Santa Maria Capua Vetere (Caserta), 22 luglio 2020 (di: Walter Scott) Udienza fiume questa mattina quella per il controesame degli avvocati della difesa di Guido Taglialatela e Marco Ricci già assessori del Comune di Capua nel processo a carico dell’ex sindaco e medico chirurgo Carmine Antropoli, assente per l’udienza di oggi. Il processo si celebra davanti alla Corte di Assise presieduta da Giovanna Napoletano (pubblico ministero per la Procura antimafia, Maurizio Giordano).Dal sito riservato il pentito Francesco Zagaria, detto «Ciccio ‘e Brezza», gola profonda di questo processo che nel dettaglio narra le relazioni di connivenza fra i politici capuani indagati e la camorra per l’aggiudicazione di appalti edili. Francesco Zagaria è stato fino al suo arresto l’imprenditore di riferimento del clan di Casapesenna, dopo l’arresto di Michele Zagaria: lo apprende lui stesso da documenti ancora secretati dall’istruttoria, secondo i quali prende il posto di Michele Zagaria nel clan. Un uomo generoso Ciccio ‘e Brezza che, pur di farsi aggiudicare i lavori, oltre a versare una tangente del 10% sull’ammontare degli appalti, si disobbliga personalmente con Carmine Antropoli e Marco Ricci con regali e favori personali. Antropoli e Ricci facevano la parte da leoni in appalti di importi superiori ai 400mila euro, lasciando le briciole a Guido Taglialatela. Questo il motivo delle tensioni fra i due assessori mentre i rapporti fra Ricci e Zagaria si sono incrinati nel 2015 con le elezioni regionali: Ricci si candidò contro Lucrezia Cicia, sostenuta da Zagaria. Consulente tecnico per la stesura dei progetti Francesco Greco dirigente dell’Ufficio tecnico del comune di Capua. Diverse le imprese di Zagaria che si aggiudicavano gli appalti con la compiacenza dei politici capuani che rallentavano le procedure di affidamento se le imprese di Zagaria avevano problemi con l’antimafia. L’avvocato Gerardo Marrocco della difesa di Taglialatela nel corso del controesame ha chiesto del rapporto che Zagaria avrebbe avuto con i vassalli e i valvassori della camorra e il ruolo di specchiettista nell’omicidio di Sebastiano Caterino, commesso 15 anni fa. Zagaria, che secondo l’accusa, assicurava lo stipendio agli affiliati del clan, era presente sulla scena dell’omicidio di Sebastiano Caterino. Dal racconto del pentito emerge che Alessandro Zagaria, condannato a 20 anni di reclusione nel processo contro l’ex sindaco di S. Maria C.V. Biagio Di Muro, era il faccendiere del clan nella zona Capua-Santa Maria C.V., giustificando così la presenza sul territorio di entrambi i Zagaria. Al termine dell’udienza il Pubblico ministero ha chiesto alla Corte di acquisire l’elenco di 24 intercettazioni ambientali e telefoniche per integrare le perizie. Prossima udienza il 27 luglio mentre già sono state calendarizzate almeno due udienze di settembre. Tra i testi dell’accusa da sentire, l’avvocato Giuseppe Chillemi imprenditore del vino non indagato ma indicato da Antropoli ai tempi delle candidature come suo successore a sindaco di Capua.
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PROCESSO D'APPELLO A NOVEMBRE PER ALESSANDRO ZAGARIA
Nuovi testimoni in Appello contro l'ex sindaco di Santa Maria Capua Vetere Biagio Maria Di Muro, Alessandro Zagaria, il ristoratore di Casapesenna ritenuto il trait d'union tra il clan dei Casalesi e le pubbliche amministrazioni, e gli altri imputati coinvolti a vario titolo nell'inchiesta sulla corruzione e le infiltrazioni della camorra negli appalti della città del Foro e di Grazzanise.
E' quanto ha annunciato il procuratore generale nel corso della prima udienza celebrata dinanzi alla prima sezione penale della Corte d'Appello di Napoli rinviata a novembre a causa dell'emergenza Covid. Il pg, nel corso dell'udienza meramente rinviata per un difetto di notifica, ha annunciato la propria volontà alla rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale, portando nuove prove a carico degli imputati.
Prima dell'udienza i difensori avevano depositato memorie riguardanti i tre diversi Appelli fatti dal pm della Dda Maurizio Giordano che aveva impugnato con un primo atto l'assoluzione di Alessandro Zagaria per la sua partecipazione al clan dei Casalesi per la vicenda di Santa Maria Capua Vetere, con un secondo atto la posizione di Zagaria su Grazzanise, e con un terzo atto è stata impugnata l'assoluzione per concorso esterno in associazione mafiosa agli imprenditori Francesco e Nicola Madonna. Ad avviso dei difensori il potere di impugnativa della Dda si sarebbe consumato tutto nel primo appello con conseguente inammissibilità degli altri. Di diverso avviso il procuratore generale per il quale sono stati rispettati i termini per le impugnazioni e non sussisterebbero motivi di illogicità tra i tre diversi atti di appello. Circostanze per le quali i giudici dovranno decidere nell'udienza fissata a metà maggio.
