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NO A VIOLENZA SU DONNE: PARLANO LE RESPONSABILI TELEFONO ROSA DI CASERTA

Caserta, 24 Novembre 2016 (di Elisabetta Colangelo per Casertasette / Telexnews.it )

Succede in casa, tra le rassicuranti mura domestiche. Succede per mano di un marito, di un fidanzato, di un padre. Donne minacciate, malmenate, umiliate, uccise. Gelosia, amore malato, possesso. Parole vuote, alibi. E’ violenza pura, abuso, violazione dei diritti umani. Così viene definita la violenza sulle donne dalla Convenzione adottata a Istanbul e ratificata in 14 paesi, compresa - nel giugno 2013 - l'Italia.

Il 25 novembre è stata scelta nel 1999 come Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne   dall’Assemblea Generale della Nazioni Unite che ha ufficializzato una data che fu scelta da un gruppo di donne attiviste, riunitesi nell’incontro Femminista Latinoamericano e dei Caraibi, tenutosi a Bogotà, nel 1981.

Dal 1999 ad oggi qualcosa, in Italia, è stato fatto: campagne di sensibilizzazione, maggiore consapevolezza, percorsi di protezione per le donne vittime di violenza, la legge sullo stalking, per tutelare chi subisce atti persecutori tali da comprometterne il normale svolgimento della vita quotidiana. Qualcosa è stato fatto, ma tanto c’è da fare. Sul piano della tutela legale, ma anche e soprattutto della sensibilizzazione, dell’educazione alla cultura del rispetto, cominciando dalle scuole. Ma intanto l’emergenza c’è. Le donne continuano a subire una violenza domestica che in oltre il 90% dei casi non viene denunciata. Le donne continuano morire per mano spesso dei propri cari.

Femminicidio. Questa parola esiste nella lingua italiana dal 2001, l’omicidio della donna in quanto donna. Una parola che sempre più spesso ritroviamo su giornali, telegiornali, echeggia nelle nostre case, abbiamo con essa una allarmante familiarità. Si chiamano Maria, Giulia, Gianna, Barbara, Esther, Lamiae. Sono italiane, africane, arabe. Provengono da famiglie disagiate o benestanti, sono persone colte o poco istruite. Ogni nome una piccola storia, una vita perduta, un sogno spezzato.

Spazio Donna Onlus è un'associazione che da 27 anni opera sul territorio di Caserta per ascoltare, proteggere, orientare le donne in difficoltà. Più di 600 i casi trattati negli ultimi cinque anni raccontano storie di donne di tutte le età ed estrazioni sociali che si rivolgono al centro, anche se perlopiù si tratta di donne sposate, di età compresa tra i 30 e i 50 anni, residenti in massima parte nella provincia più che nella città  di Caserta. E più di ogni altra cosa raccontano storie di violenza subita in famiglia.

Abbiamo incontrato la dott.ssa Maria Luisa Ferraro, responsabile per lo sportello Telefono Rosa e la dott.ssa Alba Bianconi, responsabile della casa rifugio.

Di cosa si occupa Spazio Donna Onlus?

L'Associazione è nata in origine proprio come sportello telefonico, per offrire alle donne in difficoltà la possibilità di esprimersi liberamente, utilizzando uno strumento familiare e discreto come il telefono. Subito c'è stato grande riscontro e negli anni l'approccio telefonico si è confermato quello preferito dalle donne per contattarci. In molti casi le donne che ci contattano non vogliono proseguire con azioni legali o cercare colloqui specialistici con avvocati o psicologi. La maggior parte di loro cerca attenzione, ascolto, un momento di sfogo. Le operatrici fanno ascolto attivo, guidano le donne che chiamano, le aiutano a far venir fuori il problema e se necessario viene fornito aiuto concreto, orientamento al lavoro o, nei casi più gravi, ci occupiamo di ospitare nelle case rifugio le donne che hanno bisogno di allontanarsi dal nucleo familiare.

E' cambiato qualcosa nel tempo? Le campagne di comunicazione servono?

Sì, le donne ora hanno maggiore consapevolezza, sanno che c' qualcuno disposto ad ascoltare. Uscire da una spirale di violenza è una cosa molto difficile, già riuscire a parlarne, cercare un confronto, è un passo molto importante. Ciò che abbiamo notato è un incremento dei casi in cui a chiamare non sono le dirette interessate, ma mamme, sorelle, amiche, segnale di una maggiore sensibilità anche sociale rispetto al tema della violenza. In questi casi, però, noi chiediamo di essere contattati direttamente dall'interessata. Chiamare passa per una presa di coscienza individuale, è importante che sia la persona interessata a volerne uscire e purtroppo in molti casi constatiamo che le persone interessate, anche dopo l'approccio da parte di altri per loro conto, non richiamano, la consapevolezza è un'altra cosa.

Quando una donna chiama il vostro centro e racconta di subire una violenza, voi come vi comportate, cosa suggerite?

Se una persona chiama ha già fatto un passo importante. Spesso sono donne confuse, non hanno le idee chiare sul da farsi. Noi cerchiamo di farle venire presso di noi  perchè possano entrare in contatto con i nostri specialisti, illustriamo alle donne i servizi e le tutele che siamo in grado di offrire, affinché loro stesse, prendendo coscienza, vogliano fare dei passi.

Denunciare serve?

In passato anche da parte delle istituzioni c'era minore attenzione rispetto a questi problemi, spesso le donne restavano inascoltate e le denunce non accolte o comunque scoraggiate. Negli ultimi anni abbiamo assistito ad una inversione di tendenza: la collaborazione con le forze dell'ordine è sempre più stretta, siamo in continuo contatto. Noi incoraggiamo la denuncia quando ne ravvisiamo gli estremi. E' importante che le donne sappiano che la denuncia può essere fatta anche fuori dal comune di residenza, dove si sentano maggiormente a loro agio, e che in caso di figli minori essi saranno tutelati insieme a loro, mentre spesso le donne temono di perdere i figli o di creare loro dei danni denunciando.

Quali i segnali da non trascurare, che possono rendere potenzialmente a rischio una relazione?

Ogni qualvolta una donna, più o meno giovane, senta minata la propria libertà, di esprimersi in qualunque modo, nei gesti, nella parola, nel modo di fare, è il caso di stare attente, è lì che può scattare il campanello d'allarme. Noi spesso parliamo anche con ragazze molto giovani nelle scuole, e riscontriamo in esse la convinzione che se il fidanzato non è geloso, possessivo, in realtà non tiene abbastanza a loro, non le ama. Noi lavoriamo per sradicare queste convinzioni, lavorare sulle giovanissime è fondamentale: ciò che conta è lavorare sull'evoluzione culturale delle generazioni.

Esiste un profilo tipo della donna che chiama?

No, è un profilo del tutto trasversale. Chiamano donne giovani e meno giovani, colte e poco istruite, casalinghe o indipendenti economicamente, italiane o straniere. Paradossalmente osserviamo una maggiore difficoltà a chiamare da parte di donne di ambiente sociale migliore, dove più forte è il timore della riprovazione da parte del proprio contesto di riferimento.

C'è differenza tra le donne italiane  e quelle straniere che chiamano?

In alcuni casi, per le straniere si sovrappongono ulteriori problemi, donne vittime della tratta o magari ripudiate dai loro compagni. Ma in buona sostanza no,non riscontriamo particolari differenze di approccio, stesse paure, stesso dolore.

Casertasette/Telexnews: direttore news Biagio Salvati  

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