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CRIMINE: 100 DELITTI IN CAMPANIA NEL 2009, 8 AUTORI SCOPERTI A CASERTA

IN PROVINCIA DI CASERTA SONO 14 GLI OMICIDI DI CUI 8 HANNO UN NOME GLI ASSASSINI E 6 ANCORA IGNOTI –

IN CAMPANIA 100 OMICIDI DI CUI 44 RISOLTI
56 ANCORA SENZA COLPEVOLI


Caserta, 5 gennaio 2010 – (di Ferdinando Terlizzi) – Sono 100 i delitti avvenuti in Campania nel 2009 ( nel 2008 erano 113 di cui 44 risolti e 69 ancora incerti ) di cui per ben 44 i tutori dell’ordine hanno assicurato alla giustizia gli autori, mentre per gli ulteriori 56 proseguono serratamene le indagini a tutto campo. Encomiabile è stato – quest’anno in particolare – il lavoro di Polizia e Carabinieri in Provincia di Caserta, che hanno inferto colpi decisivi alla criminalità organizzata. Mentre gli omicidi sono stati 14 di cui 8 sono stati arrestati i colpevoli e 6 ancora ignoti. Cominciamo proprio da questi, dai delitti ancora senza colpevoli.

Vincenzo Scarano a gennaio a Cesa


Il primo delitto dell’anno è avvenuto a Cesa. Un ragazzo di venticinque anni e' stato freddato dai sicari mentre si trovava a bordo della sua Fiat Punto in via Matteotti, nei pressi di un bar. La vittima e' Vincenzo Scarano, figlio di un uomo ucciso quattro anni fa in un agguato. Sul posto sono giunte le forze dell'ordine. Gli inquirenti ipotizzano che si tratti di un agguato di camorra. Il territorio casertano e' controllato dal clan dei Casalesi e da quello di Sant'Antimo.

Vincenzo De Crescenzo il 14 gennaio a Maddaloni

Il pregiudicato Vincenzo De Crescenzo, 28 anni, è stato ucciso l'altra notte in un agguato a Maddaloni, grosso Comune a pochi chilometri da Caserta. La vettura sulla quale De Crescenzo viaggiava insieme con la moglie e il figlioletto sarebbe stata affiancata da un'altra auto, dalla quale uno o due sicari hanno sparato numerosi colpi di pistola uccidendo l'uomo. Sono rimasti illesi la moglie e il figlio. Vincenzo De Crescenzo potrebbe aver pagato con la vita il tentativo di assumere, insieme col fratello Clemente, un ruolo di primo piano nelle estorsioni e nei traffici illeciti nella zona, controllati da esponenti legati al clan camorristico dei «Mazzacane» di Marcianise. Al momento, è l'ipotesi più accreditata sulla spietata esecuzione dell'altra notte, in una strada periferica di Maddaloni, quando da un'auto che ha affiancato l'Audi di De Crescenzo uno o due sicari hanno sparato oltre quindici colpi di pistola all'indirizzo del giovane, senza preoccuparsi della presenza a bordo della moglie e del figlioletto. I carabinieri di Maddaloni hanno anche ieri mattina effettuato perquisizioni in abitazioni di pregiudicati ritenuti fiancheggiatori del gruppo, che, d'intesa con il clan dei «Mazzacane» di Marcianise, controlla le attività estorsive ed i traffici illeciti nella zona. I militari della locale compagnia hanno anche interrogato familiari, amici dell'ucciso e anche pregiudicati della zona, ma nessun elemento utile per identificare mandanti ed esecutori materiali dell'agguato sarebbero stato fino ad ora raccolto. ( Pare che su questo delitto stia parlando un pentito)


Giosuè Di Vincenzo il 17 marzo a Succivo ( nel corso di una rapina )


