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ESPLOSIONE IN PROVINCIA DI GROSSETO: FURONO RIFIUTI DI NAPOLI, ARRESTI


CASERTA, 9 FEBBRAIO 2010 - I rifiuti speciali e pericolosi prodotti dalla bonifica del sito contaminato di Bagnoli, nel Napoletano, sono stati smaltiti illecitamente in Toscana provocando anche un esplosione, il 26 giugno 2008, in un capannone di Scarlino (Grosseto) con la morte di un lavoratore e il ferimento grave di un altro. E' quanto emerge da un' operazione, coordinata dalla procura della Repubblica di Grosseto e condotta dal carabinieri del Noe che ha sgominato un'organizzazione costituita in Toscana con diramazioni in Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Trentino Alto Adige, Emilia Romagna, Marche, Campania, Lazio, Abruzzo e Sardegna. Il traffico di rifiuti accertato è stato stimato in circa un milione di tonnellate, con un lucro di svariati milioni di euro e un consistente danno all'erario per l'evasione dell' ecotassa, oltre a gravi danni provocati all'ambiente. Le persone denunciate sono 61. Per 15 sono scattati gli arresti, sei in carcere e nove ai domiciliari. Si tratta di legali rappresentanti, presidenti di Cda, direttori generali, responsabili tecnici, soci, responsabili di laboratorio, chimici e dipendenti delle società coinvolte. Le accuse, a vario titolo, vanno dall'associazione per delinquere all'omicidio colposo, a lesioni personali colpose, incendio, attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, gestione non autorizzata di rifiuti, falsità in registri e notificazioni fino alla falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico. Il gip ha emesso anche due misure interdittive dell'esercizio della professione di chimico e dell'esercizio di uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese e ha disposto il sequestro di locali adibiti a laboratorio di analisi e di alcuni automezzi utilizzati per il traffico illecito. L'esecuzione dei provvedimenti cautelari è stata portata a compimento dai carabinieri nelle province di Grosseto, Bergamo, Caserta, Livorno, Milano, Mantova, Padova, Pisa, Ravenna, Trento e Trieste con il supporto dei comandi provinciali dei carabinieri e dei Noe competenti per territorio. L'operazione è stata denominata 'Golden rubbish', spazzatura d'oro. La struttura organizzativa dell'associazione per delinquere scoperta dai carabinieri era imperniata sul ruolo di una società di intermediazione maremmana, proprietaria anche di un impianto di trattamento, la quale, avvalendosi di produttori, trasportatori, laboratori di analisi, impianti di trattamento, siti di ripristino ambientale e discariche, regolava e gestiva i flussi dei rifiuti; ciò avveniva attraverso una sistematica falsificazione di certificati di analisi, formulari di identificazione e registri di carico e scarico al fine dell' attribuzione di codici di rifiuto non corretti, così da poter essere dirottati soprattutto in siti di destinazione finale compiacenti ubicati in Toscana, Trentino Alto Adige ed Emilia Romagna.

 
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