CASERTA, IPERION/IPERFAMILA: CONSIGLIO DI STATO RIGETTA APPELLO SOCIETA' MIDA 3
Data: Venerdì, 23 febbraio @ 00:15:20 CET
Argomento: Enti e Comuni


La sentenza integrale del Consiglio di Stato con la quale è stato rigettato l'appello della società Mida 3 (Iperfamila)



REPUBBLICA ITALIANA N. 638/07 REG.DEC.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO N.6625 REG.RIC.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, (Quinta Sezione) ANNO 2005
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 6625 del 2005 proposto dalla MIDA 3 s.p.a., in persona del suo legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avv.ti Felice Laudadio ed Enrico Soprano, con domicilio eletto in Roma, Lungotevere Flaminio n. 46 IV B, presso lo studio del dr. Gian Marco Grez;
contro
le ditte Mercogel s.r.l., Biscardi Luca Rivendita Generi di Monopolio, Jeans and Sport di Alfieri Michele, Pascarello Antimo, Alfor e Tutto per la casa, in persona dei rispettivi titolari, rappresentati e difesi dall’avv. Luigi Adinolfi ed elettivamente domiciliati in Roma, Via dell’Orso n. 74, presso lo studio dell’avv. Paolo Di Martino;
Iodice Nunzio; Giovanna Maietta, in proprio e in qualità di presidente del Comitato spontaneo del quartiere Cerasole - Centurano nonché quale socia delle associazioni Terra Nostra e Excalubur; Supermercati RI.MA s.r.l.; Immagine Preziosi; Antonello Del Giudice, titolare della ditta ME.DI.CA.; Antonio Vitale, titolare dell’esercizio commerciale La Novità; Lucia Buondonno, titolare dell’esercizio commerciale Bimbo & Bio; Addolorato Natale, titolare dell’esercizio commerciale Premier; Cerasole s.r.l.; Castaldo Rosa, titolare dell’esercizio commerciale Elisir; Enrico Ventriglia, titolare dell’esercizio commerciale Ororaro; Carlo Sesio, titolare dell’esercizio commerciale Charlie Uomo, Francesco Faraldo, titolare dell’esercizio commerciale Alimentari, Massimo Sesio, titolare dell’esercizio commerciale Charlie, Ciro Riva, titolare dell’esercizio commerciale Le sportive; Maria Lorenza Fusco, titolare dell’esercizio commerciale “Lorenza Pelletteria”; Marina Buon Pane, titolare dell’esercizio commerciale il Mago di Oz; non costituiti in giudizio;
il Comune di Caserta, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Luigi Maria D’Angiolella, con domicilio eletto in Roma, Via M. Mercati n. 51;
e nei confronti
della Azienda Sanitaria Locale CE 1 e della Regione Campania, non costituite in giudizio;
per l’annullamento e la riforma
della sentenza n. 7324 in data 3 marzo 2005 pronunciata tra le parti dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Napoli, Sezione III;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune appellato e delle ditte Mercogel s.r.l., Biscardi Luca Rivendita Generi di Monopolio, Jeans and Sport di Alfieri Michele, Pascarello Antimo, Alfor e Tutto per la casa;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore il cons. Corrado Allegretta;
Uditi alla pubblica udienza del 25 novembre 2005 gli avv.ti Laudadio per se e per delega degli avv.ti Soprano e D’Angiolella e D’Avino per delega di Adinolfi;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO
In parziale accoglimento di due ricorsi proposti dagli attuali appellati, il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Napoli, Sezione III, con sentenza n. 7324 in data 3 marzo 2005 ha pronunciato l’annullamento dell’autorizzazione commerciale n. 1 del 2004, rilasciata dal Comune di Caserta alla Mida 3 s.p.a. per l’esercizio di una media struttura di vendita.
Con l’appello in esame la Mida 3 s.p.a. ha impugnato detta sentenza, chiedendo che, in sua riforma, sia dichiarata l’irricevibilità ed inammissibilità dei ricorsi di primo grado, comunque, infondati nel merito e, pertanto, da respingere.
Il Comune di Caserta si è costituito in giudizio per aderire alle tesi dell’appellante e per chiedere l’accoglimento dell’appello.
