaria nell'ambito di tali interventi, fra i quali anche l’obbligo a carico dei Comuni - da disporre a cura del Commissario - di conferimento dei rifiuti urbani nei siti di produzione del cdr.

Con la successiva ordinanza n. 2948/1999 fu stabilito che il Commissario delegato-Presidente della Regione realizzasse gli interventi per la produzione e l’utilizzo del combustibile derivato da rifiuti e, in materia di raccolta differenziata, la realizzazione della stessa (per carta, plastica, vetro, metalli, legno e frazione umida) in collaborazione con i presidenti dei consorzi di bacino costituiti con la L.R. n. 10/1993 e sentiti i sindaci dei comuni interessati, in modo tale da raggiungere le percentuali (minime) del 15% di r.d. entro il 31.12.1999 e del 25% negli anni successivi (rispettivamente del 10% e del 15% per la frazione umida). L’art. 2 dell’ordinanza 2948/1999 dianzi citata affida al commissario delegato anche il compito (punto 1.14) di disporre “le modalità per il calcolo e l’accollo degli oneri gestionali a carico dei comuni”; al successivo art. 5 introduce una maggiorazione “nella misura del 6% per ogni punto percentuale in meno di raccolta differenziata rispetto all’obbiettivo minimo del 35%” della tariffa per il conferimento dei rifiuti urbani provenienti dai comuni che non abbiano realizzato nel mese precedente sul proprio territorio la raccolta differenziata nelle misure percentuali stabilite.

Con l'ordinanza n. 3100/2000 l’obiettivo minimo di raccolta differenziata da realizzare a partire dal 01.01.2001 è stato indicato al 30%, rispetto al precedente 35%, dopo di che l'ordinanza n. 3479/2005 ha previsto una riduzione della tariffa di smaltimento dei rifiuti per i comuni che alla data del 31.12.2004 avessero raggiunto una percentuale di raccolta differenziata almeno pari al 30% ed una ulteriore riduzione della medesima tariffa per quelli che avessero realizzato una percentuale di r.d. almeno pari al 35% al 31.12.2005. Successivamente, sono intervenute una serie di ulteriori disposizioni legislative - d.lgs. n. 152/2006 e legge 296/2006, con cui sono state previste le percentuali di raccolta differenziata dei rifiuti da realizzare entro varie scadenze, fino a pervenire alla percentuale del 65% entro il 31.12.2012, nonché legge n. 87/2007, in cui è stato previsto lo scioglimento dei consorzi costituiti ai sensi dell’articolo 6 della legge Reg. Campania n. 10/1993 per lo svolgimento del servizio di raccolta differenziata, ove tali consorzi “non adottino le misure prescritte da una specifica ordinanza commissariale ... per l’incremento significativo dei livelli di raccolta differenziata” dei rifiuti, da realizzare mediante misure idonee a determinare il raggiungimento degli obiettivi minimi di cui ai commi 1108 e 1109 dell’articolo 1 della legge n. 296/2006 - nonché contenute nell'ordinanza P.C.M. n. 3639/2008 – che ha previsto all'art. 3 l'obbligo per i comuni campani di elaborare entro un dato termine un piano delle misure necessarie per la raccolta differenziata, da realizzare in tempi brevi, pena, in caso di inadempimento, la nomina di un commissario ad acta da parte del commissario delegato. Del resto, con la precedente ordinanza P.C.M. n. 3529/2006 era stato assegnato un ulteriore contributo di 43 milioni di € per lo sviluppo della raccolta differenziata. Eppure, come giustamente posto in risalto nella deliberazione n. 6/2007/G della Sezione centrale di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato di questa Corte – già dianzi menzionata - nell'Indagine conoscitiva sull’attività della protezione civile in relazione alle situazioni emergenziali del Paese del 2007 della XIII Commissione permanente del Senato della Repubblica “(…) tutti lamentano una situazione debitoria pregressa molto pesante, legata al fatto che i Comuni facenti parte del consorzio non affidano al consorzio medesimo il servizio di raccolta differenziata. Molti di questi consorzi gestiscono pochi Comuni rispetto a quelli per i quali dovrebbero espletare il servizio di raccolta differenziata. (…) I Comuni che non si avvalgono dei consorzi spesso fanno ricorso a soggetti terzi ai quali affidano questo servizio, a volte anche senza gara ad evidenza pubblica, oppure costituiscono delle società ad hoc. E’ evidente quindi lo sperpero di denaro dal momento che essi pagano ai consorzi la quota di adesione e nel contempo istituiscono nuove società, il che vuol dire nuovi consigli di amministrazione e nuovo personale. Il tutto senza ottenere risultati ottimali: spesso e volentieri si tratta di Comuni che raggiungono un massimo di 7-8 per cento di raccolta differenziata.(…) Ciò sostanzialmente ha portato ... ad una sorta di proliferazione di società, che hanno messo in piedi consigli di amministrazione ... e hanno fatto ricorso all’assunzione di altro personale, quando già la normativa prevedeva che, comunque, i Comuni si dovevano avvalere dei lavoratori socialmente utili.”

