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*ANNIVERSARI, UN BUSTO PER GIOVANNI LEONE: INTERVISTA ALLO STORICO LUBRANO*

UN BUSTO PER GIOVANNI LEONE

CALABRESI, CEDERNA, PANNELLA, MORO, ZACCAGNINI, ANDREOTTI, BERLINGUER, CRAXI, PRODI, TOBAG.
I tanti tasselli di una non mai abbastanza esplorato intreccio. Senza fine

Intervista di Giovanna Canzano allo storico Giovanni Lubrano



In occasione della presentazione a Napoli, il 25 Novembre di un busto dedicato alla Memoria di Giovanni Leone, abbiamo chiesto allo storico Giovanni Lubrano alcune impressioni sulla figura del Presidente Leone, napoletano come l’attuale inquilino del Quirinale.

LUBRANO. Era ora! Finalmente!

CANZANO. Perché è così allegro, dott. Lubrano?

LUBRANO. Perché il 25 novembre prossimo, il presidente della Repubblica andrà a Napoli per scoprire un busto del prof. Giovanni Leone, che fu presidente della Repubblica dal 1971 al 1978. Un Maestro del Diritto Penale, un grande avvocato e un grande galantuomo. Un riconoscimento tardivo ma meglio tardi…

CANZANO. Lei come sa dell’evento del 25 novembre?

LUBRANO. Ho letto una intervista della vedova del presidente Leone, donna Vittoria, casertana come lei, signora Canzano…

CANZANO. Veramente sono di Santa Maria Capua Vetere…

LUBRANO. In cui precisa che il busto sarà posto in Castelcapuano.

CANZANO. Lei definisce il presidente Leone come ‘un galantuomo’. Ma non fu costretto a dimettersi per vari scandali?

LUBRANO. Questo lo hanno fatto credere ‘ai burini, ai gonzi’, ricorda Totò nel film ‘Gli onorevoli’? No, cara, i motivi furono politici!

CANZANO. Eppure, se non ricordo male, fu un libro di Camilla Cederna che lo inchiodò…

LUBRANO. Già, la Caderna, il cui nome compare nell’elenco dei giornalisti e ‘intellettuali’ che inneggiarono all’assassinio del commissario Calabresi…

CANZANO. E che c’entra?

LUBRANO. Il ‘tipino’ era quello. Certo, il suo libro servì strumentalmente ad aprire la strada alle anticipate dimissioni del presidente Leone.

CANZANO. Lei afferma che i nemici di Leone, profittando anche di quel libro…

LUBRANO. Già, lo scannarono. A cominciare dall’ipergarantista Marco Pannella. Che ha avuto, per altro il buon gusto di chiedere, post-mortem, il perdono a Giovanni Leone.

CANZANO. Perché Leone dava tanto fastidio?

LUBRANO. Per due ragioni: aveva avallato la presentazione di due referendum, entrambi assolutamente ostici per il P.C.I. di Enrico Berlinguer.

CANZANO. Quali?

LUBRANO. Finanziamento pubblico ai partiti e validità della ‘legge Reale’, dal nome del ministro repubblicano di Grazia e Giustizia che la fece approvare. E poi…

CANZANO. E poi?

LUBRANO. Lei è di Santa Maria Capua Vetere, vero?

CANZANO. Si, e allora?

LUBRANO. Peggio mi sento. Santa Maria Capua Vetere era l’antica Capua, una città cui Roma aveva concesso il privilegio di avere un senato, SPQC, Senatuspopolusque capuanus. Il cittadino del suo comune era capuano e romano. Un privilegio enorme per quei tempi.

CANZANO. Non capisco dove voglia arrivare…

LUBRANO. Semel in anno licet insanire, ogni tanto ci vuole qualche trasgressione dai plumbei argomenti che Ella mi fa trattare…

CANZANO. Plumbei?

LUBRANO. Si, e poi ci ricasco. Capua, sentita la ‘sirena’ di Annibale, tradì Roma e si schierò con il cartaginese dopo Canne. Poi Roma, una volta chiusa la partita con il più illustre rampollo barcide, pensò bene di radere al suolo Capua e dintorni. Storie antiche…

CANZANO. Si ma sempre argomenti tetri…

LUBRANO. Torniamo al ‘massacro’ politico e, come usa dire oggi, ‘mediatico’ del presidente Leone. Egli pagò anche per aver sposato la linea della trattativa nel caso Moro o, come lo definì Sciascia ‘l’affaire Moro’.

CANZANO. Si comportò come craxi, l’unico segretario di partito, il PSI, che insistè finchè lo stato trattasse con i brigatisti la liberazione di Moro?

LUBRANO. Non poteva farlo così platealmente, per l’altissima carica istituzionale che rivestiva ma fece sapere chiaramente che la sua mano e la sua penna erano pronte a firmare il decreto di grazia per Paola Besuschio, una terrorista malata che si trovava in carcere, nome indicato, con altri 12 dai brigatisti.