Giosuè Di Vincenzo, il pregiudicato di 24 anni di Arzano rimasto ferito da un colpo di pistola alla fronte, è morto per gravi lesioni al cervello provocate dal proiettile. Lo ha accertato l'autopsia eseguita nel pomeriggio di ieri nell'Istituto di Medicina Legale dell'ospedale di Caserta. I familiari del giovane rapinatore hanno acconsentito all'espianto di alcuni organi. Di Vincenzo, lunedì sera, insieme con due complici fece irruzione nel supermercato “Dea della Mozzarella” di Succivo, impadronendosi, sotto la minaccia delle pistole dell'incasso della serata, del portafogli e delle chiave della vettura di un cliente. Il proprietario dell'esercizio, però, che si trovava nel reparto macelleria, si era armato di un coltello e aveva tentato di inseguire i malviventi, uno dei quali ha sparato tre colpi di una pistola calibro 22, ferendo per errore il complice. I carabinieri del Reparto Territoriale di Aversa stanno proseguendo le indagini per identificare i complici del giovane rapinatore ucciso.


Antonio Salzillo e Michele Prisco ancora a marzo in Cancello Arnone


Il sei marzo di quest’anno, in Cancello Arnone, venivano assassinati Antonio Salzillo e Michele Prisco nel corso evidentemente di un regolamento di camorra: sconfinamento o rientro in attività già appannaggio di boss. Antonio Salzillo era il fratello di Paride, nipote prediletto di Antonio Bardellino, ucciso dal suo ex vice Mario Iovine a Santo Domingo. Mario Iovine fu poi ucciso mentre stava telefonando in una cabina a Cascais, in Portogallo dove conduceva la sua vita da latitante. Tornando ad Antonio Salzillo, il nipote del boss, quando ci fu la caccia ai bardelliniani, verso la fine degli anni '80 si rifugio' nel basso Lazio. Da poco era rientrato nel casertano, dopo un lungo soggiorno a Milano. A Cancello Arnone aveva aperto un bar e una concessionaria d'auto. Michele Prisco, di 45 anni, era assieme ad Antonio Salzillo, uccisi a colpi di pistola in un agguato avvenuto a Cancello Arnone mentre erano in un'auto che si è ribaltata finendo in una scarpata, erano imparentati con due boss che negli anni '70 e '80 la facevano da padrone: l'ex capo dell'Nco Raffaele Cutolo e, come detto, l'ex capo dei Casalesi Antonio Bardellino. Prisco, infatti, era il nipote di don Raffaele, condannato a sei ergastoli e rinchiuso in carcere da oltre un quarto di secolo. I carabinieri del Nucleo operativo e del Reparto operativo del Comando provinciale di Caserta stanno cercando di chiarire se Salzillo, ritenuto l'obiettivo primario dei sicari, e Prisco, siano stati eliminati per conto della camorra (e le modalita' lasciano pensare che di cio' si tratti) oppure per altre ragioni che con i clan nulla hanno a che vedere.

Jeton Osmani ad Aprile a Cancello e Arnone



Galleggiava nel fiume Volturno, a poca distanza da una sponda in una zona di campagna di Cancello Arnone, il cadavere dell’uomo trovato dai carabinieri di Mondragone. Il corpo era ancorato con un filo di ferro all'auto, una Golf, a bordo della quale potrebbe essere stato portato il cadavere dell’uomo, prima di essere gettato nel fiume, trovata completamente bruciata sulla riva del fiume. L’auto è andata completamente distrutta e fino a notte inoltrata non era stato possibile risalire al proprietario. I carabinieri continuano a cercare elementi per risalire all’identità dell’uomo e chiarire le circostanze e le cause della sua morte. Si cerca tra le persone delle quali è stata denunciata la scomparsa negli ultimi. Il
23-06-2009 il colpo di scena. I carabinieri della compagnia di Mondragone, agli ordini del capitano Barone, hanno arrestato intorno alla mezzanotte di lunedì i due presunti responsabili dell’omicidio di un cittadino albanese il cui cadavere era stato ritrovato a Castel Volturno lo scorso 13 aprile, giorno di Pasquetta, occultato all’interno del fiume Volturno, incaprettato con corde e blocchetti di ferro. La vittima si chiamava Jeton Osmani, 29 anni. Le indagini condotte dai carabinieri e coordinate dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere hanno permesso, con non poche difficoltà, di ricondurre l’omicidio sulla pista passionale. Il delitto è scaturito dalla premeditazione e cooperazione di due amanti, un italiano ed una meretrice ucraina, con il desiderio di eliminare l’ex compagno-protettore della donna al fine di non vedere più ostacolata la propria relazione sentimentale. I due amanti C.G., italiano, 42 anni, e M.S., ucraina, 39, sono adesso rinchiusi nelle case circondariali di Santa Maria Capua Vetere e di Pozzuoli.

