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CARCERI: IN ITALIA SI PENSA DI PIU' A QUELLE DELL'IRAQ


In Italia ci si indigna e ci si scandalizza (giustamente) per alcuni episodi riguardanti torture su prigionieri iracheni ma agli italiani non importa niente di ciò che da tempo accade ai detenuti reclusi nei penitenziari della penisola. Oltre alle lamentele e alle mortificazioni che hanno più volte inutilmente sollevato (senza successo) soprattutto i detenuti al carcere duro (41 bis), i medici dell'amministrazione penitienziaria in convegno oggi a Bologna (presenti alcuni rappresentanti della provincia di Caserta) tracciano un quadro drammatico dei penitenziari nostrani. All' "inferno" (parola loro) oltre la libertà, si rischia di perdere anche la salute. E' l'allarme lanciato dall'associazione dei medici dell'amministrazione penitenziaria (Amapi), riuniti in occasione del XXVII congresso nazionale a Bazzano, a pochi chilometri da Bologna. "Le istituzioni politiche hanno completamente dimenticato il carcere - ha attaccato Francesco Cerando, presidente dell'Amapi - e vogliamo denunciare la situazione prima che questa pattumiera esploda con conseguenze che non possiamo prevedere". "Il carcere si configura sempre più come una sorta di pattumiera sociale dove ci si getta di tutto pur di non vedere e non sentire". Continua a crescere il numero dei detenuti, ma calano (o restano invariati) i finanziamenti, è il primo capo d'accusa. "Nel 1998 - ha spiegato Cerando - gli stanziamenti per l'assistenza sanitaria nelle carceri erano di circa 230 miliardi di lire (circa 115 milioni di euro), e nel 2004 siamo arrivati a 81 milioni di euro. Un salto di circa 35 milioni di euro". Le carceri però continuano a essere "sovraffollate: 56.000 detenuti (2.000 donne), dei quali 21.000 extracomunitari". Con la condizione sanitaria da tempo in allarme rosso: "20.000 detenuti sono tossicodipendenti, 9.500 affetti da epatite virale cronica, 5.000 sieropositivi per Hiv e 7.500 affetti da turbe psichiche". Ma anche "all'inferno" - parola stampata nella tabella Amapi - c' è chi sta peggio degli altri: "Come in Sicilia - ha commentato Antonino Levita, responsabile dell'area sanitaria dell'ospedale psichiatrico giudiziario di Barcellona Pozzo di Gotto (Messina) - dove rischiamo l'obsolescenza farmacologica, rischiando di non poter più assistere i pazienti. Perché la regione non compartecipa, come previsto dalla normativa, alle spese per l'acquisto dei farmaci, come invece fanno altre amministrazione regionali". Inevitabili i tagli: "Del 30% sulle guardia mediche, del 20% quelle infermieristiche". Racconta una situazione critica pure Carmelo Crisicelli, direttore sanitario nel centro diagnostico terapeutico del carcere di Messina: "Abbiamo 32 posti letto medici, e 18 chirurgici: in servizio ci possiamo permettere solo due infermieri, quando dovrebbero essere almeno uno ogni otto pazienti. Infatti erano sei per turno: ora sono due". Per questo il 28 maggio l'Amapi - che conta circa 3.000 associati, fra medici e infermieri - ha organizzato una protesta davanti all'assessorato alla Sanità della regione Sicilia, a Palermo. Si sta meglio in Emilia-Romagna: "Grazie alla lungimiranza del governo regionale - ha detto Pasquale Paolillo, responsabile medico nel carcere di Bologna - del provveditore regionale e dell'amministrazione provinciale, sono in essere convenzioni che tendono a migliorare la sanità in carcere". Pure nell'istituto di pena bolognese si registra il sovraffollamento: "Ci sono 960 detenuti, contro una capienza di 450". "Non possiamo fare altro che denunciare e protestare perché il presidente del Consiglio e il ministro della Giustizia si rendano conto di questi bisogni: per far sì che la tutela della salute non sia solo una parola inutile, ma sia l'applicazione dell'articolo 32 della Costituzione". La soluzione per ridurre l'affollamento per l'Amapi sarebbe a portata di mano: "I soggetti gravemente malati non dovrebbero stare in carcere: ci sono persone affette da Hiv con valori di linfociti tali che la legge ne prevede la scarcerazione: invece sono dentro. Così come i tossicodipendenti non dovrebbero seguire un percorso carcerario". La fiducia però è pochina: "Forse - ha aggiunto Cerando - non siamo tanto bravi come altri da poter mettere a disposizione dei pacchetti di voti. Anche se il Governo di centrosinistra ci sembrava più sensibile, per noi vediamo sempre correre i soliti: Pannella e Rifondazione"

 
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