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CAMORRA E ARMA: LA LEGGE DETTA (ERRONEAMENTE) BAVAGLIO AVREBBE EVITATO LA BUFALA


NAPOLI, 2 AGOSTO 2010 - Il «caso-bufala» scoppiato alla fine dello scorso luglio sul dorso campano del Corriere della Sera, riguardante una presunta collusione di un alto ufficiale dei carabinieri con la camorra in Campania, non avrebbe avuto le ripercussioni che ha avuto ed infangato anche una famiglia di alti servitori dello Stato se fosse stata in vigore la legge che tutti chiamano erroneamente «bavaglio». Già, perché sul caso del colonnello Fabio Cagnazzo, non solo sono intervenuti a difesa tanti che conoscono il suo impegno contro il crimine organizzato, ma finanche il procuratore capo di Napoli, 26 pm della stessa procura e molti deputati alcuni dei quali componenti dell’Antimafia. Nessun riscontro sulle dichiarazioni, peraltro lacunose, di un nuovo pentito napoletano e nessun atto ufficiale preciso: solo che la notizia-non-vera è finita ugualmente sulla stampa non si capisce a quale fine. A chi giova tutto ciò? Giornalismo scoopaiolo, forse, ma nemmeno tale visto che è stata fatta una marcia indietro. Ovvio che questo è un caso lampante di come si è imbarbarita l’informazione oggi e che la legge che si ostinano a chiamare «legge bavaglio» è quanto mai necessaria.

IL CASO

Connivenze con la camorra: sarebbe questa l'ipotesi - secondo quanto riportato lo scorso luglio dal dorso campano del Corriere della Sera (Corriere del Mezzogiorno) - formulata dal capo della Squadra Mobile di Napoli, Vittorio Pisani, contenuta in una informativa depositata in Procura che coinvolgerebbe il tenente colonello dei carabinieri Fabio Cagnazzo. Cagnazzo, che dirige il nucleo investigativo di Castello di Cisterna (Napoli), si era detto «serenissimo», mentre il procuratore Giovandomenico Lepore aveva smentito in maniera netta che l'ufficiale era iscritto nel registro degli indagati: «E' una cosa assurda, di questa iscrizione non ne so assolutamente nulla». Sempre secondo quanto riferisce il dorso campano del Corriere della Sera, Cagnazzo, proprio in seguito a questa denuncia, sarebbe stato trasferito a Foggia, dove prenderà servizio da settembre. L' ufficiale ha al suo attivo arresti di boss, sequestri di droga della camorra per migliaia di euro, insomma un curriculum degno di nota. «Non sono neanche arrabbiato per queste accuse di connivenza con la camorra, tanto sono tranquillo – aveva detto il tenente colonnello dei carabinieri - la giustizia farà il suo corso, nel bene e nel male. Io, nella lotta contro la camorra, ho vinto. Il mio reparto ha vinto, la giustizia ha vinto. I risultati parlano e parleranno. In giro ci sono tanti millantatori». Il rapporto con Vittorio Pisani? «E' un amico che stimo, una stima che non metto in discussione», risponde il tenente colonnello. Di questa informativa, che si baserebbe su dichiarazioni di collaboratori di giustizia e di intercettazioni, Cagnazzo, aveva detto di averne appreso l'esistenza dal giornale. «Mi ha letto l'articolo il mio capo, il comandante del gruppo di Castello di Cisterna il colonnello Antonio Iannece - aveva aggiunto - ripeto, sono in vacanza con mia figlia e sto prendendo un caffé al bar. Insomma sono sereno e queste accuse non mi preoccupano affatto».