CANZANO. Perché Leone non fu in condizione di firmare?

LUBRANO. Domanda complessa. L’omicidio barbaro dei cinque uomini della scorta di Moro e il sequestro – durato 55 giorni – del presidente della Democrazia Cristiana ebbero il magico effetto di farci conoscere uno stato italiano, di cui ci era ignota l’esistenza, e che inventò ‘la linea della fermezza’ . Tradotto: con i brigatisti non si tratta.

CANZANO. Uno stato che si permette il lusso di mafia, ndrangheta e camorra, si coalizzò per impedire la liberazione di Moro?

LUBRANO. Questo lo dice Lei. A quasi vent’anni di distanza, ci sono ancora tanti, ma tanti misteri sul caso Moro. E, comunque , la dirigenza della D.C. con il segretario Zaccagnini in testa, il presidente del consiglio il DC Giulio Andreotti e quella del P.C.I., optarono per la mano dura. Menomale che ‘l’onesto Zac’ si chiamava Benigno, di nome, ed era stato scelto proprio da Moro che lo aveva indicato come successore di Fanfani al vertice dello scudo crociato. Fu la scelta che si impose in quei quasi due mesi, malgrè Craxi. Solo Fanfani ma verso il tragico epilogo si orientò come Craxi.

CANZANO. Perché Craxi di distinse?

LUBRANO. Motivi certamente umanitari e conferma della volontà di allentare la tenaglia politica DC-PCI, quella del compromesso storico. Rimase solo, gli presenteranno il conto con tangentopoli.

CANZANO. Torniamo a Leone…

LUBRANO. Di fronte a tale situazione aveva le mani legate. E anche al lui pesentarono il conto: se ci fa caso, in meno di due mesi, la DC si liberò di Moro, il 9 maggio, e di Leone, il 15 giugno, altro che libro della Cederna!

CANZANO. Per liberare Moro si ricorse pure a una seduta spiritica…

LUBRANO. Si, la organizzò il 2 aprile nella campagna di Bologna Romano Prodi, se non ricordo male, all’epoca presidente dell’IRI con alcuni amici, il prof. Clò ed altri. E venne fuori il nome di ‘Gradoli’ . In via Gradoli a Roma la polizia arrivò il 18 marzo, due giorni dopo la strage della scorta e il sequestro dell’uomo politico. E bussò alla porta dell’appartamento affittato ad un sedicente ‘ing. Borghi’, più tardi identificato come Mario Moretti, capo politico e militare delle b.r. Ma non rispose nessuno…

CANZANO. Era il covo dove era stato subito nascosto Moro?

LUBRANO. Può darsi. Si legga Sciascia, deputato radicale nella sua relazione di minoranza presentata da solo alla commissione parlamentare di inchiesta sul caso Moro.

CANZANO. Si, ma c’entra la seduta spiritica?

LUBRANO. Chi partecipò a quella iniziativa aveva probabilmente ricevuto alcune ‘soffiate’, peraltro assai tardive, dall’ ‘autonomia bolognese’. Fu l’ennesimo polverone inutile.

CANZANO. Ultima domanda: come fece la Renault rossa, trovata il 9 maggio in via Caetani a Roma, con dentro il cadavere di Moro, se è vero che il covo in cui era prigioniero Moro si trovava vicino alla Cassia, ad attraversare tranquillamente la città, blindatissima dai frequenti posti di blocco?

LUBRANO. Io non lo so: forse l’autista era bravo e prudente. Però…

CANZANO. Però?

LUBRANO. C’è più di qualcuno che sostiene che Moro sia stato tenuto prigioniero nel palazzo Caetani, di proprietà della duchessa Caetani. Le viene in mente qualcosa?

CANZANO. Il lago della Duchessa!

LUBRANO. L’intreccio andrebbe approfondito. Se ne è occupato, per esempio, Gianni Mastrangelo nel suo libro ‘Luna Rossa’, edito da Controcorrente Napoli 2004. E c’è pure una pista che dal caso Moro porta al delitto Tobagi…

CANZANO. Il giornalista del ‘Corriere della Sera’ ucciso a Milano?

LUBRANO. Ma Lei è un’enciclopedia! Si, Valter Tobagi, ucciso il 28 maggio 1980 in via Salaino da Marco Barbone, un ‘aspirante’ brigatista: se la caverà con poco…
Si legga il bel libro di Roberto Arlati e Renzo Magosso, ‘Le carte di Moro, perché Tobagi’ , Franco Angeli editore 2003, molto istruttivo in materia.

CANZANO. Cosa dice?

LUBRANO. Basta, sono stanco, mica ho la sua giovane età. Le posso però assicurare che del caso Moro torneremo a parlare.

CANZANO. Come per via Rasella?

LUBRANO. Esattamente.
Giovanna Canzano
giovanna.canzano@email.it
338.3275925

 
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