MARCIANISE (CASERTA): IL DELITTO SALZILLO COME IL CASO GATTI DI BRESCIA
Data: Mercoledì, 09 settembre @ 14:16:22 CEST
Argomento: Giudiziaria




SANTA MARIA CAPUA VETERE (Caserta), 9 settembre 2009 - Sebbene non sia ancora del tutto chiaro il movente che portò all'omicidio di un infermiere marcianisano, esistono indizi gravi, precisi e concordanti che confermano la colpevolezza di un imprenditore vinicolo di Marcianise, Domenico Salzillo, condannato a 22 anni di reclusione per il delitto di Antonio Matarazzo, l'infermiere della clinica Villa del Sole ucciso nel maggio del 2007. Lo affermano i giudici della Corte di Assise di Santa Maria Capua Vetere (presidente Elvira Capecelatro, relatore giudice Maria Francica) che hanno depositato la motivazione della sentenza emessa lo scorso giugno. La sentenza sammaritana, destinata a fare giurisprudenza, richiama - in molti passaggi - il caso giudiziario di Guglielmo Gatti, l'uomo accusato di aver ucciso e fatto a pezzi gli zii, nel 2005 a Brescia e condannato all'ergastolo anche dalla Cassazione. Secondo gli ermellini, citati dai giudici sammaritani nella sentenza in riferimento al caso Donegani-Gatti, «in presenza di elementi indiziari univoci, stringenti, non è necessario, ai fini dell'affermazione di responsabilità l'accertamento preciso della causale». L'infermiere marcianisano, fu ucciso con diverse coltellate alla gola: il delitto sarebbe avvenuto all'interno dell'azienda vincola di Salzillo. Il cadavere fu avvolto in un telo e trasportato a bordo del furgone in una zona di campagna che Domenico Salzillo conosceva e frequentava. Poi il corpo sarebbe stato dato alle fiamme. Oltre alla condanna a 22 anni, la Corte aveva deciso 75 mila euro di provvsionale (a favore della moglie della vittima, Rosa Tartaglione, assistita dall'avvocato Mariano Omarto). La difesa dell'imprenditore proclamatosi innocente e rappresentata dagli avvocati Giuseppe Stellato e Claudio Sgambato, aveva invocato l'assoluzione, parlando di prove indiziarie. «Appare ipotizzabile, alla stregua degli elementi raccolti - scrive la Corte - un movente di gelosia, riconducibile ad una relazione che la vittima avrebbe avuto con la moglie del Salzillo. Tuttavia - ritiene la Corte - non possono dirsi accertate le riferite circostanze ma, la mancanza di prova diretta o indiziaria del movente, non incide in alcuna misura nel giudizio, nel quale è stata comunque acquisita sufficiente ed apprezzabile prova della condotta ascritta all'imputato»





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