Le precitate prescrizioni normative vengono riportate nell'atto introduttivo del giudizio al fine di evidenziare, condivisibilmente, “il ruolo di primo piano della raccolta differenziata, presupposto indispensabile per una corretta gestione dei rifiuti, che specialmente nella nostra Regione assume, per la particolare situazione di emergenza in cui da tempo versa, un’importanza ancor più pregnante”. Di tale primarietà della r.d. ai fini della corretta gestione del ciclo dei rifiuti, forniscono ulteriore conferma una serie di osservazioni contenute nella “Relazione Territoriale sulla Campania” approvata il 26.01.2006 dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti e trasmessa alle Presidenze delle Camere il 01.02.2006 (cfr. all. n. 26 al fascicolo di Procura). In tale relazione, infatti, viene posto in rilievo che – come pure già evidenziato in precedenza - già con l'ordinanza P.C.M. del 18.03.1996, che attribuiva al commissario delegato–Pres. Regione Campania un ruolo centrale per l'avvio di un programma per la realizzazione delle attività di gestione dei rifiuti, uno dei punti qualificanti di tale programma era costituito proprio dall'attivazione della raccolta differenziata, che ha poi rivestito sempre un ruolo centrale in tutte le disposizioni adottate con le ordinanze commissariali successivamente emanate. Infatti, nella relazione in parola la mancata o insufficiente attivazione in molti comuni campani della r.d., con conseguente crescita a dismisura delle quantità di rifiuti indifferenziati, viene indicata quale concausa dei problemi di blocco e cattivo funzionamento dei sette impianti di produzione del CDR, cioè come fonte di ripetute situazioni emergenziali date dalla presenza di tonnellate di rifiuti giacenti nelle strade.

Il requirente ha riportato nell'atto introduttivo del giudizio, a titolo ulteriormente esplicativo degli enormi costi sopportati dalla collettività campana a seguito dell'errata gestione del ciclo dei rifiuti ed in particolare per effetto della mancata o insufficiente attivazione in molti comuni della r.d., uno studio del 2007 del prof. Alessandro Marangoni, intitolato “Quanto costa alla Campania e al Paese non fare la RD di carta?”, in cui “per calcolare i costi annui sostenuti per smaltire la carta non raccolta e confluita tra i rifiuti urbani indifferenziati sono enumerate le voci che concorrono a definire il costo finale di smaltimento, individuate nel costo di smaltimento in discarica, nel costo di trattamento in impianti di compostaggio, nel costo di trattamento, biostabilizzazione e produzione di CDR, nel costo di stoccaggio delle eco-balle prodotte in piattaforme e discariche, nel costo figurato di incenerimento delle eco-balle stoccate, ossia il costo di incenerimento in Italia del CDR che di anno in anno viene accantonato. Ancora è valutato il costo da mancata generazione energetica, nonché i benefici ambientali per emissioni evitate, i benefici economici da mancato smaltimento, il valore della materia prima generata, il beneficio sociale per occupazione generata. Il risultato finale dell’articolata analisi è che il non aver fatto la RD di carta e cartone dal 1999 al 2005 è costato alla Campania e all’intero Paese almeno 102 milioni di €” (pag. 19 atto di citazione – cfr. all. n. 27 al fascicolo di Procura).

