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AZIENDE IN CRISI NEL NORD-EST: CAMORRA CAMPANA TENTAVA ACQUISIZIONE, 27 ARRESTI


VENEZIA - NAPOLI - CASERTA, 14 APRILE, 2011 (Casertasette) - Prestava denaro a tassi usurai del 180% annui a società venete, legate al mondo dell'edilizia e in crisi finanziaria, con il preciso scopo di impossessarsene l' organizzazione camorristica sgominata dalla Dia di Padova e dai carabinieri di Vicenza. "E' stato estirpato un cancro dalla società sana" ha sottolineato il procuratore capo di Venezia Luigi Delpino commentando i 29 provvedimenti restrittivi (27 gli arresti) tra Veneto, Lombardia, Sardegna, Campania e Puglia, con i quali è stata sradicata una banda legata ai casalesi che, attraverso l'usura, l'estorsione, l'esercizio abusivo dell' attività di intermediazione finanziaria, ha vessato centinaia di imprenditori nel nord Italia (prevalentemente nel nord-est), in alcune regioni del centro e del Mezzogiorno d'Italia. L'organizzazione faceva perno sull'Aspide, una società di Selvazzano Dentro (Padova) specializzata nel recupero crediti e finalizzata all'erogazione di prestiti al pubblico, utilizzata come schermo legale. Inoltre, l'organizzazione aveva messo le mani sulle imprese di tutte le province venete, esclusa Venezia, ed aveva messo una base importante in Lombardia e stava investendo in Slovenia e Romania. "La società - ha spiegato il procuratore aggiunto di Venezia Carlo Mastelloni - ha iniziato a rilevare le pendenze creditorie delle sue vittime, sia per riscuotere i debiti sia per individuare altri imprenditori in difficoltà finanziarie ai quali erogare prestiti ad usura". A capo di Aspide c'era Mario Crisci, 33 anni, di Napoli, detto 'il dottore' che, secondo gli inquirenti, "dirigeva con determinazione e spietatezza le azioni" avvalendosi di due luogotenenti, entrambi di Napoli, Massimo Covino (37) e Antonio Parisi (43), quest'ultimo con un passato da 416 bis e particolarmente vicino ai casalesi. Se i debiti con Aspide non venivano onorati partivano le spedizioni punitive nei confronti dei debitori insolventi, delle quali si occupavano due picchiatori di professione. Così l'organizzazione, armata - due le pistole sequestrate nel blitz, oltre a cocaina e 40 mila euro in contanti -, gerarchicamente strutturata con distinzione di ruoli operativi, erogava crediti a tassi altissimi alle vittime, sino a soffocarle, costringendole a cedere le proprie attività economiche (imprese, società e beni valutati nell'ordine di svariati milioni di euro) o, talvolta, a procacciare per la struttura criminale nuovi 'clienti' nel tentativo di arginare il proprio debito cresciuto vorticosamente in breve tempo. Gli imprenditori si rivolgevano ad Aspide per avere 10 mila euro, ha spiegato Mastelloni, "per crisi di liquidità e per la difficoltà di accesso al credito istituzionale". Se c'erano ritardi nel pagamento, scattavano brutali pestaggi. E' il caso di un imprenditore edile padovano, costretto a muoversi con una stampella, usata come arma per percuoterlo dai due picchiatori che l'hanno ammonito dicendogli: "la prossima volta questa non ti servirà a nulla". Tutto questo davanti ai suoi operai. Il figlio dell'uomo è stato poi sequestrato per indurlo a scendere ai patti stabiliti dal clan. Gli inquirenti, con i quali hanno lavorato anche il Ris dei Carabinieri di Parma e la DIA di Roma, hanno accertato estorsioni ad oltre 100 società e 61 episodi di usura aggravata, 17 di estorsione aggravata, cessioni di credito aziendale per 4 milioni di euro, il trasferimento di intere quote societarie dalle vittime ai loro aguzzini. Cento società, l'80% venete, sono passate in mano alla camorra: non è escluso che si siano aggiudicate appalti pubblici. L'organizzazione, ha ricordato Mastelloni, mirava a "denaro liquido, quote sociali e anche crediti delle vittime verso clienti; a volte i debitori degli usurati erano sottoposti ad estorsione o ricevevano la proposta di essere finanziari dall'Aspide, ovviamente a tassi usurai". Il denaro affluiva nelle 'casse' del gruppo tramite poste-pay in dotazione ai complici. Parte dei proventi, infine, era destinata a soddisfare le necessità economiche di detenuti affiliati alla camorra e dei loro familiari.

 
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