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CASERTA, BAMBINI POVERI IN AUMENTO: A MADDALONI 300 IN UN ISTITUTO


Aumentano, in Campania, i minori che vengono allontanati dal proprio nucleo familiare e che vengono affidati ad istituti perché i loro genitori sono poveri: non hanno un lavoro, una casa e, quindi, non sono in grado di mantenerli. Il campanello d'allarme parte da Napoli e dalla presentazione di un libro "Quando i bambini non fanno oh!", di Sofia Flauto, che disegna una situazione tutt'altro che positiva. Ad oggi, in Campania, sono 2023 i minori collocati in vari istituti (300 solo in un istituto di Maddaloni, nel casertano), di cui 700 sono in case famiglia. Ragazzi, di età compresa tra i 6 e i 16 anni, che come sottolineato da Antonio Di Marco, giudice del Tribunale per i Minori di Napoli, finiscono in istituto non più o quanto meno non solo per disagi familiari, ma per la povertà. Una questione, quella dei minori in istituto, che coinvolge a macchia di leopardo tutte le fasce sociali: non solo quelle basse ma anche la stessa borghesia. Ad essere allontanati dalle famiglie sono, infatti, sempre più spesso anche figli di professionisti. Le cause? Elevati conflitti familiari e disturbi dell'alimentazione. Psicologi, sociologi, magistrati, assistenti sociali sembrano essere d'accordo su quella che appare come una vera e propria emergenza, tanto più che tra due anni gli istituti chiuderanno i battenti e, anche in Campania, tantissimi ragazzi rischiano di ritornare nei contesti familiari da dove sono stati allontanati. I rimedi, dicono gli esperti, ci sono: l'affido familiare, tanto per iniziare, un'attenta comunicazione sociale ma anche interventi per evitare che le case famiglia non si trasformino in istituti del terzo millennio. "Il problema è anche questo - sottolinea l'autrice del libro, Sonia Flauto, pedagoga e giudice onorario del Tribunale per i minori di Napoli - Tutti si appellano alle case famiglia, l'importante è, però, che le case famiglia rappresentino sul serio un passaggio e non si trasformino in istituti del terzo millennio. L'alternativa? Si dovrebbe puntare sull'affido familiare molto di più". Un appello lanciato anche da Samuele Ciambriello,autore della postfazione del libro, presidente dell'associazione "La Mansarda" e da anni attivo, come operatore sociale, nel settore dei minori a rischio. "Case di accoglienza per minori, centri di aiuto per la vita, comunità residenziali che abbattono, finalmente, i vecchi istituti, aridi e privi di relazioni, nei luoghi di accoglienza c'é un desiderio, una presenza, un cammino - ha sottolineato Ciambriello - dobbiamo sapere collocare il diritto a vivere, ad essere felice di questi ragazzi, con la possibilità di offrire loro occasioni di valorizzazione, centri di accoglienza che siano spazi sempre più aperti". "E' necessario puntare sulla comunicazione sociale. Molti, ad esempio, ancora non sanno che si può partorire nell'anonimato, questo potrebbe contribuire ad eliminare il problema dei bambini abbandonati all'origine - ha aggiunto Ciambriello - così come si deve investire di più sulle politiche di adozione, sono necessari maggiori investimenti sul piano locale sulla questione degli affidi familiari. Ci sono ancora troppi vincoli ed intoppi burocratici". Un problema, quello delle strutture, sottolineato anche da Antonio Di Marco, giudice del Tribunale dei Minori di Napoli. "Non c'é ancora un'offerta sufficientemente differenziata di strutture di accoglienza - ha detto - occorrerebbero case famiglia per bambini piccoli, unità di accoglienza per adolescenti, in condizioni anche di semiautonomia, strutture per accogliere madri con minori. la Regione Campania ha già fatto molti sforzi in merito ma, in previsione della chiusura degli istituti, i passi da compiere sono ancora tantissimi.(25 marzo 2006-16:05)

 
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