SANTA MARIA CAPUA VETERE (Caserta).
Ha ricostruito la sera della strage degli immigrati di Castelvolturno davanti ai giudici della corte di Assise di Santa Maria Capua Vetere, presidente Elvira Capecelatro. Josef Aymbora, il ghanese sopravvissuto alla strage di Castelvolturno del 18 settembre 2008 (accusando erroneamente Alfonso Cesarano, poi scagionato da un pentito che si autoaccusò e accusò gli altri immigrati) compiuta dal gruppo di fuoco del clan dei Casalesi che faceva capo a Giuseppe Setola e composto dallo stesso Setola e da Alessandro Cirillo, Giovanni Letizia e Oreste Spagnuolo, questa mattina ha reso la sua testimonianza con un videocollegamento con l'aula e ha risposto alle domande del pubblico ministero, Cesare Sirignano, e degli avvocati difensori dei cinque imputati con l'aiuto di un'interprete di lingua inglese. Stando alla sua ricostruzione, in quaranta secondi di terrore, Setola e i suoi uccisero gli immigrati sparando nel mucchio e Josef si salvo' fingendosi morto. "Ho visto un'auto bianca avvicinarsi alla sartoria dove eravamo io e i miei amici - raccontato l'unico testimone oculare del fatto - poi da quella vettura sono scesi tre uominiche io ho indicato come somiglianti ad Alfonso Cesarano, Setola e Letizia nelle foto che mi ha sottoposto la polizia nell'ospedale dove ero stato ricoverato". Solo in seguito, dopo l'arresto di Cesarano, pregiudicato agli arresti domiciliari, il ghanese, vedendo i telegiornali, Josef disse che questi era molto somigliante in viso a colui che aveva sparato con una pistola, che il killer aveva una corporatura diversa e un diverso modo di camminare contribuendo, insieme allee prime dichiarazioni di Spagnuolo, ora collaboratore di giustizia, alla scarcerazioen di Cesarano. La sera della strage per l'accusa a esplodere 130 colpi di kalashnikov e pistole furono Cirillo, Setola, Spagnuolo con la complicita' di Letizia e Davide Granata. "Appena finito di sparare - racconta Josef - qualcuno dei gruppo dei killer disse: sono morti tutti, bastardi negri. Andiamo". L'uomo aggiunge che subito dopo aver sentito il rumore dell'auto che si allontanava aveva cercato di alzarsi, vedendo una donna piangere e gridare. "Solo dopo molto tempo, forse un'ora, e' arrivata la polizia e i carabinieri", spiega. Il ghanese, commerciante di auto che gestiva un'impresa di import export in Africa, venne trasportato in ospedale. In aula ha ribadito di aver visto, ma non guardato a lungo i tre killer. Ora Josef non ha piu' un lavoro: "Non riesco a stare alzato per oltre 20 minuti", riferisce alla corte. La sua vita si svolge in un luogo protetto in compagnia della moglie.
Molte le domande dei difensori nel controesame. Gli avvocati Michele Basile e Gerri Casella hanno insistito sulla precisazione fatta da Josef, che ha dichiarato di aver "visto" e non "guardato" coloro che hanno sparato. Il ghanese ha pero' spiegato: "Io ho visto le figure dei tre uomini, li ho visti fisicamente e nell'aspetto e ho indicato le somiglianze con le persone ritratte in foto a me sottoposte dalla polizia". I legali, pero', gli hanno contestato che il 21 settembre 2008, in ospedale, aveva dichiarato a verbale: "Sono certo di riconoscere nelle persone indicate coloro che hanno sparato la sera del 18 settembre". La prossima udienza in corte d'assise presso il tribunale di Santa Maria Capua Vetere, e' stata fissata a giovedi' prossimo.
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