D'altra parte, sia la relazione della commissione parlamentare e sia la relazione della Sezione centrale contabile di controllo (entrambe più volte ricordate in precedenza) hanno evidenziato che le priorità stabilite per l'attuazione del sistema di gestione del ciclo dei rifiuti stabilite dalle varie disposizioni legislative ed attuative (ordinanze P.C.M. e commissariali) sin dal 1997 - in particolare, attività di produzione di cdr, trasferenza e costruzione di impianti di compostaggio – sono rimaste totalmente inattuate in assenza di un'efficace raccolta differenziata ed a causa del grave ritardo nella realizzazione degli unici 2 impianti di termovalorizzazione previsti, con il conseguente collasso del Piano Regionale di smaltimento rifiuti del 1997 e con la drammatica situazione di emergenza nell’emergenza ciclicamente ricorrente nella Regione.

Tuttavia, la relazione del 2006 della Commissione parlamentare d'inchiesta della XIV Legislatura ha rilevato come le percentuali di raccolta differenziata realizzate in talune zone della Regione siano estremamente elevate, registrando la presenza di comuni particolarmente virtuosi, con la conseguenza che non può “invocarsi a comoda, quanto superficiale, giustificazione una sorta di invincibile ritardo culturale che segna le comunità campane; se è vero, come è vero, che vi sono molteplici comuni in cui le percentuali di raccolta differenziata viaggiano stabilmente al di sopra dei parametri indicati dal decreto Ronchi”. Infatti, la relazione del 2007 della Sezione centrale contabile di controllo ha puntualmente riportato che “secondo 'Comuni ricicloni 2005', le percentuali riferite al 2004 dei Comuni più virtuosi sono le seguenti: Atena Lucana 77,1%; S. Cipriano Picentino 72%; Bellizzi 71,8; Montecorvino Rovella 70,9; Giffoni Sei Casali 70,6%; S. Mango Piemonte 68,7; Rofrano 68,6; Fisciano 62,9; Corsara 60%. Tali percentuali coincidono, sostanzialmente, con quelle della nota commissariale n. 21263 del 6/10/2005”.

Conclusivamente, deve osservarsi che il clamoroso fallimento dell'attività regionale campana di gestione dei rifiuti, ascrivibile in considerevole percentuale alla più che insufficiente attivazione della raccolta differenziata, è disceso non solo dall'errato e talora dissennato impiego delle risorse disponibili da parte delle varie gestioni commissariali, bensì anche dall'inadempimento da parte di molte amministrazioni comunali delle prescrizioni impartite in materia – appunto – di raccolta differenziata.

Orbene, che ai Comuni fossero attribuiti una serie di obblighi nella regolamentazione della materia di che trattasi, si desume non solo dall'art. 21 del d.lgs n. 22/1997 – precedentemente riportato – e dalle disposizioni contenute nelle ordinanze sopra ricordate, ma anche da quanto stabilito nel Piano regionale di smaltimento dei rifiuti, approvato nel 1997, aggiornato nel 2002 ed adeguato alla legge n. 21 del 2006 nello stesso anno.

In primo luogo, va evidenziato che il Piano regionale per lo smaltimento dei rifiuti venne adottato, per la prima volta, nell'anno 1997 in esecuzione di quanto prescritto dall'ordinanza n. 2560/1997 del Ministero dell'Interno, che previde, appunto, l'adeguamento del piano medesimo alle disposizioni del d.lgs. n. 22/1997 e stabilì, all'art. 1, comma 4°, punto 4.1., che “ai fini dell'attuazione del piano, il commissario delegato dispone: l'attivazione ... della raccolta differenziata” in determinate percentuali entro dati termini, con l'avvalimento a tal fine “della collaborazione dei sindaci dei comuni capoluogo di provincia”.

Il piano regionale del 1997, quindi, ha previsto, alla parte sesta, dedicata specificamente al sistema della raccolta differenziata dei rifiuti, punto 6.3, che entro il 31.07.1997 i Comuni, ai sensi dell'art. 21 del d.lgs. n. 22/1997, dovessero approntare ed approvare “appositi regolamenti con i quali, tra l'altro, disciplineranno, nel rispetto dei principi di efficienza, efficacia ed economicità, le modalità del conferimento di raccolta e trasporto dei rifiuti provenienti dalla raccolta differenziata nell'ambito del proprio territorio ... con tali regolamenti i Comuni dovranno individuare i 'PUNTI DI RACCOLTA' diffusi sul territorio e l'area di ubicazione dell''ISOLA ECOLOGICA'”. Nel caso di mancata adozione dei regolamenti in parola, il piano regionale del 1997 ha stabilito che le Provincie avrebbero dovuto provvedere alla nomina di appositi commissari ad acta per l'adozione dei provvedimenti di approvazione dei regolamenti stessi. E' stato, inoltre, previsto, che entro il medesimo termine del 31.12.1997 i Comuni dovessero attuare “almeno la raccolta differenziata multimateriale secca” e che entro il 31.12.1999 dovessero realizzare la raccolta differenziata monomateriale, “al fine del raggiungimento dell'obiettivo fissato al 35%”, cioè tutti i cittadini avrebbero dovuto “conferire presso i punti di raccolta (negli appositi contenitori o campane stradali) o presso i cassonetti condominiali il materiale riciclabile costituito essenzialmente da 'MATERIALE RICICLABILE SECCO' (carta, plastica, metalli e vetro) e da 'MATERIALE RICICLABILE UMIDO'”.

