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PROTESTA STUDENTI, DOCENTI E RETTORE SUN: SCIOPERO A STIPENDIO PIENO

di Filippo Motta (ordinario di Glottologia Università di Pisa)


Provate a immaginare uno sciopero del settore industriale o del pubblico impiego indetto non dai rispettivi sindacati o da assemblee di lavoratori ma dalle Camere di Commercio o dalle Prefetture che dispongono la sospensione dell'attività in fabbriche e uffici. Poi provate a immaginare il meccanismo di controllo su presenze e assenze nei luoghi di lavoro per il calcolo delle eventuali trattenute sullo stipendio per quel giorno di sciopero: no, non potete immaginarlo perché semplicemente non esiste dato che la sospensione è stata imposta dall'alto. Infine, provate a immaginare i titoli dei giornali il giorno dopo: "Astensione massiccia dei lavoratori delle industrie", "I dipendenti pubblici in massa bloccano l'attività degli uffici in tutta Italia", eccetera. Grazie tante: il lavoro è stato interrotto dall'alto, lo sciopero si configura piuttosto come una serrata e, in più, nessuno degli "scioperanti" ci rimette un euro. Paradossale, vero? Eppure tutto ciò è quanto di fatto sta accadendo nello scombiccherato mondo dell'Università italiana. Da ieri, infatti, vari atenei sono bloccati contro il disegno di legge Moratti sulla riforma della docenza e non perché un qualche sindacato dei docenti o qualche loro assemblea abbia promosso l'agitazione. No, stavolta sono Rettori, Presidi, Senati Accademici che chiamano alla rivolta e la impongono sospendendo d'autorità le lezioni. Parentesi: le conseguenze potrebbero, come al solito, ricadere sugli studenti, i quali perderanno una settimana di lezione; poco male se l'attuale meccanismo di valutazione degli studi universitari non prevedesse che per sostenere l'esame in questa o quella disciplina si debba cumulare un numero determinato di crediti formativi (e non uno di meno), numero che, a sua volta, può essere raggiunto solo assistendo ad un determinato numero di lezioni (e non una di meno). Ma siccome in Italia tutto si aggiusta, viene spontaneo pensare che per non danneggiare gli studenti molti dei miei colleghi riporteranno sul loro registro anche lezioni mai fatte o che, nel migliore dei casi, li convocheranno, per recuperarle, in orari impossibili (magari dopocena) o quando le lezioni sono davvero sospese, durante le vacanze o nei periodi di preparazione degli esami. Una truffa, quindi, o un danno: tertium non datur. Chiusa la parentesi. Tornando a bomba: si è mai vista una protesta di tal fatta, imposta dall'alto e a costo zero per chi si adegua? Qui non è neppure questione dei contenuti del provvedimento morattiano, che certamente è migliorabile ma che ha almeno il merito di spezzare l'attuale meccanismo di reclutamento dei docenti universitari basato sulla promozione dei candidati locali: un meccanismo, guarda guarda, introdotto non da un governo di centrodestra ma che risale ai tempi degli ineffabili Zecchino e Berlinguer. Questo i miei colleghi precettati a scendere sul sentiero di guerra lo sanno benissimo, così come, se parli con loro, non ne trovi uno disposto a salvare l'infernale sistema attuale. Ma non importa: la coerenza intellettuale viene dopo l'esigenza di dare sempre e comunque addosso a questo governo. Mi piacerebbe dire qualcosa anche a proposito dei ricercatori, che il disegno di legge Moratti prevede, anche troppo timidamente (si partirebbe dal 2013!) come personale da assumere per contratto a tempo determinato (tre anni più eventualmente altri tre), "salvando", naturalmente, i ricercatori attuali e quelli nominati di qui a quella data, ai quali, viene riconosciuta l'inamovibilità fino alla pensione, anche quando non hanno più scritto una riga dalla conquista del posto fisso. Cosa assomiglia di più a quanto avviene negli altri paesi evoluti: la verifica del lavoro svolto prima di essere immesso definitivamente nei ruoli universitari o la garanzia dell'inamovibilità anche per i fannulloni? Ma ora è meglio che chiuda anche perché mi debbo preparare per la lezione di oggi, che terrò regolarmente, infischiandomi delle direttive e del conformismo accademici.

 
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