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CAMORRA, CLAN VENOSA: OPERAZIONE 'CAFFE'. DOMICILIARI PER DUE FINANZIERI


Diciotto arresti di appartenenti al clan Venosa sono stati eseguiti dalla squadra mobile della Questura di Frosinone. Provvedimenti emessi dal Gip di Napoli, su richiesta dei Pm della Dda e della sezione criminalità economica della Procura di Napoli che vanno a colpire un sodalizio attivo nel casertano ma che aveva spostato il suo centro di affari illeciti a Cassino, in provincia di Frosinone. Camorristi imprenditori, come li definiscono gli inquirenti, attivi nelle truffe alle assicurazioni, nella duplicazione e vendita di prodotti musicali ma anche nella concorrenza illecita nel settore della distribuzione del caffé, nello spaccio di droga e in prima linea anche nelle amministrative del 2005 quando avrebbero sostenuto la candidatura di un politico locale per il consiglio provinciale di Caserta. Un clan dedito anche alla corruzione di forse dell'ordine: a finire agli arresti domiciliari anche due militari della Guardia di Finanza, già in servizio presso il comando della compagnia di Aversa, per un episodio di corruzione relativo a un controllo effettuato a un esercizio commerciale riconducibile al clan Venosa. Una famiglia ai vertici del potere camorristico, i Venosa, formata prevalentemente dai parenti del capo clan Luigi Venosa, detto "Gigginiello ò cocchiere", frangia del noto clan dei Casalesi. Nonostante Venosa non potesse più risiedere in Campania, in seguito a un divieto di dimora, e nonostante, dal luglio scorso, fosse stato arrestato, dalle indagini è emerso che avrebbe continuato a dirigere gli affari del clan e che il nipote, Raffale Venosa, anche lui tra gli arrestati, fosse diventato il reggente per le attività illecite dell'organizzazione. Anche quest'ultimo, non in Campania per divieto di dimora, attraverso una fitta rete di collaboratori riusciva a gestire il malaffare nel casertano. San Cipriano di Aversa, Santa Maria Capua Vetere, Casal di Principe, Frignano ma anche Casapenna i comuni dove il clan era più forte. Gli inquirenti hanno portato allo scoperto estorsioni su imprenditori locali, truffe, corruzioni: un'attività che mettevano a segno dall'agro aversano fino ad arrivare al Basso Lazio. Nonostante i reggenti fossero in carcere, le loro direttive arrivavano comunque a destinazione. Era quasi tutto affidato ai parenti e ai colloqui in carcere: conversazioni durante le quali si avvalevano di un frasario apparentemente incomprensibile, ma, a detta degli inquirenti, di sicura affidabilità. Sono state soprattutto le intercettazioni telefoniche e i pedinamenti a ricostruire il quadro d'azione dei Venosa: poche le denuncie di coloro che subivano le minacce, imprenditori e commercianti, vittime delle intimidazioni, costretti a sottostare alle illecite richieste del clan anche se svolgevano la loro attività in zone lontane dalla terra d'origine. Una strategia, quella dei Venosa, che gli inquirenti definiscono "imprenditorial- mafiosa": camorristi pronti a investire e a occupare con violenza intere fette di mercato, come la distribuzione di caffé. Arresti, quelli di oggi, che vanno a colpire figure di spicco come Luigi Venosa, Raffaele Venosa e Umberto Venosa, e che hanno portato alla luce la metodologia criminale applicata al mercato. Chiaro, secondo gli inquirenti, l'obiettivo: bypassare le normali regole della concorrenza con l'imperativo di fare soldi.(12 luglio 2006-16:25)

 
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