Ecco alcuni stralci dell'intervista del viceministro Pdl Nicola Cosentino rilasciata ad Angelo Agrippa del Corriere della Sera di Napoli sul caso del tinitinnio di manette per il deputato di Casal di Principe. Qui l'intervista completa su link Corriere del Mezzogiorno.it
CASAL DI PRINCIPE (Caserta), 9 novembre 2009 - Sono vittima — e di ciò chiederò conto nelle sedi opportune — di una macelleria mediatica senza precedenti, di un imbarbarimento della lotta politica che mai aveva toccato tali livelli». Il sottosegretario all’economia con delega al tesoro, Nicola Cosentino, ha consegnato a poche righe di agenzia la sua reazione di sdegno nei confronti di quella che poi definisce «l’offensiva di una stampa militante che ha come unico obiettivo l’attività di killeraggio».
Cosa pensa di Gomorra e di Roberto Saviano?
«Gomorra , non lo dico io, è stato un best seller mondiale. Saviano? Beh, io ritengo di essere dalla sua stessa parte contro i clan, e le cronache dei giornali da anni possono testimoniarlo; mentre lui ha scelto politicamente di stare dalla parte di Repubblica . È strano che si ricordi e scriva male di me solo ora: perché in Gomorra non mi ha mai citato?».
È d’accordo sulla conferma della scorta a Saviano?
«Certo che sono d’accordo. Credo che chiunque sia identificabile come obiettivo della ritorsione dei clan debba essere protetto. Così i magistrati, i giornalisti e tutti gli operatori del fronte anti-clan»
Conosceva personalmente don Diana, il parroco ucciso nella chiesa di San Nicola a Casal di Principe il 19 marzo 1994?
«Certo che lo conoscevo, don Peppino. La sua morte l’ho vissuta con dolore. Con la famiglia di don Peppino ci sono anche legami di parentela, ma soprattutto c’è sempre stato un ottimo rapporto e una costante frequentazione. Sono da anni vicino alla Chiesa più viva, presente e combattiva del territorio aversano: quella rappresentata da don Carlo dell’Aversana, don Franco Picone, don Armando Broccoletti e tanti altri sacerdoti».
C’è un altro suo fratello imparentato con un affiliato ai clan?
«Siamo sette fratelli, tutti professionisti. Mio fratello Mario conobbe la sua attuale moglie quando il cognato, colui il quale oggi è considerato un affiliato ad una cosca, era pressoché un bambino. Forse aveva dieci anni. Quando Mario si è sposato, il cognato ne aveva quattordici. Avrebbe mai potuto immaginare che diventasse un delinquente? E poi, che colpa ne ha mio fratello? E io?».