ARTE E CULTURA, REGGIA DI CASERTA: MOSTRA SU IMPRESSIONISTI E POST-IMPRESSIONIST
Data: Venerdì, 19 dicembre @ 16:20:03 CET
Argomento: Cultura




CASERTA - “Il monumento simbolo della provincia di Caserta ospita ancora una volta un evento di rilevanza nazionale. Una mostra che si inquadra in un progetto ampio e complesso per la valorizzazione del territorio di Caserta e la sua Provincia”. Lo ha detto Vincenzo Iodice presidente dell’Ente Provinciale per il Turismo di Caserta alla presentazione, nei saloni dell’Ept nel Palazzo Reale, della mostra: “Dal paesaggio all’impressione. Impressionisti e post-impressionisti. Dipinti dei musei civici di Pavia tra ottocento e novecento. La donna, il paessaggio e l’impressione”. L’esposizione aperta da domani 20 dicembre e fino al 29 marzo del 2009 presenta una ricca rassegna degli sviluppi della cultura figurativa italiana tra il XIX e il XX secolo. La mostra curata da Susanna Zatti direttore dei Musei Civici di Pavia e Giovanna Petrenga già direttrice della Reggia con il coordinamento di Ferdinando Creta è promossa dalla Regione Campania, Assessorato al Turismo e - con la partecipazione della Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici, Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le province di Caserta e Benevento, Provincia di Caserta ed Ente Provinciale del Turismo di Caserta, Comuni di Caserta e di Pavia, Confindustria e Camera di Commercio di Caserta. Accanto a Iodice anche il Sovrintendente per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le Province di Caserta e Benevento Enrico Guglielmo, la curatrice Zanni, l’assessore alla Cultura del Comune di Pavia, il direttore dell’Ept Antonio Cardano e Ferdinando Creta. Per Guglielmo “la grande collaborazione sviluppatasi tra più Enti ha permesso la realizzazione di un evento particolarmente interessante e importante. La mostra – continua – illustra, infatti, due dei secoli più fecondi per la pittura italiana con particolare riferimento alle esperienze artistiche e al gusto collezionistico che fiorirono nel territorio lombardo, mediante una scelta espositiva che decide di privilegiare raggruppamenti tematici. I dipinti conservati presso i Musei Civici di Pavia costituiscono un repertorio ampio ed originale dell’arte ottocentesca e di quel percorso alternativo al classicismo e al romanticismo storico e romanzesco che la scuola pavese propose e sviluppò nel variegato panorama italiano pre e post unitario. L’orientamento alternativo si andò enucleando intorno all’Accademia attiva a Pavia dal 1842, a seguito del legato testamentario di Defendente Sacchi, noto poligrafo e conoscitore d’arte, che con la sua donazione diede il primo impulso a quella che fu una feconda fucina di talenti: dai fratelli Trécourt a Federico Faruffini, da Pasquale Massacra a Tranquillo Cremona, fino a Giorgio Kienerk, ultimo direttore della Civica Scuola di Pittura di Pavia dal 1905 al 1934. Accanto ai pregevoli prodotti della scuola artistica locale, si affiancano le raffinate scelte collezionistiche dei coniugi Morone - confluite nel 2001, grazie a una esemplare donazione, nelle raccolte civiche del Castello Visconteo di Pavia – che consentono una puntuale documentazione della pittura italiana tra Otto e Novcento prediligendo soprattutto i pittori legati alla scuola francese: da Boldini a De Nittis, a Zandomeneghi. Temi conduttori scelti per la mostra casertana sono il paesaggio e la donna: due soggetti in grado di offrire, come pochi altri, chiavi di lettura e lenti d’ingrandimento attraverso cui indagare le tante novità di quella stagione artistica. Sul finire dell’Ottocento il paesaggio si trasforma in “teatro di emozioni” e dall’osservazione en plain air – che scalzerà la tradizionale trascrizione mimetica della realtà per cogliere la fuggente impressione di una visione, attenta alle mutevoli suggestioni della luce e del colore – si giunge alla forza evocativa della pittura simbolista, in cui realtà ed immaginazione concorrono all’espressività pittorica dei sentimenti. Dai paesaggi cittadini di Angelo Inganni e Francesco Trécourt la mostra dunque ci conduce alle prime prove d’impronta macchiaiola di Vincenzo Cabianca, alla sperimentazioni divisioniste di Vittore Grubiey de Dragon, alla pittura - attenta ai passaggi cromatici e alla resa dell’atmosfera - di Serafino Macchiai, il terzo “italiano di Parigi” accanto a De Nittis e Zandomeneghi, fino ai paesaggi di montagna innevati di Oreste Alberini. Nello stesso lasso di tempo il diversificato repertorio del ritratto femminile ratificherà, nella innovativa trattazione del soggetto, una rivoluzione del tessuto sociale in cui la borghesia e l’ideologia progressista giocano un ruolo dominante. La signora con bincolo di De Nittis e le numerose donne in lettura (nelle opere di Luigi Trécourt o di Leonardo Bazzaro o nel Ritratto di Carla Morone in lettura di Mario Acerbi) mostrano la partecipazione della donna alla vita salottiera e mondana ma anche la sua emancipazione culturale. In mostra, i volti, i sentimenti, i gesti delle donne si succedono, proponendo un catalogo di figure femminili di grande fascino secondo un percorso creativo che, passando attraverso l'iconografia intimista di Federico Zandomeneghi - capace pur nel contesto della rivoluzione impressionista di mantenere una forte individualità che ripropone con vigore l'ipotesi di un impressionismo italiano dotato di una propria fisionomia - giunge all'alternativa divisionista e poi simbolista di Plinio Nomellini e Giorgo Kienerk. Ecco allora esposte a Caserta le donne còlte nelle fatiche quotidiane di Angelo Tommasi e di Dall'Oca Bianca, che in Donna che che cuce mostra ormai matura una nuova esperienza pittorica attraverso la pratica della fotografia; e ancora gli olii e i pastelli - come Donna nuda coricata, La toilette, il Busto di ragazza nuda o la singolare e affascinante Roussott - in cui Zandomeneghi si sofferma sulla figura femminile con un'intonazione carezzevole ed affettuosa, senza nulla concedere al voyerismo. Ecco l'impressione temporanea, pallida e tremolante delle pitture scapigliate di Daniele Ranzoni - che traccia volti di giovani donne minute dagli atteggiamenti naturali e colloquiali - affiancate alla bellissima Lucilla di Nomellini, dallo sguardo intenso e fuggente (opera che venne esposta nella sala personale dedicata al pittore nella Biennale di Venezia del 1920) in cui l'artista livornese, avviluppando il corpo e il volto della donna in una vegetazione rigogliosa, sembra volerla cogliere in un momento di metamorfosi con l'elemento naturale, sorta di trasfigurazione dal sapore simbolista; mentre, infine, saranno sempre tre figure femminili enigmatiche quanto affascinanti, nel trittico dedicato all'Enigma umano, a rappresentare nell'opera di Kienerk il Dolore, Il Silenzio e il Piacere. (19 dicembre 2008)





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