Con ordinanza n. 319/ 2002 del commissario delegato sono stati poi approvati il piano di ridefinizione gestionale del ciclo integrato dei rifiuti nella regione Campania e il piano economico finanziario riferito allo sviluppo del ciclo integrato dei rifiuti nei rispettivi ambiti; inoltre, sono stati istituiti gli Ambiti Territoriali Ottimali (ATO) coincidenti con le Province di Avellino, Benevento, Caserta, Salerno, Napoli (oltre a due sub ATO per la Provincia di Napoli) e – per ogni ATO e sub ATO - gli Enti d’Ambito per il ciclo integrato dei Rifiuti (EPAR), a cui è affidata la gestione amministrativa del ciclo integrato dei rifiuti a valle della raccolta degli stessi (ivi compreso il “coordinamento dei soggetti di cooperazione dei Comuni all’interno dell’Ambito Territoriale Ottimale”).

In particolare, il piano di ridefinizione gestionale del ciclo integrato dei rifiuti nella regione Campania dianzi citato, approvato nel 2002, ha posto, in primo luogo, le seguenti premesse:

“Al fine di adempiere a quanto previsto dal D.L. 22/97 e dalle OO.MM. in particolare art. 4 dell’O.M. 3100/00 si rende necessario definire ed istituire gli enti di gestione e coordinamento degli ambiti territoriali ottimali e i soggetti di cooperazione tra comuni a cui affidare l’esercizio in forma associata delle funzioni amministrative in materia di rifiuti ... il nuovo modello impiantistico realizzato ed in via di realizzazione e la necessità di basare il ciclo integrato dando priorità alla raccolta differenziata ed alle conseguenti attività di recupero, impone una totale revisione ed un coordinamento di tutte le fasi in un quadro di razionalizzazione e di ottimizzazione dei servizi in assenza del quale i costi a carico dei comuni e di riflesso dei cittadini diventerebbero insostenibili ... Ulteriore elemento che rende fondamentale ed improcastinabile la rimodulazione delle forme gestionali del ciclo integrato dei rifiuti è dato dalla necessità di stabilire una tariffa unica, in ambiti provinciali che si riferisca non alle varie fasi delle attività di trattamento, recupero o smaltimento, ma che rappresenti la tariffa del ciclo integrato dei rifiuti in grado di premiare coloro che, attraverso la raccolta differenziata sostengono un modello economico basato sulla priorità del recupero di materia”.

Inoltre, “Per quanto concerne le attività di raccolta dei rifiuti e l’individuazione dei soggetti di cooperazione per la gestione amministrativa in forma associata delle attività di raccolta unitaria dei rifiuti, al fine di raggiungere l’obiettivo della economicità dei servizi di raccolta, del coordinamento tra le attività di raccolta del sistema impiantistico realizzato o realizzando, della razionalizzazione dei mezzi e del personale impegnato, si istituiscono, sulla base delle forme organizzative previste dalla normativa esistente, soggetti di cooperazione tra i comuni, di cui all’art. 4 dell’O.M. 3100/00.

Gli attuali consorzi di Bacino di cui alla L. R. 10/93 attualmente esistenti in ogni ambito andranno a costituire soggetti di cooperazione tra i Comuni”.

Fra le competenze dei soggetti di cooperazione viene indicata la “determinazione di una tariffa su scala sovracomunale, relativamente alla raccolta, che tenga conto dei necessari correttivi determinati da particolari esigenze da parte dei singoli Comuni, in particolare in funzione del numero dei lavoratori già impegnati nella raccolta, all’incidenza del periodo turistico e di altri fattori oggettivi che determinano significative differenze tra i Comuni”.