Sotto processo ci sono l'ex sindaco di Santa Maria Capua Vetere Biagio Maria Di Muro (condannato in primo grado a 5 anni e 6 mesi), il progettista Guglielmo La Regina (condannato in primo grado a 6 anni), Roberto Di Tommaso (condannato a 1 anno con pena sospesa), Alessandro Zagaria (condannato in primo grado a 4 anni) e gli imprenditori di Casal di Principe Nicola e Francesco Madonna (entrambi assolti in primo grado).
Due le inchieste finite all'interno dello stesso fascicolo con Alessandro Zagaria, il ristoratore di Casapesenna ritenuto dalla Dda un faccendiere del clan dei Casalesi con il compito di mantenere i contatti con le pubbliche amministrazioni al fine di turbare appalti, a fare da trait d'union. Una è quella relativa ai lavori di ristrutturazione di Palazzo Teti Maffuccini con la progettazione affidata a Guglielmo La Regina grazie alle presunte bustarelle date all'ex sindaco sindaco di Santa Maria Capua Vetere Biagio Maria Di Muro ed ai componenti della commissione di gara, presieduta dal dirigente Roberto Di Tommaso. Nel patto corruttivo avrebbe partecipato anche Zagaria che avrebbe consegnato materialmente i soldi promessi a Di Muro.
I PRECEDENTI: LA CONDANNA DELL'EX SINDACO E DEL RISTORATORE ALESSANDRO ZAGARIA
L’accusa, durante la requisitoria, aveva fatto una sorta di parallelo tra il processo sulle tangenti a Palazzo Teti.Maffuccini (che fu dimora di Garibaldi) e quello più noto romano conosciuto come Mafia Capitale ma i giudici del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, ieri – emettendo la sentenza – hanno fatto cadere proprio il reato di camorra che era stato cucito tra un imprenditore di Casapesenna, Alessandro Zagaria condannato a 4 anni (ed anche scarcerato) e alcuni imputati tra cui l’ex sindaco della città del foro, Biagio Di Muro, condannato a 5 anni e mezzo. Nei loro confronti, il pubblico ministero antimfia Alessandro D’Alessio (titolare dell’inchiesta con il collega della Dda Maurizio Giordano) aveva chiesto rispettivamente 20 e 8 anni. Il processo riguardava i lavori di ristrutturazione dello storico palazzo di via Roberto D’Angiò, la cui progettazione, per la Direzione distrettuale antimafia di Napoli, fu affidata all'ingegnere Guglielmo La Regina, condannato a 6 anni di carcere (richiesta: 8), dietro il pagamento di tangenti da decine di migliaia di euro. I giudici del collegio giudicante - presiedente Roberta Carotenuto - hanno però fatto cadere per tutti l'aggravante mafiosa, irrogando pene più basse rispetto alle richieste ed assolvendo anche due imputati (i fratelli Madonna) per i quali era stata chiesta una condanna a dieci anni di carcere. Il Tribunale, in particolare, ha condannato a 4 anni e mezzo Vincenzo Manocchio (richiesta: 6 anni), che faceva parte della commissione di gara che aggiudicò la progettazione e ad 1 anno con pena sospesa (richiesta:5 anni), l'ex dirigente del comune Roberto Di Tommaso, che presiedeva quella commissione. Assolti due imprenditori di Casal di Principe, Nicola e Francesco Madonna per un altro filone, quello sulla realizzazione della fognatura a Grazzanise, in cui è stato assolto lo stesso Zagaria la cui posizione era stata riunito a questo processo conclusosi ieri. Per questa indagine, nell'aprile di tre anni fa scattò un’ordinanza cautelare in carcere e domiciliare per l’ex sindaco Biagio Di Muro ed altri. Corruzione, turbativa d’asta, falso e aggravante camorristica (ieri caduta) i reati ipotizzati. Nel processo, ha fatto la sua parte come teste la gola profonda Loredana Di Giovanni (chiamata 'la rossa' nelle intercettazioni), giudicata a parte (2 anni con rito abbreviato), che però non è stata ritenuta del tutto credibile dall'accusa in alcuni passaggi. Nel corso del processo ci sono stati anche dei passi indietro da parte del perito d'ufficio e dell’ingegnere La Regina. La Di Giovanni, che per i pubblici ministeri aveva ammesso parzialmente proprie e altrui responsabilità celando molti passaggi su Zagaria, aveva raccontato il suo iter professionale agli inquirenti spiegando di aver conosciuto l’ex sindaco di Muro per motivi politici, durante alcuni incontri nella segreteria dell’ex assessore regionale Pasquale Sommese pure finito nell’inchiesta. La donna, avrebbe mediato tra l’ex sindaco sammaritano e l’ingegnere La Regina per la quantificazione di una percentuale sull’appalto e avrebbe portato materialmente una tranche da diecimila euro a Zagaria consegnata in un noto albergo di Caserta dove aveva appuntamento anche con il presidente di una comunità del Matese per una successiva consulenza. Nel processo sono stati impegnati gli avvocati Nicola Garofalo, Renato Jappelli , Giueppe Stellato, Antonio Abet e Marco Muscariello. Gli avvocati attendono il deposito delle motivazioni per ricorrere in Appello.
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