Per resistere al gravame, invece, si sono costituite in giudizio le ditte Mercogel s.r.l., Biscardi Luca Rivendita Generi di Monopolio, Jeans and Sport di Alfieri Michele, Pascarello Antimo, Alfor e Tutto per la casa, le quali hanno controdedotto ed hanno espressamente riproposto i motivi di censura già formulati in primo grado e dichiarati assorbiti. Hanno concluso chiedendo la reiezione del gravame perché infondato e, in subordine, l’accoglimento dei motivi dichiarati assorbiti.
La causa è stata trattata all’udienza pubblica del 25 novembre 2005, nella quale, sentiti i difensori presenti, il Collegio si è riservata la decisione.
DIRITTO
L’appello è infondato.
Brevi cenni di fatto occorrono per la migliore intelligenza della causa.
Con le deliberazioni n. 172 del 18 dicembre 2000 e n. 24 del 1 agosto 2002 del consiglio comunale, il Comune di Caserta ha adottato lo strumento d’intervento per l’apparato distributivo (s.i.a.d.) di cui alla legge regionale della Campania 7 gennaio 2000 n. 1, poi approvato dalla Regione con provvedimento pubblicato sul Bollettino Ufficiale n. 17 del 22.4.2003. Sul presupposto della possibilità, in esso prevista, di ubicare ed aprire medie strutture di vendita nella zona territoriale omogenea F3, destinata a verde pubblico attrezzato, la società Iperion s.p.a. ha avanzato domanda di condono per il centro commerciale da essa costruito su area con destinazione F3, la cui concessione edilizia era stata annullata con la sentenza n. 7606 del 19 giugno 2003 del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, sez. III, confermata in appello con decisione di questa Sezione del 28 giugno 2004 n. 4790.
In pendenza del suddetto procedimento di condono edilizio, anche la società Mida 3 ha avanzato nuova istanza di autorizzazione per il supermercato che essa aveva aperto all’interno del detto centro commerciale in base a precedente provvedimento, annullato con le citate pronunce. L’istanza è stata accolta dal Comune con il rilascio dell’autorizzazione commerciale n. 1 del 6 ottobre 2004, impugnata dagli attuali appellati con il ricorso di primo grado insieme al menzionato s.i.a.d. ed agli atti connessi.
Tanto premesso in fatto, con il primo motivo di gravame la società appellante si duole che il T.A.R. abbia ritenuto ammissibile l’impugnativa sebbene proposta in forma collettiva in mancanza di identità della posizione legittimante in capo ai ricorrenti di primo grado e nonostante che non sia stata data prova del pregiudizio da loro subito ed, anzi, di questo sia stata dimostrata l’inesistenza in relazione alla distanza tra i loro esercizi ed il supermercato in questione e considerata la diversa natura dell’attività commerciale da loro svolta.
Il motivo non è fondato.
Nel caso in esame, con l’autorizzazione impugnata è stata consentita l’apertura di una struttura commerciale, che alla stregua dell’art. 2 della legge regionale campana 7 gennaio 2000 n. 1 va qualificata come “media superiore” in considerazione della sua superficie netta di vendita di 2.100 mq., per la vendita di prodotti alimentari e non alimentari all’interno di un centro commerciale che presenta una volumetria complessiva di 14080 mc. fuori terra, impegna una superficie pari a 24.620 mq., prevede al suo interno circa quaranta esercizi commerciali, oltre detto supermercato, con ampie aree a parcheggio, ed è destinato a servire un bacino di utenza di circa 400.000 persone.
Deve convenirsi, allora, con il giudice di primo grado che l’apertura di un supermercato di così rilevanti dimensioni è sicuramente idonea a determinare un sensibile mutamento delle condizioni di svolgimento delle attività commerciali, quanto meno, nell’area ad esso limitrofa; mutamento le cui conseguenze accomunano gli esercenti della zona in un’identica condizione di soggetti passivi che li legittima alla proposizione del ricorso anche in forma collettiva al fine di ritrarre dalla pronuncia del giudice il vantaggio concreto ed effettivo dell’annullamento del provvedimento abilitativo impugnato e del ripristino delle precedenti condizioni a seguito della chiusura della contestata struttura commerciale.
Il primo mezzo d’appello va, pertanto, respinto.