Malay Xhevair a Capua in agosto


Un immigrato albanese di 27 anni, Malay Xhevair, è morto dopo essere stato accoltellato durante una lite, probabilmente per motivi legati allo spaccio di droga. Nella mattinata di mercoledì, il giovane, già noto alle forze dell’ordine e con numerosi precedenti penali per reati contro il patrimonio e spaccio di sostanze stupefacenti, è stato trovato agonizzante da una pattuglia di carabinieri, sul ciglio della strada statale 7 bis, tra Capua e San Tammaro. Aveva una profonda ferita d’arma da taglio al fianco sinistro. Trasportato all’ospedale di Caserta, è spirato poco dopo il ricovero.
Il 21- 08- 2009 nel tardo pomeriggio è stato fermato Antimo D'Agostino, trentenne di Sant'Angelo in Formis, frazione di Capua, ferito e piantonato all'ospedale di Santa Maria Capua Vetere.


Un africano a Castelvolturno a settembre

Ad un anno di distanza dalla strage dei sei immigrati africani per mano del gruppo di fuoco dei Casalesi guidato da Giuseppe Setola, il cadavere di un ragazzo africano è stato ritrovato a Castel Volturno. Con la testa fracassata, il corpo dell’uomo si trovava nei pressi del cimitero del comune casertano, in un terreno al quale si accede attraverso un sentiero sterrato nei pressi della strada provinciale. Trovato in avanzato stato di decomposizione, l’uomo, di età apparente tra i 30 e i 40 anni, non è stato ancora identificato e ha il volto quasi irriconoscibile. Sulla vicenda stanno indagando i carabinieri di Mondragone. In base ai rilievi effettuati sulla salma dal medico legale, la sua morte risalirebbe a una settimana dal ritrovamento. La segnalazione della presenza del cadavere è stata fatta dal proprietario del terreno ai carabinieri di Mondragone. Due le ipotesi sulla causa della morte dell’uomo al vaglio dei carabinieri: L’immigrato sarebbe stato investito da un pirata della strada sulla vicina strada provinciale Castelvolturno-Capua ed il cadavere sarebbe stato trascinato fino al luogo del ritrovamento, oppure sarebbe stato ucciso per cause da chiarire con colpi alla testa inferti con un corpo contundente.

Giuliano Soverato il 25 settembre a Gricignano d’Aversa


Il cadavere di un uomo è stato trovato a bordo di un’auto, in una campagna alla periferia di Gricignano d’Aversa . L’uomo è stato raggiunto ed ucciso da diversi colpi d’arma da fuoco. Sul posto sono giunti carabinieri e polizia. Secondo i primi accertamenti la vittima sarebbe un uomo di circa 30 anni, residente in un vicino comune della provincia di Napoli. È un affiliato al clan camorristico Egizio-Gallucci, Giuliano Sovereto, l’uomo di 30 anni, di Casalnuovo ucciso a Gricignano d’Aversa. Il cadavere è stato trovato da agenti del commissariato di Aversa e della sezione staccata della Squadra Mobile di Casal di Principe, avvertiti da una telefonata anonima, a terra, davanti ad una Opel Astra di sua proprietà, in una strada sterrata a poca distanza dalla locale stazione ferroviaria. Secondo un primo esame esterno del cadavere, Sovereto sarebbe stato ucciso con tre colpi di pistola al torace, esplosi da distanza ravvicinata. Dopo i rilievi effettuati dalla polizia scientifica e l’arrivo del pm di turno, il cadavere di Sovereto è stato trasferito presso l’obitorio dell’ospedale civile di Caserta.