E' poi previsto l'obbligo per i soggetti di cooperazione di elaborare “entro 90 giorni dalla loro costituzione, un piano di raccolta integrata dei rifiuti su tutto il bacino di competenza”, conforme ai piani ed alle linee-guida stabiliti dal commissariato di governo, che avrebbe dovuto comunque contenere: “- un piano di raccolta integrato con specificato le modalità di raccolta - un piano economico finanziario - elaborazione della tariffa suddivisa per utenze domestiche e non domestiche sulla base della formula generale del presente atto - un regolamento di igiene urbana o un’Ordinanza Sindacale conforme al piano stesso che contempli le modalità di conferimento dei rifiuti e le sanzioni ai trasgressori - sistemi di controllo da parte del Comune rispetto al gestore del servizio e rispetto agli utenti”.

Quindi, secondo quanto specificato dal piano economico-finanziario allegato al piano di ridefinizione gestionale del ciclo integrato dei rifiuti, “l’attivazione dei nuovi servizi di raccolta differenziata è legata ad una gestione associata dei servizi in tutti i Comuni rispondente a criteri di efficienza, efficacia ed economicità”.

Successivamente, il piano regionale del 2006 ha esposto, al punto 1.3 intitolato “La raccolta differenziata”, quanto segue: “Sebbene la RD sia posta in primo piano nelle attività degli Enti interessati, i risultati acquisiti sul territorio regionale al 31 dicembre 2004 attestano al 13 % la percentuale di materiali inviati a recupero. Detto risultato è la sintesi di realtà sensibilmente differenti. Infatti, analizzando in dettaglio i dati forniti dai Comuni delle diverse aree geografiche, si evincono i seguenti risultati:

· provincia di Avellino: 17,4 %

· provincia di Benevento: 9,0 %

· provincia di Caserta: 10,2 %

· provincia di Napoli: 10,0 %

· provincia di Salerno: 20,4 %

In generale, si pone in evidenza che nei grandi agglomerati urbani la raccolta differenziata fino ad oggi non ha prodotto risultati apprezzabili. Numerosi, invece, sono i Comuni, di medie e piccole dimensioni, che hanno ormai superato la soglia del 35% di raccolta differenziata. In generale, comunque, nessuna provincia, in media, ha raggiunto i livelli previsionali dettati dalla vigente normativa”.

Infine, appare opportuno rilevare, al fine di delineare compiutamente i contorni normativi e gestionali amministrativo-contabili della fattispecie oggetto del giudizio, che l'ordinanza commissariale n. 28/2004 fissava l’obbligo per tutti i Comuni campani di avviare sul proprio territorio un definito servizio di raccolta differenziata (secondo le linee guida approvate con la precedente ordinanza commissariale 27/04), in ragione del fatto “… che lo sviluppo della raccolta differenziata rappresenta nel territorio campano oltre che un obbligo di legge supportato dalle note valenze ambientali, anche un ineludibile elemento per superare l’emergenza nel settore rifiuti” e che “…ulteriori ritardi nello sviluppo della raccolta differenziata comporterebbero tra l’altro, maggiori difficoltà operative nelle forme di smaltimento, pesanti oneri economici nella gestione di una enorme quantità di frazione organica derivante da selezione meccanica e un irrazionale utilizzo della manodopera già impiegata nel settore”.

In effetti, come condivisibilmente evidenziato nell'atto introduttivo del giudizio, “l’inadempimento del vincolo normativo sul raggiungimento delle previste quote di raccolta differenziata ha concorso alla situazione di crisi nel settore rifiuti, ed è stata una delle cause che ha indubbiamente aggravato le difficoltà ed i costi dell’emergenza” (pag. 22 dell'atto di citazione); sul punto, la relazione della Sezione centrale di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato della Corte dei conti approvata con deliberazione n. 6/2007/G (precedentemente citata) ha rilevato l'enormità delle “risorse spese per far fronte alla situazione di emergenza nell’emergenza, derivanti, sostanzialmente, dai costi connessi allo smaltimento dei rifiuti in impianti fuori Regione ed in territorio estero”, quantificando in € 561.517.499 la spesa affrontata dal Commissariato rifiuti





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