Con il secondo motivo si ripropone l’altra eccezione d’inammissibilità per difetto d’interesse, spiegata in primo grado in ragione della natura dell’autorizzazione impugnata, con cui sarebbe stata soltanto operata la ricognizione e conferma di un titolo già formatosi per silenzio assenso, onde i ricorrenti, nessun vantaggio avrebbero potuto ricevere dall’accoglimento del ricorso.
Il Tribunale ha ritenuto infondata detta eccezione, sul rilievo che, nel caso in esame, non potesse trovare applicazione l’invocato istituto del silenzio assenso, in quanto l’art. 4 comma 3 della L.R. n. 1 del 2000 subordina le singole autorizzazioni, necessarie per l’apertura degli esercizi commerciali all’interno dei centri commerciali, all’esistenza di un presupposto indefettibile, mancante nella specie, costituito dal previo ottenimento dell’autorizzazione generale, prevista dall’art. 9 del D.Lgs. n. 114 del 1998, per il centro commerciale nell’ambito del quale è ubicato l’esercizio della società appellante.
Ma, osserva questa, al tempo in cui il silenzio assenso si è formato, la qualificazione come centro commerciale della struttura ospitante il contestato supermercato, sulla quale il ragionamento del giudice di primo grado si fonda, non sussisteva, risultando sospesa ad opera del Consiglio di Stato con ordinanza n. 3351 in data 30 luglio 2003 la sentenza 19 giugno 2003 n. 7606 del T.A.R. per la Campania che la suddetta qualificazione conteneva e che solo con la decisione Cons. Stato, sez. V. 28 giugno 2004 n. 4790 sarebbe passata in giudicato.
La censura è infondata.
Con la pronuncia cautelare adottata ai sensi del terzo comma dell’art. 33 L. 6 dicembre 1971 n. 1034, invero, il Consiglio di Stato sospende l’esecutività della sentenza di primo grado appellata, vale a dire la sua idoneità a spiegare i propri effetti tipici, rappresentati dall’annullamento del provvedimento impugnato e dall’obbligo per l’Amministrazione di darvi esecuzione in via amministrativa; cosicché la situazione dedotta in giudizio deve ritenersi inalterata e conservata come essa era prima che la sentenza intervenisse.
La concessa sospensione della sentenza appellata, quindi, si rivela del tutto irrilevante in ordine alla qualificazione giuridica che la stessa sentenza ha dato ai presupposti di fatto in essa considerati. Infatti, sia per il suo ambito di incidenza come sopra delimitato, sia per il suo carattere interinale siccome destinata ad essere caducata ed assorbita dalla decisione di merito, essa non ha la forza di immutare la situazione controversa.
Vero è, al contrario, che nel momento in cui il giudice si accinge ad adottare la sua pronuncia egli non può ignorare le modificazioni che a quella situazione siano derivate da sentenze passate in giudicato e, in particolare, dalla sentenza che, a conclusione del giudizio di cui si tratta, abbia definitivamente regolato ex tunc la situazione giudicata, determinando altresì il venir meno dell’efficacia di ogni provvedimento cautelare eventualmente emesso in corso di causa.
Nel nostro caso, il T.A.R. ha deciso (nella camera di consiglio del 3 marzo 2005) quando con la decisione Cons. Stato, sez. V. 28 giugno 2004 n. 4790 era ormai intervenuta la conferma della sua sentenza 19 giugno 2003 n. 7606, cosicché correttamente ha assunto quale presupposto della pronuncia due dati resi ormai incontrovertibili dall’intervento del giudice: da un lato, la qualificazione come centro commerciale della struttura in cui è ubicato il supermercato della società appellante e, dall’altro, la carenza di qualsiasi titolo, edilizio e commerciale, che legittimasse la costruzione e l’apertura di quel centro.
La censura fin qui esaminata va, dunque, respinta.
L’appellante, tuttavia, contesta con il quarto motivo di gravame la stessa tesi sulla quale il Tribunale ha fondato il suo convincimento in ordine alla mancata formazione del silenzio assenso. Sostiene, infatti, che ha errato il giudice di prima istanza nel ritenere che, per la mancanza della previa autorizzazione generale per il centro commerciale, il Comune non potesse rilasciarle l’impugnata autorizzazione. Questa sarebbe stata richiesta, con istanza del tutto autonoma rispetto alla vicenda del centro commerciale, in base alle previsioni dello strumento d’intervento per l’apparato distributivo del Comune in materia di medie strutture di vendita. Inconferente sarebbe il richiamo ai commi 3 e 5 dell’art. 4 della L.R. Campania n. 1 del 2000, operato dal T.A.R. Campania. In particolare, il comma 3 riguarderebbe la diversa ipotesi in cui non solo si intenda aprire ex novo un centro commerciale ma che si voglia anche, all’interno di esso, allocare anche una media struttura di vendita. Nel caso di specie, viceversa, il rilascio del titolo autorizzatorio alla società appellante prescinde dall’esistenza di un centro commerciale e non confligge con il giudicato amministrativo a questo relativo.