Gli omicidi risolti


Francesco Buonanno a maggio a Grazzanise
Gli sparano in testa e poi la spaccano con un accetta


È il corpo di Francesco Buonanno, 40 anni, uno dei tre uomini di cui era stata denunciata la scomparsa venerdì sera, nel Casertano, ritenuti legati al clan dei Casalesi. Secondo quanto si apprende l’uomo è stato ucciso con colpi di arma da fuoco e la testa gli è stata spaccata con un'ascia. L'uomo è stato letteralmente giustiziato. I suoi assassini lo hanno fatto inginocchiare gli hanno sparato alla testa e poi hanno usata un'ascia. Un orribile rituale quello di far inginocchiare la vittima faccia al muro e poi colpirlo con la pistola (due colpi, uno alla testa uno all'addome). Venerdì sera era stata denunciata la scomparsa di tre pregiudicati (di cui due ritenuti vicini al clan dei Casalesi) residenti tra Grazzanise e Santa Maria La Fossa. I tre Giovanni Papa, Modestino Minutolo e Francesco Buonanno, erano sicuramente insieme come ha affermato la moglie di Papa. L'unica traccia in mano agli inquirenti a quel punto è stato il cellulare di Papa che è rimasto attivo fino alle 12,30 di venerdì e poi è stato spento. Poche ore e l'auto il ritrovamento dell'auto di Papa e Minutolo completamente bruciata. Scatta l'ipotesi di un caso di «Lupara bianca», ma nella mattinata di domenica sfuma l'ipotesi visto che viene trovato il corpo di Francesco Buonanno brutalmente assassinato. L'uomo è stato ucciso dodici ore dopo la denuncia della scomparsa quindi nella serata di venerdì o al massimo alle prime luci dell'alba di sabato. E allora che fine hanno fatto gli altri due scomparsi. Probabilmente i loro corpi si trovano in qualche luogo di campagna isolato. Questa l'ipotesi dei carabinieri che stanno conducendo le indagini.
Bonanno e Papa hanno precedenti per estorsione e furono arrestati dai carabinieri a Grazzanise quattro anni fa mentre tentavano di imporre il pizzo ad un imprenditore del posto.

Pochi giorni dopo trovati i corpi di Modestino Minatolo
e Giovanni Battista Papa sulla Nola-Villa Literno


Come ipotizzato, anche Giovanni Battista Papa, 45 anni, e Modestino Minutolo, 25 anni, hanno avuto la stessa sorte di Francesco Buonanno I due sono stati ritrovati cadaveri in un terreno adiacente alla scarpata della superstrada Nola-Villa Literno, duecento metri prima dell’uscita di Casal di Principe, in direzione Villa Literno, sul territorio al confine con Casale e Frignano. Sul posto sono giunti, dopo una segnalazione, i carabinieri del comando provinciale, la squadra mobile e i vigili del fuoco. I corpi erano sepolti ad una profondità di circa tre metri, con addosso solo degli slip, avvolti in un coperta e in teli di plastica, presentando, ad un primo esame esterno, ferite d'arma da fuoco al torace e al capo. Papa e Minutolo, assieme a Buonanno, tutti residenti a Grazzanise e ritenuti legati alla fazione del clan dei Casalesi capeggiata da Francesco Schiavone "Sandokan", erano scomparsi venerdì 8 maggio. Dopo la denuncia dei familiari, i carabinieri avevano rinvenuto a Villa di Briano l’auto su cui viaggiavano, una Fiat Grande Punto, completamente bruciata. Due giorni dopo, nelle campagne tra Casaluce e Frignano, in località “Popone”, era stato ritrovato il corpo di Buonanno, 40 anni, originario di Santa Maria la Fossa ma residente a Grazzanise. Il suo cadavere presentava colpi d’arma da fuoco al torace e alla nuca, inoltre aveva una ferita all’occhio sinistro inferta con un’accetta o un arnese simile, a interpretare come segno di “sfregio” da parte dei sicari. A 500 metri di distanza dal corpo c’era la sua auto, una Renault Clio. Secondo i primi rilievi effettuati dal medico legale, il corpo si trovava in quella zona da più di dodici ore. Sono state fermate tre persone per il triplice omidicio: Roberto Vargas, 41 anni di Casal di Principe, fratello del latitante Pasquale Vargas, Francesco Della Corte, 40 anni di Villa di Briano, e Raffaele Piccolo, 34 anni di Trentola Ducenta.

