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CASO FIAT, MARCHIONNE SU SINDACATI: SCIOPERI PER VEDERE NAZIONALE


POMIGLIANO D'ARCO (Napoli) / TORINO, 18 GIUGNO 2010 - "Vogliamo ammazzare l'industria italiana? Ditemelo, lo facciamo. Sono disposto a fare quello che vogliono gli altri. L'Italia non avrà un futuro manifatturiero, l'industria non esisterà più". E' arrabbiato Sergio Marchionne per la piega presa dalla vicenda Pomigliano, "un accordo che doveva essere estremamente semplice" e usa toni polemici, duri. A Mirafiori gli operai scioperano contro l'accordo separato e la Fiom continua a definire il referendum "un ricatto". L'amministratore delegato della Fiat ce l'ha con i sindacati. "Smettiamola di prenderci per i fondelli. Lunedì a Termini Imerese si è scioperato solo perché giocava la Nazionale. E così si fa a Pomigliano e in tutti gli stabilimenti italiani", afferma. E, quanto alla Fiom, "parliamo di due mondi diversi, non è la Fiat che gestiamo noi, la Fiat che esiste. E' un discorso completamente sballato. E' una questione di atteggiamento". Marchionne dice anche che la Panda in Polonia "é stata prodotta bene, a un livello di qualità mai raggiunto in uno stabilimento italiano". E a Cofferati che lo paragona a Cesare Romiti, replica: "non lo conoscevo, può darsi che avesse ragione lui". Dal referendum del 22 giugno, Marchionne si aspetta un risultato positivo con "una percentuale tale da permettere di poter utilizzare lo stabilimento". "Martedì sarà un giorno importante", dice anche il presidente della Fiat, John Elkann, e in "un esito positivo" confida la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia che auspica "un ripensamento della Fiom". Sul referendum resta alta la tensione tra i sindacati. "Purtroppo - afferma il leader della Fiom, Maurizio Landini - non c'é alcuna trattativa. E' la Fiat che deve ripensarci e il referendum è del tutto illegittimo almeno per due motivi: il primo è che si mette in discussione una violazione della Costituzione, il secondo è che non è libero. Noi non diamo alcuna indicazione di voto e non vogliamo che gli operai di Pomigliano diventino degli eroi, perché sappiamo come è la situazione quando uno è sotto ricatto". "Dobbiamo anche in questo caso prendere atto - commenta il presidente di Federmeccanica, Pier Luigi Ceccardi - della scelta nichilista della Fiom, che in nome di 'sacri principi' peraltro non violati, cancella senza batter ciglio 15 mila posti di lavoro". Ce l'ha con la Fiom anche lo Slai Cobas che si asterrà dal voto: "E' come dire a un commerciante di pagare il pizzo, perché altrimenti la camorra lo uccide", dice Vittorio Granillo, del coordinamento nazionale. E attacca i metalmeccanici Cgil il sindaco di Pomigliano, Raffaele Russo che auspica una larga maggioranza favorevole. Sul fronte politico il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Paolo Bonaiuti, afferma che "bisogna arrivare assolutamente ad un accordo", mentre il segretario del Pd, Pierluigi Bersani, ribadisce il suo "sì con riserva" chiedendo, però, che questa vertenza non sia "ideologizzata o portata a modello da trasferire in tutto il Paese". L'accordo sottoscritto per lo stabilimento di Pomigliano d'Arco, ribadisce il ministro del lavoro, Maurizio Sacconi, "é uno straordinario punto di riferimento per le relazioni sindacali-industriali".

 
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