*RIFIUTI E INCHIESTE, EX PM CANTONE: LA CAMORRA NON C'ENTRA*
Data: Venerdì, 11 gennaio @ 08:42:58 CET
Argomento: Cronaca


L'ex pm antimafia Raffaele Cantone (oggi al Massimario civile della Cassazione) in un intervento su Il Mattino sgombra il campo dalle falsità circolate in questi giorni sulla colpe della camorra nell'emergenza rifiuti. D'altronde, su la Repubblica, lo scrittore Saviano (ex scortato come Cantone) pare aveva affermato la stessa cosa qualche giorno fa leggi qui (anche se Vittorio Feltri, direttore di Libero, aveva poi scritto che non aveva capito molto dallo scritto di Saviano leggi qui). Ora che Cantone non è più alla Procura antimafia, scrive nel suo intervento che la colpa va ricercata nell'ambito politico, nelle assunzioni clientelari ecc. ecc. Peccato, però, che è andato via o che lo ha detto solo ora...



Caserta (di Raffaele Cantone da Il Mattino del 10 Gennaio 2008) - In questi giorni con l’acuirsi dell’emergenza rifiuti si sono riaccesi i riflettori su Napoli e non vi è giornale o canale televisivo nazionale ed internazionale che non si occupi della vicenda, inviando in zona reporter e giornalisti per servizi o per speciali. L’approccio con cui molti cronisti si stanno muovendo è il solito: si viene in una città dalla particolare complessità come Napoli e si cercano risposte nette, chiare e definitive per individuare le ragioni del disastro in atto. Lo si fa spesso utilizzando i criteri della logica - direi quella del sillogismo aristotelico - per giungere ad una conclusione che possa sintetizzare un titolo di un giornale o di un servizio. Molte di queste sintesi sono giunte sostanzialmente ad affermare che «la colpa dell’emergenza è della camorra». Ad essa si giunge come conseguenza di due premesse. La prima: «La camorra è presente in tutte le fasi del ciclo dei rifiuti». La seconda: «La camorra specula sulle emergenze che si verificano». Una conclusione di questo tipo, fatta propria in buona fede da chi non conosce le vicende napoletane, viene poi avallata ed utilizzata - in malafede? - da chi ritiene in questo modo di poter allontanare da sé lo spettro delle responsabilità, attive o omissive. Mai come in questo caso il ragionamento logico appare fallace. Le due premesse sono assolutamente corrette e dimostrabili anche dall’esito di numerose indagini, ma non altrettanto corretta è l’affermazione di sintesi. Effettivamente la camorra - o meglio le imprese che sono diretta o indiretta emanazione dei clan - è presente in tutte le fasi del ciclo dei rifiuti e in questo settore da tempo la criminalità ha manifestato il suo interesse. Aveva, la criminalità, un back ground da mettere a disposizione per essersi da sempre occupata di rifiuti illegali e, poi, dovunque c’è da lucrare la camorra è sempre presente e reclama la sua parte. Le imprese dei clan si sono infiltrate approfittando del disinteresse delle istituzioni che avrebbero dovuto controllare. Lo hanno fatto utilizzando le maglie larghe del sistema consortile, ottenendo spesso di diventare i partner privati delle società miste, grazie alle connivenze delle strutture medesime che in molte occasioni approntavano dei bandi di gara che erano veri e propri «vestiti su misura». Nessuno se ne era accorto? Eppure alcune indagini della procura napoletana lo avevano evidenziato, giungendo ad arrestare in un consorzio di comuni della provincia di Caserta il presidente del consorzio medesimo e gli imprenditori che erano stati i partner privati della società operativa, imprenditori che, secondo i pentiti, erano diretta emanazione del clan dei casalesi. In quella stessa indagine anche il sistema dei controlli era stato sfiorato, visto che tra i soggetti raggiunti dal provvedimento vi era un tecnico che, dopo aver lavorato per il consorzio, era finito a lavorare al commissariato per l’emergenza dei rifiuti, dopo che uno degli imprenditori aveva confidato ad un suo socio, nel corso di una telefonata, che era necessario avere un uomo proprio nella struttura commissariale. La società mista oggetto dell’indagine si occupava della raccolta dei rifiuti, ma operava anche per reperire siti di stoccaggio provvisorio ed era disponibile a far fronte, con modiche spese aggiuntive, alle emergenze che via via si manifestavano. Questa società versava al clan che operava in uno dei comuni quindicimila euro mensili e tra i suoi dipendenti vi era il figlio del capoclan che, oltre a svolgere le funzioni di sorvegliante, portava anche al clan il rateo mensile concordato. Anche la seconda proposizione è provata da non poche indagini: quando si è trattato di individuare in un passato recente i siti per il ricovero provvisorio (?) delle ecoballe, siti per i quali sono state sborsate somme immense, non è emerso che in più di un caso vi erano stati strani passaggi di proprietà pochi giorni prima della stipula del contratto di locazione, per prezzi di gran lunga inferiori a quelli pagati dal commissariato per il solo affitto? Non è emerso anche che questi siti, individuati in modo assolutamente non comprensibile e per i quali quasi mai nessuna protesta popolare vi è stata, in più di un caso erano nella disponibilità di soggetti vicini ai clan? Se tutto questo è vero, è assolutamente falso che sia la camorra a creare l’emergenza. È falso perché la camorra - e soprattutto i clan più strutturati - non hanno alcun interesse a che si accendano le luci sui loro affari miliardari: guadagnano molto di più quando tutto è tranquillo, sono già inseriti nel sistema ordinario e l’emergenza, al massimo, è un ulteriore modo per partecipare ad altri guadagni. E allora, si individuino le responsabilità senza cercare alibi non veritieri. Sul sistema dei rifiuti vi sono troppi interessi consolidati che si aggiungono, sovrappongono e combaciano con quelli della camorra ma che sono del tutto autonomi rispetto ad essa. Quanti posti nei consigli di amministrazione di consorzi, municipalizzate, società miste sono stati distribuiti a persone che non avevano altra competenza che l’appartenenza ad un partito? Quanti posti di lavoro sono stati dati in periodo immediatamente precedente a consultazioni elettorali, in strutture che diventavano carrozzoni in cui la raccolta dei rifiuti o della differenziata rappresentava soltanto un optional secondario? Forse sarebbe opportuno rispondere a queste domande per capire quale è la causa dello sfascio attuale.





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