Hoxhr Shepa a S. Cirpriamo nel mese di febbraio


Due boati nel cuore della notte, in via Napoli, a San Cipriano d'Aversa. A terra, davanti al cancello d'ingresso della villa, ferito a morte da due proiettili, è restato un albanese, Hoxha Shepa, 27 anni. Con un complice, poi riuscito a fuggire, Shepa, ladro professionista, con diversi arresti alle spalle, si era messo in testa di svaligiare alle 4, la villa di Licenza, mentre in casa c'era tutta la famiglia che dormiva. Un rumore di troppo li ha traditi. I carabinieri hanno ricostruito la scena del delitto ma, sono ancora al lavoro per fare chiarezza su alcuni punti. Uno dei due malviventi, ha scavalcato il cancello di ingresso, poi ha aperto al complice. I due albanesi, dunque, erano già entrati nel giardino della villa e si stavano apprestando ad entrare nell’abitazione, quando, Licenza, si è accorto della presenza dei due ladri. L'imprenditore si è affacciato al balcone e avrebbe urlato (in base a quanto riferito agli investigatori) ai due ladri di andare via. Poi, gli spari, quando (almeno a giudicare dalla posizione del cadavere), Shepa era già in fuga. Un proiettile in una spalla, l'altro al collo. Indosso all'albanese, i carabinieri non hanno trovato armi. Il bandito era anche senza documenti o alcunché che potesse far risalire alla sua identità. Qualche ora più tardi, grazie alle impronte digitali, i militari sono riusciti a identificarlo. Solo furti nel suo passato: case, ville svaligiate, non solo nel Casertano ma, anche nel Salernitano e nel Frusinate. Di lui non si sa altro: dove viveva, se aveva una famiglia. Sparito, almeno per ora, come nel nulla, il suo complice. I carabinieri gli stanno dando la caccia ma la sua cattura non pare facile. La villa di Licenza è dotata di telecamere che, però, non registrano e di un impianto di allarme che due notti fa non era attivo. Il giorno 11-02-2009 la svolta. Il terrore di ritrovarsi in casa due malviventi, che potessero mettere a rischio la vita della moglie e dei due bambini, lo ha fatto scattare senza esitazione, verso il cassetto dove conservava la pistola (regolarmente detenuta), una calibro 9 per 21. Nicola Licenza, 30 anni, imprenditore edile, non ha perso tempo: l’ha impugnata, si è precipitato al balcone e ha sparato.

