SANTA MARIA CAPUA VETERE (Caserta) – (Biagio Salvati da Il Mattino di Mercoledi 24 Gennaio 2007) - Il contenuto della sentenza dei giudici chiamati ieri a decidere sulla colpevolezza o l’innocenza di quattro imputati al processo sulle estorsioni al centro di telefonia «Future Games» di San Tammaro, non si è discostato di molto da quello della requisitoria che il pubblico ministero Alessandro D’Alessio aveva pronunciato la scorsa settimana. Verdetto: tre condanne piene ed un’assoluzione emesse nel tardo pomeriggio di ieri dal collegio presieduto dal giudice Francesco Rugarli dopo le infuocate arringhe della difesa (gli avvocati Romolo Vignola e Angelo Raucci) che entro 90 giorni leggerà le motivazioni della sentenza. La pena maggiore è stata irrogata a Augusto Bianco (13 anni), a seguire quella per Cesare Bianco (9 anni e 6 mesi) e per il collaboratore Pietro Amodio (6 anni). Assolto, così come aveva chiesto il pm, Salvatore Ammutinato, in quanto marginale e non provata la sua partecipazione all’episodio. Per il tribunale il terzetto è colpevole di aver chiesto il pizzo, di aver controllato i flussi finanziari dei commercianti e di essersi offerto garante della sicurezza e della protezione dei titolari dell’attività commerciale. Tutto in nome del potente clan dei Casalesi. Soddisfatto Tano Grasso, presidente onorario della Federazione antiracket, sodalzio che si è costituito parte civile nel processo e che ha aperto proprio a Santa Maria una sede presieduta dal commerciante vittima degli episodi estorsivi. Le indagini, difficili, erano nate da un filone dell’inchiesta che aveva portato all’arresto di un ufficiale e due sottufficiali dei carabinieri e che avrebbe poi portato all’incriminazione dello stesso ufficiale, per concorso nella stessa estorsione. Dopo il coinvolgimento del tenente Andrea Policastro, comandante del nucleo operativo della compagnia di Santa Maria Capua Vetere, in un processo per l’evasione di un camorrista di Marcianise, un maresciallo rivelò al nuovo comandante della compagnia lo strano episodio che aveva riguardato Pietro Russo, commerciante e contitolare della Future Games. Russo, qualche anno prima, aveva denunciato l’estorsione subita da esponenti del clan dei Casalesi; aveva anche registrato il colloquio. Ma le cassette gli erano state restituite con il consiglio, da parte dell’ufficiale, di pagare la tangente richiesta, di non elevatissima entità (1500 euro tre volte l’anno). Russo, convocato dal pm, aveva confermato l’episodio, integrandolo con nomi fatti e circostanze. La credibilità di Pietro Russo, scalfita dagli interventi della difesa, è stata accettata dunque in pieno dal collegio giudicante. A collaborare durante le indagini è stato Pietro Amodio, commerciante d’auto, «mediatore» della richiesta estorsiva. Aveva segnalato ai cugini Bianco la disponibilità di denaro di Russo e del cognato Monaco, che avevano acquistato delle costose vetture. Per Amodio, però, il pm non aveva chiesto l’attenuante prevista dalla legge per i pentiti.
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