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*INTERVISTE: LO STORICO LUBRANO COMMENTA ATTACCO A G.PAOLO PANSA*


Roma - (Intervista di Giovanna Canzano)
Al grido di “revisionisti assassini!”, un gruppo di giovani di centri sociali di Reggio nell’Emilia e, pare, anche di Roma, si è scagliato contro Giampaolo Pansa che a Reggio, hotel Astoria, il 16 ottobre stava presentando il suo ultimo libro, “La grande bugia”. Pacata la reazione dell’autore: “Sono contento di quanto è avvenuto. Perché indica di quale carica di odio sia intrisa la vita pubblica italiana e quanti pregiudizi ideologici facciano velo al dibattito libero sulla storia.. L’importante è comportarsi come abbiamo fatto noi stasera, restare calmi, non lasciarsi come abbiamo fatto noi stasera, restare calmi, non lasciarci intimidire e rendere ognuno libero di esprimere la sua opinione. Loro e noi”.
“La reazione di quegli esagitati sicuramente prezzolati da qualcuno, la dice lunga sulla assurda e tremenda intolleranza culturale ed ideologica di cui, da sempre, è afflitta certa sinistra secondo cui l’avversario non si combatte ma si elimina fisicamente e basta. Magari solo con colpi alla schiena. Essi disonorano la Memoria dei veri Partigiani. Per loro il sangue dei vinti e dei ‘revisionisti’, anche se di sinistra, dovrebbe continuare a scorrere. Con buona pace dell’alto messaggio del presidente Napolitano, nel suo discorso di insediamento nella più alta carirca dello stato”, lo ha dichiarato a IM lo storico e giornalista Giovanni Lubrano commentando l’episodio.
Abbiamo preso lo spunto dal fatto di Reggio Emilia per parlare con Lubrano di altre storie collegate al periodo della guerra civile.
Lubrano. Guardi che il libro di Pansa è già in testa nelle classifiche di vendita…
Canzano. Veramente le domande le faccio io,: a quale libro di Giampaolo Pansa si riferisce?
Lubrano L’ultimo, “La grande bugia”. In tale libro Pansa analizza le critiche che gli sono state indirizzate da “storici” di sinistra sulle opere tipo “Sangue dei vinti”, “sconosciuto 45” e altre.
Canzano. Ma non le sembra che Pansa ecceda?
Lubrano. E perché? Pansa, uomo di sinistra, socialista, è un uomo e un giornalista intelligente. Dopo che per oltre 60 anni ci siamo dovuti sorbire gli scritti – ben pagati – degli corifei della vulgata, come giustamente la definiva il mai abbastanza compianto prof. Renzo De Felice. Pansa, uomo e giornalista fuori dagli schemi ipocriti-compromissori, ha il coraggio di uscire fuori dai recinti. I risultati si vedono. Come del solo “Sangue dei vinti” abbia venduto oltre 400mila copie. Tutti “coglioni” i lettori che lo comprano?
Canzano. Ma Pansa ha “sempre ragione”?
Lubrano. No, certo, Pansa non è il Duce. E, le sembrerà strano, la sua opera è ancora incompleta. Voglio sperare che qualcuno la completi, come facciamo lei ed io…
Canzano. Può precisare?
Lubrano. Per esempio, si sa ancora poco dell’esplosione di via Rasella, 23 marzo ’44, come si sa poco delle sette persone fatte ammazzare da “Gemisto”, il capo partigiano comunista Francesco Moranino. E toccare le corde della memoria sul “caso” Porzus da ancora fastidio a tanti.
Canzano. Sulle Fosse Ardeatine si sa tutto…
Lubrano. Vero, però non si sa quale fu il “pretesto” che portò a quella terribile strage.
Canzano. Ma Lei che fa, contesta?
Lubrano. Me ne guardo bene, ma Lei amabile signora Canzano, ha mai provato a “disaggregare” i dati delle 335 vittime, di cui ancora 10 sconosciute, dell’eccidio?
Canzano. Che vuol dire?
Lubrano. Che pochi sanno che là in mezzo ci sono oltre 150 cadaveri di dirigenti politici, partigiani di Bandiera Rossa e militari del “centro militare clandestino”, a cominciare dal suo capo il col. Corsero Lanza di Montezemolo.
Canzano. Mica vorrà dire che cera un “grande complotto”?
Lubrano. Io non dico nulla, ma i numeri sono quelli.
Canzano. Che c’entra “Bandiera Rossa”?
Lubrano. I ragazi di “Bandiera Rossa” che erano un gruppo di partigiani comunisti operanti soprattutto a Roma in netto dissenso con le strategie politiche e metodi cospirativi del P.C.I. – G.A.P./S.A.P. In una parola puntavano sul sabotaggio e non sul terrorismo assassino. I comunisti del PCI/GAP non li tolleravano e anzi li bollarono come “trozkisti”, il che equivaleva a condannarli a morte.
Canzano. Ma erano forse un gruppo piccolo?
Lubrano. Assolutamente no: contavano oltre 2000 aderenti tutti partigiani combattenti. A Roma operavano soprattutto nelle zone popolari di Torpignattara, Casilino, S. Lorenzo e altri. Dopo i 75 cittadini ebrei sono i 68 partigiani di Bandiera Rossa che rappresentano il picco più numeroso dei trucidati nelle cave di Tufo della via Ardeatina.
Canzano. E “Gemisto”?
Lubrano. Un volgare assassino che in conto PCI diventò sottosegretario nei governi De Gasperi allargati alle sinistre e poi deputato. Condannato, fuggì in Cecoslovacchia ove fondò “Radio Praga” e, in specie, fu il grande organizzatore di strutture terroristiche a cui si allenarono padri e figli delle brigate rosse. Il PCI, per farlo graziare, ricattò Saragat: se vuoi i nostri voti per diventare presidente della Repubblica, devi graziare Moranino. Detto e fatto: l’uomo che nel 1947 aveva rotto i giochi della sinistra, fondando, in scissione dal P.S.I.U.P. di Nenni, il Partito Socialista dei Lavoratori Italiani, nel dicembre del 64 si rimangiò il suo “Jamais” e Moranino potè tornare in Italia dopo il provvedimento di amnistia generale del 1966.
Canzano. E di Porzus?
Lubrano. Ne parleremo un’altra volta.

(18 ottobre 2006-17:35)

 
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