Bartolomeo Casparrino ad agosto a Variano Patenora


Bartolomeo Casparrino, 50enne collaboratore scolastico di Vairano Patenora, piccolo centro del casertano, è morto la scorsa notte durante una rapina subita nella sua abitazione, dove viveva con l'anziana madre. Secondo le prime ricostruzioni operate dai carabinieri, intervenuti sul posto, tre uomini si sono intrufolati all'interno della palazzina al civico 69 di vico Santa Maria a Fratte, intorno alle 2.30, accedendo da una botola sul tetto, facilmente raggiungibile tramite il vicoletto sul retro. Hanno sorpreso nel sonno madre e figlio, li hanno immobilizzati, legandoli con fascette di plastica, e malmenati, per poi fuggire con il bottino. I malviventi avrebbero prima picchiato l'uomo con calci e pugni per farsi dire dove si trovava il denaro, fino a che la madre Lucia, 70 anni, per evitare il peggio, ha consegnato i contanti, circa 5mila euro. Quando i rapinatori si sono allontanati l'anziana ha allertato i carabinieri. Ma al loro arrivo il povero Casparrino giaceva a terra senza vita, mentre la madre, sotto choc, raccontava che i tre parlavano italiano. Sulla scena del delitto la vittima era completamente nuda, con mani e piedi legati, presentando ecchimosi e perdite di sangue. Ferite provocate dalle percosse subite, anche se il decesso, ad un primo esame, sarebbe avvenuto per soffocamento. I rapinatori, probabilmente per mettere a tacere l'uomo che gridava, gli hanno stretto un cuscino sul volto, lasciandolo senza respiro. Del caso si occupano i carabinieri della compagnia di Capua e del comando provinciale di Caserta, intervenuti sul posto coordinati dal tenente Bianchi. La pista più accreditata è quella della rapina finita male, anche se le indagini procedono a 360 gradi. Figlio unico, viveva da tempo con la madre Lucia, separatasi da circa due anni con il marito Federico, 71 anni, che vive in una zona alla periferia del paese. Mai sposatosi, dal 1982 lavorava come bidello nel circolo didattico di Vairano Patenora. La sua era una vita umile. Nella piccola abitazione in cui è avvenuto il delitto, presa in affitto, vi era lo stretto necessario, nemmeno la televisione. Non aveva un'automobile, usciva in bicicletta. Niente svaghi o vizi particolari. I colleghi e la gente di Vairano lo ricordano come un uomo disponibile e riservato, tutti escludono che possa essersi trattato di una vendetta personale. E' ipotizzabile, però, che qualcuno, sapendo che Casparrino viveva all'insegna dell'estremo risparmio e credendo che avesse conservati molti soldi, abbia voluto tentare il "colpaccio", ma alla fine, oltre alla cifra comunque esigua rispetto a quella che probabilmente immaginavano i rapinatori, non è stato trovato nulla di grande valore.

Il 17 novembre presi gli assassini

I carabinieri del comando provinciale di Caserta, agli ordini del colonnello Crescenzio Nardone, del nucleo investigativo diretto dal capitano Alfonso Pannone, della compagnia di Capua guidata dal capitano Franco Conte e della stazione di Teano, diretti dal tenente Bianchi, coordinati dal procuratore aggiunto di Santa Maria Capua Vetere Luigi Gay e dai sostituti procuratori Manuela Persico e Silvio Marco Guarriello, hanno tratto in arresto 8 cittadini rumeni ritenuti responsabili del delitto. Sono stati rintracciati nelle province di Caserta, Milano, Cuneo e Catanzaro, al termine di una complessa attività investigativa culminata con l’emissione di decreti di fermo della Procura di Santa Maria Capua Vetere per scongiurare il pericolo di fuga all’estero. Quattro si nascondevano nell'alto casertano: i fratelli Costantin e Alexandru Ciurea, 23 e 21 anni, Ionel Sandu, 24 anni, e Nicoleta Stefan, 42 anni. Gli altri sono Razvan Uretu (alias "Catalin Pacialoi"), 29 anni, Alexandru Onofreiciuc (detto "Alex" o "Cieco"), 23 anni, Marius Arseni, 35, residente a Somma del Bosco (Cuneo), e Daniel Anastasie Mutu, 36 anni, residente a Limbiate (Milano).
Durante l'attività investigativa è emersa la figura centrale di Nicoleta Stefan. Lei era un'amica della vittima, si frequentavano, anche se non avevano una relazione. Incontri che, però, sarebbero bastati alla donna per farle capire che l'uomo conducesse una vita all'insegna del risparmio e che quindi, in 27 anni di lavoro, avesse messo da parte gran parte dei suoi guadagni. Una somma che pari a 50mila euro, di cui effettivamente Casparrino era in possesso. I soldi, infatti, tutti in contanti, erano nascosti nella sua abitazione all'interno di cassapanche. Da qui la decisione di coinvolgere altri suoi connazionali che vivevano al nord. Secondo le ricostruzioni operate dai militari dell'Arma la mattina successiva all'omicidio, alcuni uomini si intrufolarono nella notte, intorno alle 2.30, all'interno della palazzina al civico 69 di vico Santa Maria a Fratta, dove Casparrino, 50 anni, viveva con la madre, intorno alle 2.30. Sarebbero entrati da una botola sul tetto, facilmente raggiungibile tramite il vicoletto sul retro. Sorpresero nel sonno la signora Lucia, di 70 anni, e il figlio, immobilizzandoli, legandoli con fascette di plastica, e malmenandoli.
Casparrino fu picchiato a calci e pugni per farsi dire dove si trovava il denaro. Le sue urla potevano essere avvertite dai vicini nel silenzio della notte e allora i malviventi gli strinsero un cuscino sulla faccia per farlo tacere, soffocandolo. La madre, per salvare il figlio, consegnò i contanti che erano in casa. Quando i rapinatori si allontanarono l'anziana allertò i carabinieri. Ma al loro arrivo Casparrino giaceva a terra senza vita.