LA NOTA DELLA QUESTURA DI NAPOLI

La Questura di Napoli e il Comando provinciale dei Carabinieri di Napoli, all’indomani della notizia, avevano diffuso una nota congiunta sull'informativa depositata in Procura dal capo della Squadra Mobile di Napoli, Vittorio Pisani, sull'ipotesi di connivenze tra il tenente colonnello dei carabinieri, Fabio Cagnazzo, e la camorra. Una nota nella quale si sottolineava la «comune volontà di eliminare ogni ombra». «I rapporti tra la Questura e il Comando Provinciale dei Carabinieri di Napoli sono connotati da un clima di intensa e di proficua collaborazione», si leggeva nella nota congiunta. «L'assoluta ed armoniosa condivisione degli intenti e delle responsabilità, corrisponde - sul piano interpersonale - a rapporti di amichevole cordialità e forte e sentita stima a tutti i livelli - proseguiva - con grandi benefici nell'efficacia dello sforzo espresso nel contrasto alla criminalità e nella gestione delle mille problematiche di ordine e sicurezza pubblica del territorio». «Anche in questo caso - concludeva la nota - si riscontra quindi la ferma e comune volontà di eliminare ogni ombra e di pervenire alla piena comprensione dei fatti, fornendo tutta la collaborazione dovuta all'Autorità Giudiziaria alla quale sono rimesse le valutazioni di merito».

INIZIATIVA SENZA PRECEDENTI: 26 PM DELLA PROCURA SCRIVONO PER DIFENDERE CAGNAZZO

Ventisei dei 30 pm in servizio alla Dda di Napoli, inoltre, sempre all’indomani della notizia, avevano consegnato al procuratore, Giovandomenico Lepore, un documento che aveva come oggetto il trasferimento del tenente colonnello dei carabinieri Fabio Cagnazzo, attualmente a capo del nucleo investigativo di Castello di Cisterna ma destinato a comandare da settembre il reparto investigativo di Foggia. Il documento, lungo tre cartelle e datato 23 luglio, è prodigo di elogi nei confronti dell'ufficiale, autore di numerose importanti operazioni di polizia e della cattura di ben 180 latitanti. La decisione di trasferire Cagnazzo, formalmente motivata come un normale avvicendamento dopo otto anni di permanenza dell'ufficiale a Castello di Cisterna, è giunta dopo l'apertura di un fascicolo, chiamato in gergo «modello 44», sulle dichiarazioni di un nuovo collaboratore di giustizia che accusa un alto ufficiale in servizio a Castello di Cisterna di collusione con il clan degli scissionisti; le dichiarazioni del pentito - che al momento non hanno riscontro e appaiono anzi lacunose - erano state preannunciate alla Procura da un'informativa della polizia, firmata dal capo della squadra mobile, Vittorio Pisani. Primo firmatario del documento indirizzato al procuratore è Luigi Alberto Cannavale, uno dei titolari delle indagini sulle attività degli scissionisti. Tra i quattro pm della Dda che invece non hanno firmato c'é Stefania Castaldi, anche lei impegnata nelle indagini sugli scissionisti.

LO SFOGO DI LEPORE

«Sono seccato e amareggiato: notizie come quelle pubblicate dalla stampa sul colonnello Cagnazzo rischiano di appannare l'immagine di una Procura impegnata quotidianamente nella lotta alla criminalità, organizzata e non». Lo detto nei giorni successivi all’esplosione del caso Cagnazzo, il procuratore di Napoli, Giovandomenico Lepore, commentando la vicenda dell'ufficiale prossimo al trasferimento a Foggia che ha ricevuto un documento di solidarietà firmato da 26 pm antimafia su 30. Un recente pentito avrebbe infatti riferito che «un alto ufficiale del gruppo di Castello di Cisterna» si sarebbe prestato ad aiutare il clan degli scissionisti di Secondigliano; molti hanno creduto di individuare l'ufficiale in Cagnazzo , autore di moltissime importanti operazioni di polizia. «In Procura non ci sono spaccature - aveva aggiunto Lepore riferendosi al fatto che cinque pm non hanno firmato il documento - qualcuno è in ferie, qualcun'altra è in maternità». Riferendosi al verbale del pentito, inviato in Procura dal capo della squadra mobile, Vittorio Pisani, il procuratore aveva affermato: «Indagheremo, certo non lo terremo nel cassetto».

