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LEGGE MARONI: I BENI RITENUTI ILLECITI SI SOTTRAGGONO ANCHE A EREDI


CASERTA, 8 APRILE 2010 - (Vito Faenza, dal Corriere del Mezzogiorno on line) - È la maggiore operazione antimafia mai effettuata in Italia. la soddisfazione del ministro Maroni è più che condivisibile. Con «Nemesi», l'operazione è stata chiamata così, sono stati sequestrati 700 milioni di euro, un patrimonio immenso sigillato grazie ad un provvedimento emesso dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere su richiesta della Dda di Napoli. «In un colpo solo - ha spiegato il ministro Maroni - sono stati sequestrati 700 milioni alla camorra, ma i carabinieri parlano di una cifra superiore ai 2 miliardi di euro. Oggi è quindi una giornata di festa per tutte le persone oneste». Questa operazione, ha proseguito il ministro, «è stata resa possibile dalle nuove norme introdotte dal pacchetto sicurezza che consentono di colpire i beni dei mafiosi anche se sono trasmessi agli eredi». Maroni ha quindi ringraziato «le forze dell’ordine perchè oggi è una giornata da incorniciare». Alla soddisfazione di Maroni si aggiunge quella del premier Berlusconi: «Voglio sottolineare con enfasi la notizia del maxi sequestro di beni a un clan della camorra, il più rilevante sequestro mai effettuato e questo risultato è stato possibile grazie alle leggi messe a punto e applicate con grande determinazione ed efficacia dal nostro Governo». Il premier ha aggiunto concludendo: «Mi sono congratulato stamani al telefono con il Ministro Maroni e con il Ministro della Giustizia Angelino Alfano (che ha fatto le sue congratulazioni ai magistrati della Dda di Napoli) e li ho pregati di ringraziare a mio nome e a nome del Governo le forze dell’ordine e i magistrati impegnati nella lotta al crimine organizzato». I beni sottoposti a sequestro appartengono agli eredi di Dante Passarelli, morto nel 2004 in seguito a un misterioso incidente, definito un suicidio, proprio pochi mesi prima della sentenza di primo grado del processo Spartacus in cui lo stesso Passarelli era imputato del delitto di associazione mafiosa insieme con vertici del clan dei Casalesi. Il patrimonio è costituito da società immobiliari ed agricole, centinaia di immobili e centinaia di terreni agricoli e beni strumentali. I beni furono messi sotto sequestro nel 1995, subito dopo il blitz contro la camorra dei casalesi che ha portato alla celebrazione del processo Spartacus. Con la morte di Dante Passarelli, avvenuta con una caduta da uno dei capannoni che gli erano stati sequestrati, il 7 novembre del 2004 i beni furono restituiti alla famiglia, tranne quelli riconducibili direttamente ai capi clan o affiliati della camorra dei mazzoni. Cosi nel 2005 vennero confiscate alcune proprietà. Oggi grazie alle risultanze del processo i beni sequestrati e restituiti sono stati di nuovo sequestrati Il sequestro dei beni Tra i beni dell'operazione «Nemesi» c'è anche l’azienda agricola Balzana, ex Cirio, di Caserta che, secondo quanto ricostruito dalla Dia di Napoli, fu acquistata nella metà degli anni ’90 dai massimi vertici dell’organizzazione dei Casalesi (Schiavone, De Falco e Bidognetti) attraverso Dante Passarelli, per un valore di oltre 10 miliardi di lire. In quell’occasione la forza del clan camorristico dei Casalesi fece sì che alcuni possibili acquirenti della tenuta agricola ex Cirio venissero dissuasi dal partecipare all'acquisto. È stato il responsabile della Dda napoletana Federico Cafiero de Raho a spiegare che l'operazione è stata resa possibile dalla legge del 2008 che prevede che possano essere sequestrati i beni anche agli eredi delle persone che sono state inquisite. Fino a questo provvedimento, infatti, se non c'era la condanna dell'imputato ( o cadeva per qualsiasi motivo il processo, in questo caso era stato chiuso per il decesso dell'imputato Dante Passarelli) i beni dovevano essere restituiti. I continui sequestri con cui lo Stato sta aggredendo il patrimonio del clan camorristico dei casalesi hanno messo in grande difficoltà l’organizzazione criminale, che non riesce più a pagare gli stipendi ai suoi dipendenti. Lo hanno spiegato il direttore della Dia, Antonio Girone, e il capo centro della Dia di Napoli, Maurizio Vallone, illustrando l’operazione che ha portato al sequestro di beni per 700 milioni di euro. «I casalesi hanno qualche problema con tutti questi sequestri - ha detto Girone - hanno difficoltà a pagare gli stipendi ai dipendenti del clan». L’aggressione al patrimonio, ha sottolineato inoltre il direttore della Dia, «indebolisce con l’organizzazione anche il carisma del clan ». I casalesi hanno difficoltà a pagare gli avvocati per le spese legali, a cui sono ovviamente tenuti per i processi in corso, e hanno difficoltà a pagare anche gli stessi affiliati per le spese di sostegno ai congiunti degli affiliati in carcere. E arrivano anche i complimenti di Napolitano: «La brillante operazione che ha condotto oggi al sequestro di beni di ingentissimo valore riferibili a clan camorristici rappresenta segno tangibile dell’impegno e della professionalità con la quale magistratura e forze di polizia stanno conducendo l’attività di contrasto alle organizzazioni mafiose utilizzando al meglio le opportunità offerte da recenti e incisive misure normative adottate con largo consenso per consentire l’aggressione dei patrimoni della criminalità organizzata ed impedirne il reimpiego». Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano aggiunge nella sua dichiarazione che «un plauso e un ringraziamento particolari vanno rivolti ai magistrati della Dda di Napoli e al personale della Dia che sta progressivamente assumendo un ruolo centrale nell’analisi e nell’investigazione delle attività di prevenzione e repressione della infiltrazione mafiosa nella economia legale, realizzando così compiutamente quel disegno riformatore che ne ispirò la istituzione alla fine del 1991. Sono persuaso che l’impegno di tutti - conclude il presidente della Repubblica - condurrà a ulteriori successi nella lotta alla criminalità più agguerrita rafforzando nei cittadini la fiducia nelle Istituzioni».