A Novembre ucciso Raffaele Di Caterino: davanti al carcere di S. Maria C.V. per lo sguardo ad una donna
Gli assassini sono stranieri sfamati da noi

La Squadra Mobile di Caserta, a conclusione di indagini coordinate dalla Procura della Repubblica di S.Maria Capua Vetere ha eseguito tre fermi del pm nei confronti di altrettanti nomadi di origini slava, ritenuti gli autori del violento pestaggio ai danni di Raffaele Di Caterino, di 23 anni, di Casal di Principe, aggredito e colpito più volte al capo con una mazza di ferro ed una piccozza il 13 novembre scorso, nel parcheggio antistante il carcere di S.Maria Capua Vetere. Fu così punito per avere fatto apprezzamenti su di una giovane congiunta dei tre. La donna stava uscendo dal carcere dove era andata in visita al padre detenuto. Di Caterino riportò gravi lesioni al capo ed al torace e morì dieci giorni dopo, senza riprendere conoscenza, nella sala di rianimazione dell’ospedale di Caserta. I tre arrestati sono accusati di concorso in omicidio premeditato ed aggravato. Il giovane ucciso si trovava insieme con i due cugini di 16 e 18, ed altri due amici, in attesa della scarcerazione dello zio, Vincenzo Martino, titolare della ditta di pompe funebri, «Concordia». Quest’ultimo era stato arrestato nell’ambito dell’operazione ’Requiem’, che ha coinvolto altri titolari di imprese di pompe funebri e due centralinisti dell’ospedale «Melorio» di S.Maria Capua Vetere, perchè ritenuti responsabili a vario titolo di corruzione nell’assegnazione di defunti a imprese funebri, illecita concorrenza mediante violenza o minaccia e tentata estorsione. L’operazione è stata condotta dalla Squadra Mobile di Caserta, diretta dal vice questore Rodolfo Ruperti e coordinata dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere, guidata da Corrado Lembo. I fermati sono Bobo e Bruno Seydovic, di 22 e 20 anni, entrambi nati ad Aversa ma residenti nel campo nomadi di Giugliano, Claudio Adzovic ,di 20 anni, nato a Mugnano di Napoli, ma residente a Castel Volturno. L’arresto dei tre è avvenuto nella serata di ieri, in concomitanza con una fiaccolata organizzata a Casal di Principe da familiari ed amici di Di Caterino, morto nella sala di rianimazione dell’ospedale di Caserta dopo una agonia durata 10 giorni. Le indagini che il capo della Squadra Mobile, Rodolfo Ruperti, ha affidato al proprio vice, il vice questore Mario Vola, dopo l’identificazione della donna verso la quale l’ucciso ed altri amici avevano rivolto alcuni apprezzamenti si sono estese ai congiunti ed alle frequentazioni della donna anche attraverso intercettazioni telefoniche ed ambientali.

 
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