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IMMIGRAZIONE: PER CARITAS, DOPO 16 MESI NESSUN CAMBIAMENTO A CASTELVOLTURNO


CASERTA, 8 GENNAIO 2010 - A Castelvolturno "non è cambiato niente". Sedici mesi dopo la rivolta degli immigrati nel comune casertano la realtà è praticamente immutata. Continua a esserci la 'separazione' tra bianchi e neri. E' un "apartheid volontario" come quello che c'è a Rosarno. Antonio Casale, direttore del centro di accoglienza per immigrati della Caritas 'Fernades' fotografa così la situazione in una realtà dove vive una delle comunita africane più numerose d'Europa (duemila secondo le stime ufficiali, cui si aggiungono altri 7 mila irregolari su una popolazione di 15 mila abitanti). Il 'modello Caserta' voluto dal ministro dell'Interno Roberto MAroni qui ha indubbiamente portato una presenza dello Stato con gli uomini in divisa e con i militari. "Ma nulla - spiega Casale - è stato fatto e nulla si è visto per migliorare le condizioni di vita degli immigrati che vivono qui. Non è stata spesa una lira. Solo convegni e dibattiti. Andiamo avanti con le poche risorse che abbiamo". Quanto è avvenuto a Castelvolturno nel settembre 2008 ricorda, per certi versi, quanto sta avvenendo in queste ore a Rosarno. A Castelvolturno scoppiò la rivolta di centinaia di africani dopo la strage di immigrati da parte di un commando della camorra. Una scia di sangue che feve scoppiare per la prima volta una rivolta contro la camorra. "Da allora - osserva Casale - è mancato un intervento sul piano sociale. Si vive nella separazione sociale".

 
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