AMBIENTE, CASERTA: LUIGI LUSERTA RICORRE AL TAR PER RIAVERE LE CAVE
Data: Mercoledì, 17 ottobre @ 12:44:06 CEST
Argomento: Cittadini e Giustizia




Caserta (Comitato di Quartiere P.co Cersola-Centurano) - Continuano i tentativi di riappropriazione delle montagne del noto cavaiolo locale Luigi Luserta,in attessa di rinvio a giudizio nel processo penale per gli abusi commessi in merito all’attività di cava, questa volta Luserta ci prova con un ricorso al Tar dinanzi al quale lamenta il mancato parere favorevole degli enti pubblici al riuso dell’area di cava. Nel ricorso contro la Regione Campania, la provincia e il comune di Caserta, le autorità di bacino e la soprintendenza dei beni architettonici si chiede l’annullamento del verbale della conferenza di servizi del 21 giugno 2007 che riportava il parere negativo al riuso, delle prescrizioni per il programma di dismissione della cava e di tutti gli atti connessi e consequenziali. Il Comitato di Quartiere di Parco Cerasola-Centurano nella persona del presidente Giovanna Maietta alla quale è stato notificato il ricorso viene chiamato in causa per aver espresso, senza potere decisionale, in sede di conferenza di servizi e attraverso dettagliate osservazioni, il diniego alla prosecuzione dell’attività estrattiva a seguito dell’autorizzazione regionale risalente al settembre 2001, alla riqualificazione con escavazione di 900.000 mc di calcare, al riuso in terziario e consequenziale speculazione edilizia. Contrariamente alle motivazioni dell’Ente Comune e Provincia che rinviano il pronunciamento sul progetto dell’imprenditore per eventualmente, poterlo riconsiderare nell’ambito del PUC (piano urbanistico comunale) in una visione generale della conformazione del territorio, il Comitato di Quartiere ritiene che Luigi Luserta non possa essere assolutamente autorizzato a tale riuso. In maniera anomala attraverso il ricorso non si impugnano solo gli atti emessi e verbalizzati ma anche quelli non ancora redatti della regione. Il genio civile che si sarebbe dovuto pronunciare sulla dismissione e la delocalizzazione della cava, non si è ancora espresso. In effetti temendo che l’Ente regionale obblighi una dismissione con esigua capacità estrattiva il cavaiolo si oppone anche alle future decisioni. Intanto con la notifica del ricorso al Comitato di Quartiere che accogliamo di buon grado siamo legittimati a ricorrere con le nostre ragioni, e lo faremo senza ombra di dubbio sollecitando innanzitutto la Regione ad annullare l’autorizzazione rilasciata nel 2001 e dichiarata illegittima dalla Magistratura. La cava Luserta dal 2003 è sotto sequestro preventivo e nonostante i ricorsi in cassazione del proprietario per chiederne il dissequestro compreso quello dei beni, i sigilli rimarranno. Questo stato di cose sta significare che c’è stato un abuso gravissimo che si palesa agli occhi di ognuno nella grande voragine scavata con l’uso improprio di esplosivo autorizzato a danno dei residenti che hanno dovuto subire a discapito della salute e dell’ambiente. Il nodo da sciogliere per poter far capire a Luigi Luserta che dovrebbe solo restituirci le montagne derubate, è approfondire il motivo per il quale la Regione Campania nonostante l’eclatante scempio non ha ritenuto di annullare l’autorizzazione rilasciata nel 2001 dichiarando in tal modo così come è per la magistratura che la cava è abusiva. Tale inadempienza alimenta l’illusione di Luserta che continua a illudersi di poter cavare in contrasto addirittura con un sequestro permanente da anni. Se la regione avesse annullato l’autorizzazione non staremo oggi a parlare di continuità estrattiva o riuso terziario ma di riqualificazione naturalistica e agroforestale. Sulla base di queste ragioni gli Enti pubblici che hanno la responsabilità di aver consentito l’abuso con gli omessi controlli, complicità e autorizzazioni illecite dovrebbero rispondere ai tanti cittadini che hanno subito a causa di questa azione complottistica e spiegare per quale motivo non si annulla l’autorizzazione, non si obbliga il cavaiolo a saldare gli oneri dovuti per l’abusiva attività e non gli si impone la vera riqualificazione, quella che comporta una minima compensazione al depauperamento del patrimonio naturale derubato. Perché non abbiamo più sentito il consiglio comunale esprimersi sul parco Urbano dei colli Tifatini cosi come avvenne quando la Giustizia calò la sua mano provvidenziale in aiuto dei cittadini oppressi dal superficialismo amministrativo?





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