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RACKET DELLA PROSTITUZIONE RUMENA: UNA BASE ANCHE A CASERTA, ARRESTI


Portavano clandestinamente in Italia giovani donne di nazionalità rumena, ne sequestravano i passaporti e chiedevano in cambio sproporzionate somme di denaro costringendo le donne alla prostituzione ed al lavoro nero: accusata di associazione a delinquere finalizzata all'immigrazione clandestina e di estorsione in concorso, gli agenti della sezione criminalità extracomunitaria della squadra mobile di Napoli hanno arrestato a Giugliano una cittadina rumena, Alina Ionela Doroftei, di 21 anni. La giovane è ritenuta essere, in concorso con la madre Ana Doroftei, di 38 anni ed al convivente della stessa, Mihai Holbora, di 29 anni, entrambi non in Italia, componente di una organizzazione criminale. La madre della Doroftei ed il convivente sono stati inoltre denunciati, in stato di libertà, poiché anche responsabili del reato di riduzione in schiavitù: secondo quanto accertato le vittime erano mantenute in uno stato di soggezione, costrette a prestazioni sessuali e lavorative che ne comportavano, comunque, lo sfruttamento, approfittando di una situazione di necessità, data dallo stato di indigenza e di povertà delle vittime, e di inferiorità psichica di seguito al ritiro del documento identificativo. Nell'abitazione di Alina Ionela Doroftei, gli agenti hanno trovato e sequestrato 42 passaporti intestati a cittadini rumeni. I documenti erano nascosti in un armadio chiuso a chiave. La polizia, nel corso di indagini coordinate dalla Procura della Repubblica di S. Maria C. Vetere e dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli per frenare il fenomeno dell'immigrazione clandestina finalizzato ad incrementare il mercato della prostituzione e del lavoro nero, ha accertato che alcune giovani donne rumene erano state introdotte nel territorio nazionale in maniera clandestina da un'organizzazione a delinquere con base di reclutamento in Romania e base operativo-logistica nelle province di Napoli e Caserta. L'organizzazione ritirava qualsiasi documento identificativo in possesso delle vittime, dicendo che sarebbe stato loro restituito soltanto dopo il pagamento della somma di denaro ritenuta idonea per il viaggio e per l'intermediazione al lavoro. Tale somma, però, una volta giunti in Italia, assumeva proporzioni spropositate, tanto che le vittime erano indotte ad esercitare il lavoro nero o la prostituzione i cui proventi venivano, in toto, acquisiti dall'organizzazione che, frattanto, provvedeva, con cadenza settimanale, all'introduzione in Italia di nuove vittime. (28 ottobre 2006-16:36)

 
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