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MADDALONI (CASERTA), ESTORSIONI, ARMI E CAMORRA. 34 ORDINANZE CAUTELARI

Maddaloni (Caserta), 3 Novembre 2014 (Casertasette) - Blitz anticamorra nel Casertano dove la Squadra Mobile della Polizia di Stato di Caserta, coordinata dalla Dda di Napoli, ha eseguito 34 ordinanze cautelari nei confronti di persone ritenute affiliate al clan Belforte di Marcianise, in particolare al gruppo operante a Maddaloni. Fatta luce su decine di estorsioni ai danni di imprenditori e commercianti tra Maddaloni, Cervino e Santa Maria a Vico. Sono accusate, tra l'altro, di associazione di stampo mafioso, estorsione, detenzione e spaccio di droga. Secondo l'accusa Sono oltre trenta gli episodi estorsivi, tra reati tentati e consumati, che hanno visto protagonisti i 34 presunti esponenti della frangia "maddalonese" del clan Belforte di Marcianise, attiva nei comuni casertani di Maddaloni, Valle di Maddaloni, Cervino e Santa Maria a Vico, a cui oggi la Squadra Mobile della Questura di Caserta ha notificato altrettante ordinanze nell'ambito di una vasta operazione anti camorra. Il gip di Napoli Maria Vittoria Foschini ha disposto il carcere per 28 persone (oltre una decina di questi sono già detenuti) e per sei i domiciliari. Complessivamente sono 45 le persone indagate nell'ambito dell'inchiesta coordinata dalla DDA di Napoli (pm Conzo e Landolfi, procuratore aggiunto Borrelli). I nuovi reggenti del clan raggiunti dal provvedimento, è emerso dalle indagine realizzata dagli investigatori della Squadra Mobile di Caserta guidati da Alessandro Tocco, sono i parenti dei capi detenuti da anni: c'è il 25enne "figlio d'arte" Andrea D'Albenzio, il cui padre Giorgio e lo zio Clemente sono storici referenti a Maddaloni del clan Belforte, ci sono Pasquale Magliocca e Giuseppe Ciardiello, cugino e cognato dell'altro esponente di spicco Nicola Loffredo, Giuseppe Martino, fratello dell'ex reggente Nicola, oggi collaboratore di giustizia. Determinante per le indagini è stato il sequestro operato dalla Squadra Mobile di alcuni fogli di una sorta di libro mastro, appunti riportanti nominativi e cifre riferibili ai ratei estorsivi richiesti dall'organizzazione agli operatori economici della zona durante l'arresto il 27 gennaio 2011 di Pasquale Magliocca. Gli inquirenti hanno inoltre accertato che alcuni degli affiliati indagati avevano costituito un'organizzazione attiva nel territorio di Maddaloni e nei centri limitrofi, finalizzata alla gestione del mercato degli stupefacenti, in particolare di hashish, che operava parallelamente all'organizzazione camorristica, consentendo loro di "integrare" Estorsioni a tappeto a cantieri edili, come quello ai danni dell'impresa aggiudicataria dell'appalto di oltre 2 milioni di euro per la realizzazione del complesso parrocchiale adiacente la chiesa di S. Maria Madre a Maddaloni, finanziato in parte dalla Conferenza Episcopale Italiana. Tra le vittime del clan anche fornitori di calcestruzzo e inerti, distributori di carburante, aziende di trasporto, commercianti ortofrutticoli, negozi di abbigliamento e numerosi bar, tra cui quello operante all'interno dell'ospedale civile di Maddaloni. Intere strade, località e frazioni di Maddaloni (e dintorni) &ndash scrive il gip nell'ordinanza di arresto a carico di 34 esponenti del clan Belforte &ndash vengono "battute" dalle vetture in uso agli associati per chiedere il "pizzo" a ogni esercizio commerciale e a ogni artigiano. Nell'agosto 2010 gli indagati Vittorio Lai e Francesco Merola (entrambi finiti in cella) avvicinano due operai della Nacca Costruzioni Srl, impegnata in un lavoro commissionato dalla Cei, in quel momento a bordo di un mezzo. "E' inutile che scendiate &ndash dice uno degli estorsori &ndash vediamo di non far succedere nessun guaio, girate il furgone e non riprendete i lavori se prima non siete andati a mettervi a posto". Il titolare della società, però, non pagherà il pizzo. Le condotte delittuose, emerge dalle intercettazioni e dalle dichiarazioni dei pentiti Antonio Farina e Nicola Martino, sono andate avanti dal 2006, anno in cui è morto l'ex boss Angelo Amoroso, ai giorni nostri; scarsa, invece, la collaborazione delle vittime, molte delle quali convocate in Questura hanno negato di aver pagato. "Colpisce &ndash scriva ancora il Gip &ndash la rassegnazione delle vittime, esposte da anni alle richieste del gruppo egemone nelle diverse epoche". Il pizzo veniva richiesto alle solite tre scadenze annuali (Natale-Pasqua-Ferragosto) e andava in media dai 1.000 ai 1.500 euro, anche se in un caso i titolari di una rivendita di materiali edili sono stati costretti a versare 300 euro al mese per un periodo lungo mentre altri operatori si sono visti obbligati a versare una una tantum di 4-5.000 euro.le entrate derivanti dalle attività estorsive.


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