L’assunto non può essere condiviso. Vi osta, invero, la circostanza di fatto che vede il contestato supermercato inserito, come struttura qualificante, nel centro commerciale della società Iperion.
A norma dell’art. 4 comma 1, lett. g), del D.Lgs 31 marzo 1998 n. 114, il centro commerciale è definito “una media o una grande struttura di vendita nella quale più esercizi commerciali sono inseriti in una struttura a destinazione specifica e usufruiscono di infrastrutture comuni e spazi di servizio gestiti unitariamente” e la sua superficie di vendita è data dalla somma delle superfici di vendita degli esercizi al dettaglio in esso presenti.
Come già rilevato da questa Sezione con la citata dec. n. 4790 del 28 giugno 2004, esso rappresenta una peculiare modalità di esercizio dell’attività commerciale caratterizzata dal fatto che questa si svolge in un’unica struttura, a tanto specificamente destinata, per mezzo di una pluralità di esercizi commerciali che condividono infrastrutture, spazi e servizi comuni, gestiti unitariamente e, pertanto, funzionali a tale modo di svolgere l’attività commerciale. Si tratta, in altri termini, di una struttura connotata dalla sua unitarietà per la specifica destinazione del tutto e di ciascuno dei suoi elementi strutturali e funzionali. Cosicché la disposizione di cui all’art. 4 comma 3 della L.R. Campania n. 1 del 2000, lì dove (secondo periodo) sancisce che “Le singole autorizzazioni commerciali o comunicazioni di inizio di attività discendono comunque da un unico provvedimento generale rilasciato, eventualmente, anche ad un soggetto promotore e possono essere scaglionate nel tempo”, non fa altro che ribadire il carattere peculiare sopra evidenziato, traendone la necessaria conseguenza in ordine al rapporto che deve intercorrere tra il provvedimento che abilita all’apertura del singolo esercizio incluso nel centro commerciale e l’autorizzazione generale per questo prescritta dall’art. 9 del D.Lgs. n. 114 del 1998.
Nonostante la terminologica impropria adoperata dal legislatore regionale - il verbo “discendere”, in verità, non appare idoneo ad esprimere un significato valido sotto il profilo tecnico-giuridico - tuttavia la norma non può avere altro senso che quello evidenziato dal giudice di primo grado, ovvero l’imposizione di un rapporto di presupposizione - conseguenzialità tra i provvedimenti suddetti, tale che il previo ottenimento della autorizzazione generale per il centro commerciale sia presupposto per il rilascio dei titoli annonari relativi ai singoli esercizi commerciali ivi ubicati.
Puntuali e pertanto pienamente condivisibili sono le ragioni che il primo giudice adduce a sostegno della sua interpretazione ed innanzi a tutte quella con la quale si mette in rilievo l’inconciliabilità dell’opposta tesi, affermativa della possibile autonomia dei titoli abilitativi particolari, con i principi di coerenza e razionalità dell’azione amministrativa e di programmazione dello sviluppo della rete commerciale.
Non ha pregio in contrario sostenere, come fa l’appellante, che la disposizione regionale abbia riguardo all’ipotesi dell’apertura di un nuovo centro commerciale. Si tratta di interpretazione restrittiva che non trova alcun fondamento né nel testo, che invece sancisce il rapporto di “discendenza” anche nel caso che le autorizzazioni particolari siano “scaglionate nel tempo”, vale a dire rilasciate in tempi diversi rispetto a quella generale; né nell’intento perseguito dalla legge, che è quello di consentire all’Amministrazione una valutazione dell’impatto della nuova struttura sulla rete commerciale esistente sulla base di un’adeguata cognizione dell’intrapresa in tutti i suoi elementi.
