CASO LADY MASTELLA: LA STAMPA NAZIONALE RIDICOLIZZA IL PROCURATORE
Data: Venerdì, 18 gennaio @ 17:24:25 CET
Argomento: Cronaca


La stampa nazionale ridicolizza il procuratore Capo di Santa Maria Capua Vetere Mariano Maffei (lo stesso Mastella lo indica come una macchietta). Il magistrato diventa superstar su Youtube con i tic e i farfugliamenti (come scrive Il Mattino a firma di Ajello) e Il Giornale, Corriere della Sera e L'Opinione fanno altrettanto soffermandosi sul dialetto e l'intellegibilità del discorso. Proprio l'Opinione, oggi parla della conferenza di Maffei paragondola al film Un giorno in pretura di Steno.



Roma (di Paolo Pillitteri da L'Opinione del 18 gennaio 2008 ) - Se non fosse tragica, per i diretti interessati oltre che per noi italiani, la vicenda giudiziaria culminata con una spettacolare retata analoga a quella della vicenda Tortora, avrebbe tutti i numeri e i personaggi per un remake dell’immortale “Un giorno in pretura” di Steno, una vera e propria pietra miliare della commedia all’italiana ai suoi albori più ruspanti, con venature dialettali e con una sotterranea vena caricaturale nei confronti delle toghe (gudici e avvocati) che s’è persa col tempo. Siamo riandati col pensiero a quella pellicola degli anni cinquanta mano a mano che il Mentana di “Matrix”, al meglio di sé, lasciava che l’occhio elettronico e i microfoni aperti si soffermassero sulla conferenza stampa del magistrato Maffei, responsabile della “vesuviana” Procura di Santa Maria Capua a Vetere, epicentro del terremoto antimastelliano. La regia di Steno Mentana aveva un non so che di ironico, seppur trattenuto sotto i baffi, col retrogusto sardonico di uno che sa di avere tra le mani non uno scoop ma qualcosa di più, un film, con attori (involontariamente) inarrivabili. Attori dal vero con modelli ispiratori superbi, come il napoletanissimo Peppino De Filippo, pretore della seconda sezione, Salomone Lo Russo, alle prese coi casi più stravaganti con a fianco il cancelliere Pandolfini, il Pm Maresca, il testimone Calì, l’avvocato charmant e smemorato De Sica (“stiamo con la difesa o con la parte civile?”), il pubblico rumoreggiante, i giornalisti petulanti e, naturalmente, l’imputato, di volta in volta un Sordi beccato nudo nel lago o un Mastroianni bigamo ma innocente. Di tanto in tanto il margine fra realtà e fiction svaniva, col sottofondo del minaccioso ritornello “giù le mani dalle Toghe!” del ministro Di Pietro per il quale le dimissioni sono sempre degli altri; e intanto il crudele conduttore di “Matrix” non riusciva a capire, come noi, dove stessero i gravissimi reati contro la famiglia Mastella e si interrogava sorridendo sulle risposte dall’inconfondibile accento partenopeo del Procuratore vero che, esattamente come Sordi nel film, fingeva di non capire quando il pretore finto, De Filippo storpiava volutamente il suo nome da Meniconi in Mericoni. Dal canto suo, sadicamente, l’ex guardasigilli nordico Castelli commentava: non ho capito quasi niente. Che spettacolo! In realtà, fuori dalla fiction, non c’era e non c’è bisogno di capire alcunché, essendo tutto chiaro, lampante, concreto. Riassumibile in una terribile sequenza, scandita alla Camera dal lucido Casini: Giustizia ad orologeria, Tangentopoli. Una classe politica seria dovrebbe chiedersi come e perché quindici anni dopo la salvifica inchiesta e la promessa della palingenesi morale e dopo aver rivoltato il paese come un calzino, un ministro guardasigilli (persona per bene) abbia paura, un governo di sinistra sia con un piede nella fossa, il Parlamento sia sotto schiaffo, intere regioni siano in mano alla criminalità organizzata e/o sotto la spazzatura, nessuna riforma vera sia stata fatta e nel Paese rispuntino le guerre di religione.





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