DOCUMENTO DEPUTATI PD, 2 MEMBRI ANTIMAFIA

«Esprimiamo sorpresa e dispiacere per il trasferimento a Foggia del tenente colonnello Fabio Cagnazzo, che a Napoli ha lavorato, nella lotta alla camorra, con risultati importanti». Lo avevano dichiarato – all’indomani del caso Cagnazzo, Luisa Bossa, Pina Picierno, Stefano Graziano e Salvatore Piccolo, deputati campani del Pd, a commento della notizia che il capo del nucleo investigativo dei Carabinieri da settembre lascerà Napoli per assumere il comando del reparto investigativo di Foggia. «Pare che il trasferimento a Foggia - dicono i quattro deputati, di cui due, Bossa e Piccolo, sono componenti della commissione antimafia - sia dovuto alla necessità di rilanciare nella città pugliese un impegno per la legalità, con un investigatore capace. Noi riteniamo che Cagnazzo avrebbe potuto continuare a fare bene a Napoli, dove non bisogna abbassare la guardia e sono quanto mai necessari uomini validi ed esperti. Va riconosciuto a Cagnazzo , come hanno fatto ventisei Pm in servizio alla Dda di Napoli, in una lettera inviata al procuratore capo Lepore, un elenco di risultati importanti: centottanta latitanti arrestati in dieci anni, lo smantellamento dei clan Mazzarella e Sarno». Sulla questione era intervenuta anche Teresa Armato senatrice del Pd: «E' difficile comprendere le ragioni del trasferimento a Foggia del tenente colonnello Fabio Cagnazzo che in questi anni nella città di Napoli ha svolto un eccellente lavoro combattendo con determinazione ed efficacia la camorra. Valorizzare, sostenere e tutelare il patrimonio di conoscenze ed esperienze nel contrasto al crimine organizzato devono essere gli obiettivi primari per conseguire risultati incisivi e costanti nel tempo», aveva diffuso in una nota. «Il trasferimento a Foggia di un valido investigatore - conclude la senatrice - non può che essere un impoverimento per Napoli e la sua sicurezza».

SOLIDARIETA’ DA DEPUTATI DEL PDL

«Foggia si avvantaggerà dell'attività di uno dei migliori servitori dello Stato. Il tenente colonnello dei carabinieri, Fabio Cagnazzo continuerà a stare dalla parte dei cittadini, difendendo strenuamente, come ha sempre fatto, i valori dell'onestà, della libertà e della giustizia». Così i parlamentari del Pdl Paolo Russo, Edmondo Cirielli, Giuseppe Scalera, Marcello Di Caterina, Maurizio Iapicca e Marcello Taglialatela a proposito del trasferimento del comandante del Nucleo investigativo del gruppo territoriale di Castello di Cisterna, chiamato a guidare il reparto operativo del comando provinciale di Foggia. «L'acerrima lotta dichiarata ai clan della camorra e condotta da un ufficiale che non solo ha arrestato 180 latitanti ma ha anche decapitato spietati cartelli criminali come quelli dei Russo, dei Mazzarella e dei Sarno, hanno reso Cagnazzo – avevano sottolineato i parlamentari - uno degli uomini più valorosi e decisi lungo il percorso della riaffermazione della legalità in Campania». "Per questo motivo – concludeva la nota - pur consapevoli che le emergenze criminali che soffocano anche altre regioni richiedono risposte energiche con la messa in campo delle risorse umane più capaci, efficaci, solerti ed esperte, ci dispiace per la Campania e la provincia di Napoli che perderanno un investigatore coraggioso, un profondo conoscitore del territorio che per anni ha portato avanti importanti inchieste concluse con brillanti operazioni e con un profitto di cui si è avvantaggiata l'intera comunità».

 
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