Alla stregua delle considerazioni che precedono, in conclusione può affermarsi che è la stessa ubicazione del supermercato dell’appellante all’interno del centro commerciale di cui si tratta a comportare la necessaria subordinazione della richiesta autorizzazione commerciale al previo rilascio del titolo di cui all’art. 9 del D.Lgs. n. 114 del 1998, concernente in generale il centro commerciale.
Sul presupposto ormai coperto dal giudicato (v. sent. T.A.R. Campania 19 giugno 2003 n. 7606 e Cons. Stato, sez. V. 28 giugno 2004 n. 4790, alle quali va aggiunta Cons. Stato, sez. V. 20 ottobre 2005 n. 5896 reiettiva del ricorso per revocazione proposto avverso la n. 4790 del 2004) del difetto di qualsiasi autorizzazione per l’apertura del centro commerciale, alla precedente affermazione non può che seguire quella dell’illegittimità dell’impugnato provvedimento autorizzativo rilasciato alla società appellante per la contestata struttura di vendita.
Con gli ulteriori motivi d’appello la ricorrente si duole che il Tribunale, in accoglimento di corrispondenti motivi di ricorso, abbia ritenuto illegittima l’impugnata autorizzazione anche perché non poteva considerarsi sufficiente a consentirne il rilascio la mera pendenza del procedimento di condono edilizio, richiesto dalla società Iperion per sanare la costruzione del ripetuto centro commerciale, e che a tanto il giudicante sia pervenuto ritenendo applicabile alla fattispecie l’art. 14, comma 4, della L.R. Campania n. 1 del 2000 ed il principio, ivi espresso, della contestualità tra rilascio del titolo edilizio e del titolo annonario. Detto principio, invece, non dovrebbe essere rispettato nel caso di presentazione della domanda di concessione edilizia in sanatoria e, comunque, in subordine, la disposizione ora citata contrasterebbe con gli artt. 3, 41, 42 e 97 della Costituzione.
Si censurano, inoltre, le ragioni con cui nella sentenza appellata, sia pure attraverso un obiter dictum, sarebbe stata respinta l’eccezione di tardività sollevata in ordine all’impugnativa avanzata dagli originari ricorrenti contro lo strumento d’intervento per l’apparato distributivo del Comune.
Ed, infine, si contesta la pronuncia sulle spese.
Considera il Collegio che l’accertata ragione d’illegittimità dell’autorizzazione commerciale rilasciata all’appellante è di per sé sufficiente a sostenere la decisione di annullamento adottata dal giudice di primo grado e, pertanto, i motivi d’appello rivolti contro gli ulteriori vizi da cui il provvedimento impugnato è inficiato risultano inammissibili per difetto d’interesse. Dal riconoscimento della loro eventuale fondatezza, infatti, nessuna utile conseguenza potrebbe derivare all’appellante.
Anche quanto alla parte della sentenza concernente l’impugnazione del s.i.a.d., essendone stati dichiarati assorbiti i relativi motivi di censura, l’appello si rivela inammissibile; né alcun rilievo possono assumere le considerazioni svolte in proposito dal primo giudice, trattandosi di argomentazioni dalla stessa appellante qualificate come obiter dicta e, pertanto, non necessarie e prive di efficacia giustificativa rispetto alla decisione.
Il motivo d’appello relativo alla statuizione di compensazione delle spese, infine, va respinto, attesa la discrezionalità dell’apprezzamento del giudice al riguardo.
Per le ragioni tutte fin qui esposte, deve riconoscersi la correttezza della sentenza appellata. L’appello va, pertanto, respinto.
Spese e competenze del presente grado di giudizio seguono, come di regola, la soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, respinge l’appello in epigrafe.
Condanna l’appellante Mida 3 s.p.a. ed il Comune di Caserta, in solido tra di loro, al pagamento delle spese e competenze del secondo grado di giudizio, in favore delle ditte appellate costituite, nella misura complessiva di € 6000,00 (seimila,00).
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, nella camera di consiglio del 25 novembre 2005 con l’intervento dei Signori:
Agostino Elefante - Presidente
Corrado Allegretta - Consigliere rel. est.
Claudio Marchitiello - Consigliere
Marzio Branca - Consigliere
Aniello Cerreto - Consigliere
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
F.to Corrado Allegretta F.to Agostino Elefante
(22 febbraio 2007-23:59)





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