Affari e «operazione d'immagine» Così è nata la fortuna di Passarelli Dante, patriarca della famiglia, è morto in un incidente il 7 novembre del 2004. Un figlio è ancora in carcere

CASERTA - (di Vito Faenza da www.corrieredelmezzogiorno.it) - Era imputato nel processo Spartacus quando il 7 novembre del 2004 cadde da un capannone di sua proprietà. Dante Passarelli, 67 anni al momento della morte, aveva tutto il patrimonio sotto sequestro da nove anni, da quando nel 1995 era finito nel mirino dell'inchiesta Spartacus. L'autopsia stabilì che la morte era dovuta a una caduta e due anni dopo il gip di Santa Maria Capua Vetere Iacomino ha sentenziato che la morte era stata provocata dal fatto che Passarelli aveva messo un piede in fallo. Lo avevano sostenuto anche i suoi familiari l'8 novembre del 2004 quando minacciarono di citare i n giudizio, per omicidio colposo, per il custode giudiziario e i responsabili della sicurezza, cosa che però poi preferirono non fare. Di Dante Passarelli si è occupato anche Roberto Saviano in «Gomorra» e il film cronaca «o' sistema». Per queste citazioni uno dei sui figli, Davide, presentò nei confronti di Saviano, Matteo Scanni e Rubens H. Oliva (gli autori di «o' sistema») una querela ritenendo «gravi e infamanti nonché lesive dell'onore e del decoro della famiglia Passarelli» le affermazioni riportate nei due volumi. Dante Passarelli, sostengono i giudici che lo accusarono durante il processo Spartacus, «non era semplicemente uno dei moltissimi imprenditori che facevano affari con e per mezzo dei clan. Passarelli era l'Imprenditore in assoluto, il numero uno, il più vicino, il più fidato» (e questa affermazione viene riportata sia da Saviano che ne «o' sistema»), ma il 15 settembre 2005, la Corte d'Assise di Santa Maria Capua Vetere dichiara di non doversi procedere per morte dell'imputato e ha disposto il dissequestro dei beni che non erano direttamente ricollegabili ai capi dei clan dei casalesi o a loro affiliati. Ma la restituzione dei beni non ha portato fortuna: uno dei figli, Franco, è accusato assieme ad altri esponenti dei clan dei Mazzoni e di Marcianise di estorsione: il pizzo veniva chiesto addirittura ai supermercati ai quali veniva fornito lo zucchero. Passarelli aveva costruito la sua fortuna negli anni '80, quando con una serie di acquisizione venne definito il «re dello zucchero» con l'espansione a dismisura della sua azienda l'Ipam di Villa Literno. Poi acquisti immobiliari in serie e l'acquisizione della tenuta ex Cirio di Caserta ottenuta attraverso il «consiglio» ai concorrenti di evitare qualsiasi tentativo di acquisto. Ma Passarelli ci teneva molto alla sua «immagine» e cominciò anche a sovvenzionare squadre di pallavolo e di calcio. Come sempre una cosa sono i vizi privati, un'altra le pubbliche virtù. Quando è morto la moglie ha voluto «onorarne la memoria» e così ha regalato un fabbricato alla curia di Aversa e la donazione è stata accettata dal vescovo Milano senza battere ciglio (come racconta Isaia Sales nel suo volume «I preti e la mafia») nonostante i tanti dubbi su questa famiglia. I guai giudiziari per la famiglia Passarelli comprendono anche l'accusa di truffa con evasione di Iva nel luglio del 1999, un anno dopo che il sindaco di Castelvolturno aveva denunciato alla magistratura che una ditta legata alla famiglia Passarelli si era aggiudicata l'appalto per la refezione scolastica per 400 milioni. Poi viene sequestrata alla famiglia una vasta area di terreno, che confiscata, diventerà una discarica, vengono messi i sigilli all'ex tenuta Cirio. Franco e Davide vengono ammanettati per una estorsione (Davide è stato scarcerato per insufficienza di indizi, Franco è ancora in carcere). Ora il nuovo provvedimento di sequestro dei beni frutto di uno scrupoloso inventario che ha messo a nudo le proprietà della famiglia frutto, sostengono i magistrati della Dda, dei rapporti di collaborazione coi clan di Bidognetti Schiavone e gli altri casalesi.

 
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