CASO COSENTINO, DAI GIORNALI: TINTINNIO DI MANETTE, COME TANGENTOPOLI
Data: Martedì, 10 novembre @ 11:22:50 CET
Argomento: Cronaca




CASERTA, 10 NOVEMBRE 2009 - “Da giorni in redazione - scrive Maurizio Belpietro su LIBERO - non si fa che parlare dei prossimi arresti. Non c’è solo la richiesta per il sottosegretario Nicola Cosentino. Si vocifera anche di altre inchieste. E secondo i colleghi, per la firma si tratterebbe di una questione di giorni, forse addirittura di ore. I mandati riguarderebbero sia il versante adriatico che quello tirrenico, dalla Puglia alla. Campania. Nel mirino amministratori e parlamentari, accusati di un certo numero di reati e di relazioni con la criminalità organizzata. A questi filoni, si aggiungerebbero altre storie che riguardano importanti esponenti politici, anche nel Nord. Non mi è noto quanto di vero ci sia nel tam tam che è giunto a noi di Libero e, come immagino, ad altre testate. So soltanto che il clima non mi piace, anzi mi inquieta. Gli avvisi di garanzia a mezzo stampa mi riportano indietro nel passato, agli esordi di Tangentopoli. Anche allora i ragazzi della giudiziaria tornavano dal giro in tribunale preavvisandoci delle manette che sarebbero scattate di lì a qualche ora. In alcuni casi si preparavano fuori dalla porta del catturando, per poter cogliere insieme col fotografo l’immagine stralunata di un potente spinto a, forza dentro il cellulare. In altri casi era, lo stesso cronista a ‘notificare’ il mandato, chiamando al telefono il futuro detenuto per accertarsi se fosse o meno già dietro le sbarre. La fuga di notizie era la regola, o più probabilmente il sistema, che doveva rendere ancora, più fragile la tenuta psicologica dell’indagato e quella della sua famiglia. Come è noto, a qualcuno mancò la forza di resistere e preferì farla finita. Ripensandoci, si trattava di barbarie vera, ma tutti, me compreso, eravamo immersi in un clima da fine Repubblica e di ghigliottina, e non fummo neppure sfiorati dall’idea di un errore giudiziario o, peggio, di un disegno politico alla base dei fermi. Gli arrestati erano già condannati prima ancora d’essere processati e i pm apparivano giustizieri che ponevano fine a un sistema corrotto, senza guardare in faccia a nessuno e con assoluta imparzialità e correttezza. Scoprimmo col tempo lo strabismo di certi magistrati: veloci e implacabili quando si trattava di colpire democristiani e socialisti, lenti e protettivi appena andavano di mezzo gli esponenti del Partito comunista. Verificammo poi che molti di quelli finiti dentro erano in realtà innocenti, la, cui unica colpa era quella di militare in un partito che doveva essere levato di mezzo. Comprendemmo solo a distanza che dietro la voglia di far pulizia si nascondeva il desiderio di molte toghe di sostituirsi alla politica. Soltanto nel 1994 - prosegue Belpietro su LIBERO - si capì che i giudici erano pronti a prendersi il Paese e già avevano messo gli occhi sui posti da occupare in ogni ministero. Il presidente Scalfaro avrebbe dovuto consegnare loro le chiavi del governo, dopo che gli ultimi arresti si fossero portati via ciò che rimaneva. I magistrati in tal caso sarebbero apparsi come angeli salvatori, cui per diritto, e non per voto, toccava la guida del Paese. Sarebbe stata una Repubblica fondata sul codice penale e non più sul lavoro, anzi, una. Repubblica da bagno penale. La discesa in campo di Berlusconi fermò il progetto o per lo meno lo rinviò. Già, perché a rileggere le dichiarazioni del procuratore di Palermo Antonio Ingroia, viene da chiedersi se i magistrati non si sentano ancora una volta incaricati di un potere salvifico che non guarda in faccia a nessuno, soprattutto alla volontà popolare. Da questi discorsi riemerge un progetto ‘per ribaltare il corso degli eventi’ e un programma ‘per la salvezza in questi anni bui’. Parole da brivido che, dopo essere state rivelate da Libero, sono state riprese dal direttore del Tg1 in un suo editoriale. Ieri sera, Augusto Minzolini si è chiesto se dopo quasi vent’anni di lotte tra politica e magistratura, col rischio di una sottomissione della prima alla seconda, non sia ora di ripristinare l’istituto dell’immunità parlamentare voluto dai padri costituenti nel 1948. Immaginiamo che per queste parole il direttore del principale telegiornale del Paese sarà linciato dalla solita stampa di sinistra. Ma avendo noi per primi proposto la reintroduzione dell’articolo 68 nella Costituzione - conclude Belpietro su LIBERO - possiamo dire che di questo passo in Italia il linciaggio non lo rischia solo ‘Mino’, ma l’intero sistema democratico se finisce nelle mani dei giudici”.





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