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CASERTA, INCENDIO AD AUTO CARABINIERE P.G. PROCURA: ATTESTAZIONI DI SOLIDARIETA'


Sono state numerose le attestazioni di stima e solidarietà, provenienti da ogni livello dell’Arma, dagli ambienti della procura e dall’amministrazione comunale di Portico, espresse nei confronti del maresciallo dei carabinieri Giuseppe Cicala all’indomani della chiara intimidazione che il sottufficiale ha subìto due notti fa, quando alcuni ignoti hanno appiccato il fuoco alla sua auto, una Rover 75, parcheggiata nel garage della sua abitazione a Portico di Caserta. Il caso, si apprende da ambienti investigativi, è curato personalmente dal Procuratore capo Mariano Maffei ma, sulla delicata inchiesta, c’è naturalmente il massimo riserbo della Procura sammaritana. A poche ore dal grave episodio, infatti, è del tutto comprensibile il silenzio degli inquirenti che stanno valutando ogni pista ed adottando le procedure del caso con la massima collaborazione della stessa vittima. Era stato lo stesso maresciallo, Giuseppe Cicala, della squadra di polizia giudiziaria della Procura, militare che lavora fianco a fianco con il sostituto procuratore Paolo Di Sciuva, a dare l’allarme ai colleghi dell’Arma intervenuti sul posto insieme ai Vigili del Fuoco la notte tra sabato e domenica scorsi. Un atto compiuto nel cuore della notte, quasi sicuramente dopo l’una e trenta: orario in cui sarebbe rientrato a casa il maresciallo e la moglie dopo una serata trascorsa con alcuni amici. Per mettere a segno il loro piano, penetrare nel garage e incendiare l’auto del militare (vicino alla quale si trovava anche la vettura della moglie), gli autori del grave gesto avrebbero dovuto faticare non poco. Sul fatto che si sia trattato di un atto doloso non sembrano esserci dubbi e per questo si pensa ad un’intimidazione legata in qualche modo all’attività professionale del sottufficiale dell’Arma. Mantiene il massimo riserbo anche il titolare dell’ufficio dove presta servizio Cicala, il sostituto procuratore Paolo Di Sciuva, magistrato schivo e riservato (titolare anche di inchieste delicate) che prima di approdare a Santa Maria Capua Vetere ha lavorato in zone “calde”, sotto il profilo criminale, come la Calabria. In ogni caso, gli accertamenti investigativi affidati alla compagnia dei carabinieri di Santa Maria Capua Vetere non sembrano escludere nulla: nemmeno eventuali messaggi che con quell’azione ha voluto dare qualcuno all’ufficio del pm dove presta servizio il maresciallo. Per il momento, si tratta solo di ipotesi e congetture investigative. Quello che è certo, purtroppo, è che l’episodio mette in luce un’altra terribile emergenza campana sul fronte crimine-giustizia-sicurezza che fa il paio con quella che da alcuni mesi si sta vivendo a Scampia. Episodi, peraltro, che nel circondario giudiziario samaritano stanno diventando sempre meno isolati: risale a meno di un anno fa, infatti, l’incendio appiccato durante la notte da un indagato (attualmente detenuto) all’ufficio del sostituto procuratore Giovanni Cilenti. Nell’aprile del 2003 c’era stato il furto e l’incendio dell’auto blindata in uso al gip di Napoli Rosanna Saraceno che si trovava a Santa Maria Capua Vetere per interrogare i destinatari delle 15 ordinanze cautelare firmate dallo stesso giudice due giorni prima nell’ambito dell’operazione «Call center». L'auto blindata venne rubata all'esterno di un bar dove si erano fermati l'autista ed il giudice per prendere un caffè: la vettura di servizio venne poi ritrovata completamente bruciata a Pascarola, un’area alla periferia di Caivano, che si trova tra Caserta e Napoli.

 
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